Emergenza abitativa. Un’annosa questione che interessa tutti i comuni d’Italia, ma in questo caso, soprattutto Saponara e i paesi limitrofi colpiti dall’alluvione. Dei palazzi hanno colpito la nostra attenzione.
Sorgono in via Kennedy, all’inizio del centro abitato. Attendono dei servizi di manutenzione per essere restituiti alla collettività o almeno questo è quanto si aspettavano gli abitanti. Ma per capire meglio la situazione abbiamo intervistato l’ex commissario della IACP, Giuseppe Laface. A quanto ci riferisce le delibere per intervenire su questi alloggi sono state firmate e approvate. Le carte sono a disposizione di tutti i cittadini, che possono, come noi, andarle a controllare. L’avvacato Laface, ha sottolineato appunto, che. i progetti per il recupero degli alloggi sono stati approvati (quello dei 10 alloggi di S. Pietro in data 19.11.2011 con delibera n. 48, per un importo di € 666.092 e quello dei 40 alloggi di Saponara in data 20.10.2011 con delibera n. 54 per un importo di € 3.970.923.) Entrambe con fondi disponibili nelle casse dell’ente ed immediatamente spendibili. Quello che è più interessante è il dopo.
Il 22 novembre, queste zone vengono colpite da un violento nubifragio. Tutti hanno pensato che queste abitazioni sarebbero potute servire per dare un tetto agli sfollati. Lo stesso pensiero è balenato all’ex commissario dell’istituto autonomo case popolari che all’indomani del disastro ha consegnato tutte le carte all’ex presidente della Regione Raffaele Lombardo e al responsabile della protezione civile. La risposta non tarda ad arrivare e giunge con l’ordinanza Ocdpc n. 11 del 25 giugno 2012: che sottintendeva la possibilità di utilizzare gli alloggi. In quest’anno non si è saputo più nulla, nonostante le case rappresentino una presenza ingombrante all’interno del territorio. Tutti però vogliono sfatare gli arcani imperi, anche noi, così chiediamo ulteriori spiegazioni all’avvocato Laface: ”Noi ci siamo presentati dando la disponibilità di queste case. Abbiamo detto che c’erano i fondi per sistemarle”. Evidentemente la valutazione non compete più né al sindaco né allo IACP ma a chi ha l’autorità di poter decidere. Io mi chiedo: cosa ha impedito di poter intervenire? Oppure evidentemente hanno ritenuto che non era opportuno farlo.
Queste case le avrebbero potute usare gli sfollati per un anno o per due anni e poi dagli aventi diritto che dipendono da una graduatoria che è immobile da vent’anni. Questa era una graduatoria che è nata con la legge regionale 1586 che ha finanziato questi alloggi per destinarli a persone titolari di reddito fisso, quindi non era proprio la casa popolare. Potevano servire a dare un tetto a persone di Messina, Villafranca, Saponara. Oltre questi cinquanta alloggi, va detto, c’erano altri ventotto alloggi realizzati vicino a Calvaruso, che sono stati abbandonati.
Intanto, per la completezza dell’informazione abbiamo sentito anche il parere della protezione civile e di Pietro Lo Monaco che ha spiegato che non si è interessati al recupero di quegli alloggi perché sono costruiti in un posto dove la sicurezza è minata. In sostanza, stanno emergendo due aspetti.
Un interesse al territorio nuovo e più cosciente e nello stesso tempo la consapevolezza, che la prevenzione è un argomento troppo vasto e grande che necessità di piani particolareggiati e fondi che in questo momento non ci sono. Ma intanto, queste case che si trovano nel posto sbagliato, che fine faranno? Saranno abbattute o saranno un ulteriore vessillo dell’incompiutezza burocratica e della montagna degli sprechi? Noi al massimo possiamo porre delle domande. Il capitolo sulla possibilità del recupero è chiaramente chiuso.
Claudia Benassai