Spettacolarizzazione. Oggettivazione del corpo. Stereotipizzazione. Parole che pesano come macigni sulla società attuale, una società misogina dalla deriva fortemente sessista.
Il fenomeno della vetrinizzazione è ormai sotto gli occhi di tutti: l’immagine e l’uso social(e) del corpo sono ormai influenzati dai nuovi modelli culturali e dalla logica comunicativa tipica della vetrina. Il corpo viene spettacolarizzato e, in quanto “prodotto sociale”, diventa esso stesso strumento di comunicazione di un sé mitizzato.
Il fenomeno della vetrinizzazione è ormai sotto gli occhi di tutti: l’immagine e l’uso social(e) del corpo sono ormai influenzati dai nuovi modelli culturali e dalla logica comunicativa tipica della vetrina. Il corpo viene spettacolarizzato e, in quanto “prodotto sociale”, diventa esso stesso strumento di comunicazione di un sé mitizzato.
Si punta a costruire un corpo che sintetizzi tutti gli ideali di bellezza comunemente condivisi. I difetti vanno nascosti con vergogna: ciò che conta è apparire, incarnare il mito della perfezione. Il corpo si integra con la cultura del consumismo: è solo tramite esso e la sua venerazione che l’individuo sente di poter definire la propria identità social(e). Non c’è spazio per l’autodeterminazione.
Il sistema mediale alimenta questo meccanismo, estremizzandolo. Tutti i media, da quelli tradizionali a quelli digitali, proiettano un’immagine sessuale del soggetto e una visione stereotipata dei ruoli di genere. Rappresentazioni che, nell’immaginario collettivo, favoriscono il processo di oggettivazione e auto-oggettivazione del corpo. L’informazione veicola messaggi che, negli uomini, enfatizzano la virilità, la forza fisica e la dominanza sessuale, mentre nelle donne esaltano bellezza, sensualità e passività.
Un fenomeno che, inevitabilmente, ha dei riflessi sulla violenza di genere, spesso giustificata. L’ultima ricerca Istat rivela quanto sia diffusa, nel comune sentire, l’idea che la violenza sulle donne sia talora provocata dalle stesse: per un italiano su quattro la violenza sessuale è addebitabile al modo di vestire della donna; per il 10,3% della popolazione spesso le accuse di violenza sessuale sono false; per il 7,2% spesso le donne che si rifiutano, in realtà intendono acconsentire; per il 6,2% le donne serie non vengono violentate; l’1,9% ritiene che non si tratti di violenza se un uomo obbliga la propria moglie/compagna ad avere un rapporto sessuale.
Un punto di non ritorno? Quali soluzioni sono prospettabili dalla comunità accademica e dalla politica per una problematica sociale così complessa e radicata? Se ne discuterà al webinar organizzato dalla sezione messinese del partito progressista paneuropeo Volt intitolato “Il corpo in vetrina: tra miti e stereotipi di genere”, durante il quale interverranno: il prof. Stefano Agosta, costituzionalista; il prof. Francesco Pira, sociologo e docente di Comunicazione e la prof.ssa Katia Trifirò, giornalista e docente di Discipline dello Spettacolo. L’evento, coordinato da Veronica Pagano, responsabile del progetto, sarà trasmesso alle ore 20.45 di domenica 8 novembre sulla pagina facebook di Volt Messina.