di Salvo Vitale
La vicenda del casolare rivendicato dal leonardo badalamenti, figlio di tano, uno degli ultimi padrini di Cosa nostra, condannato, fra l’altro come mandante dell’omicidio di Peppino Impastato, pone alcune domande e alcune considerazioni:
1) Non si tratta del casolare in cui è stato ucciso Peppino Impastato, ma di una stalla in contrada Uliveto, denominata anche “Chianu di Napoli” in relazione al nome degli antichi proprietari del sito.
2) Del vecchio casolare, poco più che un rudere, esistente al tempo della confisca, è rimasto ben poco, in quanto, dopo la confisca e l’assegnazione al comune avvenuta nel 2010, il casolare, grazie a un finanziamento europeo di 370 mila euro, ad opera del GAL del Golfo di Castellammare, è stato interamente ristrutturato con il fine di farne un centro-mercato ortofrutticolo e un sito di promozione di iniziative per la valorizzazione della “vacca cinisara”, che è un animale di origine protetta, di cui sono rimasti circa 200 esemplari sulle montagne di Cinisi. Va detto che, completati i lavori, rispetto a quanto previsto, ben poco è stato fatto, ma badalamenti si troverebbe in tal modo a riappropriarsi di un sito il cui valore è notevolmente cresciuto, rispetto a quello iniziale.
3) Abbiamo appreso, grazie a questa vicenda, che il figlio minore di don Tano, Leonardo, non si trova all’estero, ma vive tra di noi, a Castellammare del Golfo, probabilmente assieme all’anziana madre Teresa Vitale, per i più curiosi, sorella della moglie del boss alcamese Vincenzo Rimi. Il rientro in sede del minore rampollo di don tano lascerebbe ipotizzare che il tempo della faida infinita tra i seguaci di tano badalamenti e quelli dei Corleonesi sia già finito.
4) Non si tratta di una questione o querelle tra il sindaco di Cinisi Giangiacomo Palazzolo, e leonardo badalamenti, figlio di Gaetano e, a sua volta, padre di un altro gaetano badalamenti. Il sindaco di Cinisi è stato cercato per alcuni giorni da leonardo badalamenti, che, non avendolo trovato, ha deciso di fare di testa sua, convinto che la sentenza del tribunale gli restituisse per intero il diritto di proprietà, senza i dovuti passaggi burocratici, compresa la presa in possesso, che, per contro prevedono tempi lunghi; pertanto è andato sul posto, ha rotto i catenacci e ha creduto di riprendere possesso di qualcosa che, comunque, riteneva già suo. I carabinieri lo hanno trovato all’interno dell’edificio, lo hanno invitato a sloggiare e hanno sporto denuncia. Il sindaco sostiene che l’immobile rimarrà al Comune e che, nella ipotesi di una “rivendicazione del diritto di proprietà” il Comune sarebbe pronto ad acquistare l’immobile secondo le dinamiche del prezzo di mercato. Non è chiaro se l’acquisto dovrebbe essere fatto rispetto all’iniziale valore della stalla, oppure rispetto al valore odierno, che in tal caso finirebbe col portare nelle tasche di Leonardo badalamenti i soldi “europei” spesi dal GAL per la ristrutturazione.
5) Il casolare appartiene a un contesto di beni, soprattutto terreni, confiscati a badalamenti il 20 novembre 2007. Avverso tale confisca aveva già fatto ricorso la moglie di badalamenti nell’aprile 2009, ma tale ricorso era stato ritenuto inammissibile da diverse sentenze, a partire da quella del 10 aprile 2014, l’ultima delle quali del 24 maggio 2019. Una di queste particelle è stata “donata” da Fara Maniaci, sorella di badalamenti Gaetano, al fratello. Non si tratterebbe pertanto di bene acquistato con denaro di dubbia provenienza. Pertanto il figlio di badalamenti, Vito, nel maggio 2018 presentava un’istanza di annullamento non del decreto di confisca di tutti i beni di badalamenti, ma solo della particella in questione censita al foglio di mappa 12, come particella 134. Nella sentenza la Corte d’assise nota come nell’eredità e nelle proprietà di gaetano badalamenti, in particolare nelle società Capocabana, Investimenti spa, SIFAC, SAZOI, c’erano anche quote intestate a Leonardo, che, all’epoca della costituzione delle società era minorenne e sprovvisto di reddito e che pertanto non ha diritto a richiedere le quote.
Per contro il legale di Leonardo badalamenti avv. Vito Ganci, cita, nella motivazione del ricorso, il mutamento delle norme giurisprudenziali che adesso rendono possibile riproporre la richiesta di revoca della confisca, in precedenza rigettata. Si evidenzia, nelle varie udienze, nelle quali è stata decisa la confisca, la mancata presenza del ricorrente Leonardo. Per quanto riguarda la particella in oggetto, si nota che essa non è ricompresa nell’originario provvedimento di confisca, acquisito al patrimonio dello Stato per effetto del provvedimento di rettifica della primigenia ordinanza del 10 aprile 2014, del quale leonardo badalamenti aveva chiesto in proprio la restituzione con istanza del 4 ottobre 2019. A suo avviso il provvedimento di rettifica avrebbe giustamente corretto i dati catastali di una delle cinque particelle costitutive del fondo rustico (pascolo), sito in Cinisi alla contrada Uliveto, intestato a Vitale Teresa, essendo stata detta particella erroneamente indicata come la numero 174 anziché la numero 474 ma aveva anche del tutto arbitrariamente fatto ricadere nel provvedimento di correzione il fabbricato rurale (in catasto censito allo stesso foglio 12, particella 134), intestato a gaetano badalamenti ed allo stesso pervenuto per donazione da parte della sorella Fara, (ex sorore) il 9 dicembre 1977. Per risolvere la complessa questione, la Corte d’assise, con un procedimento di rettifica, aveva ordinato la correzione dell’originaria confisca, oltre che nella parte in cui lo stesso aveva erroneamente ricompreso la p.lla 174 (invece della p.lla 474) anche nella parte in cui, “per errore”, nel sequestro e nella successiva confisca del 26 novembre 2007, non sarebbe stato ricompreso il fabbricato rurale censito alla p.lla 134, che con il provvedimento di rettifica si assumeva essere annesso al fondo costituito da quattro particelle catastali.
Invero, in quel procedimento la perizia tecnica evidenziava l’errore materiale fatto dai giudici che avevano messo in atto il sequestro e la confisca indicando, tra le particelle costitutive del fondo agricolo la numero 174, invece della numero 474; nulla però era stato osservato con riguardo al fabbricato rustico di cui alla particella 134.In sintesi, l’ordinanza del 10 aprile 2014 avrebbe – di fatto – operato una nuova confisca, ampliando l’oggetto di quella di cui al provvedimento iniziale del 26 novembre 2007 e ricomprendendovi l’immobile oggetto della donazione ovvero un “fabbricato rurale adibito a stalla con soprastante solaio e spiazzo di pertinenza” sito in Cinisi, alla contrada Uliveto, confinante da due lati con Vitale Teresa e con tale Randazzo, catastalmente indicato con la p.lla 134) Pertanto questo cespite, non facendo parte del complesso delle altre particelle, va considerato diversamente e non poteva essere compreso nei beni confiscati.
A complicare ulteriormente le cose si aggiunga che la particella 134 sulla quale insiste invece il fabbricato rurale di cui all’ ordinanza di rettifica del 10 aprile 2014 non figura affatto; semmai, il fabbricato “non censito”, del quale vi era cenno nella perizia eseguita era piuttosto quello di cui alla particella 482. La Corte d’Assise presieduta da Sergio Gulotta, ha pertanto deciso che il cespite va restituito agli aventi diritto, “a meno che lo stesso non formi oggetto di altri provvedimenti di sequestro emessi da altra autorità giudiziaria in altri e diversi procedimenti”.
E interessante la dinamica degli ultimi tempi: il 29 gennaio si riunisce in camera di Consiglio la Corte, il 2 luglio 2020 viene emessa la sentenza, depositata il 9 luglio e acquisita il 16 luglio. Leonardo Badalamenti a questo punto ritiene, di testa sua, che non ci sia più bisogno di altri indugi e decide di reimpadronirsi di quanto era suo, gli è stato scippato dallo stato, ma adesso gli è stato restituito. Vedremo se questo gesto plateale, nel quale sarebbe troppo scontato intravedere una dinamica mafiosa, e che, attraverso i loro giudizi sui social, gran parte dei leoncini di tastiera di Cinisi hanno addirittura approvato e apprezzato, avrà ulteriori conseguenze e sviluppi, in relazione alla dichiarata volontà del sindaco di Cinisi, di mantenere al Comune il possesso dell’immobile e di ritenere qualsiasi altro passo indietro una sconfitta dello Stato.