Unica italiana ad essere inserita da Analytical Scientist nella lista internazionale dei quaranta migliori scienziati under40 nel campo della chimica analitica applicata all’alimentazione. Oltre alla laurea in ‘Scienze e tecnologie alimentari’ e al Dottorato in chimica degli alimenti, il suo curriculum vanta riconoscimenti prestigiosi. Al premio ‘Leslie Ettre Award’ del 2010 dedicato ai giovani ricercatori, si aggiunge il ‘John Phillips’, ritirato in maggio a un convegno in Texas (USA), che premia i giovani ricercatori per il loro contributo al settore della scienza della separazione. Da aprile è direttore di ricerca e sviluppo presso la ‘Chromaleont srl’, start up dell’Università degli Studi di Messina. Ha rifiutato una posizione all’università della Tasmania (Australia), una delle più prestigiose al mondo, perché convinta che in Italia si possa ancora sperare in un cambiamento. Un cambiamento per il quale ogni ‘fuga di cervelli’ costituisce un ostacolo, un impedimento. Lei è Giorgia Purcaro, trentasettenne montebellunese (Tv) residente a Messina. Dietro due occhi color ghiaccio, una passione che la spinge a combattere, ogni giorno.
In cosa consiste, nella pratica, il suo lavoro di ricerca?
Lavoro alla messa appunto di metodi e strumenti innovativi per l’analisi sempre più approfondita degli alimenti, con particolare attenzione ai contaminanti alimentari. In questo periodo sto cercando anche di avvicinarmi al mondo dell’analisi bio-analitica, per mettere al servizio di questo settore le tecniche analitiche innovative di cui mi occupo.
Quali sono gli obiettivi della start up siciliana di cui fa parte? Come si concilia l’idea economica dell’impresa che essa presuppone con la ricerca universitaria fine a se stessa?
La start up di cui faccio parte si occupa della consulenza ad aziende di diversi settori, sia più strettamente analitici che legati ai campi applicativi della ricerca, quali ad esempio il settore agroalimentare, o clinico. Si occupa inoltre di formazione e divulgazione dei risultati scientifici, tramite l’ organizzazione di congressi nazionali e internazionali. L’obiettivo primario è la ricerca e l’offerta di soluzioni operative. L’aspetto economico è secondario, volto soprattutto alla possibilità di dare prospettive e possibilità a giovani ricercatori appassionati.
Ha avuto modo di visitare e intrattenere rapporti con numerose realtà straniere. Considerando la sua esperienza, cosa pensa che manchi al nostro Paese per raggiungere gli standard esteri?
I ricercatori in Italia avrebbero bisogno di più stabilità, riconoscimento basato sul merito e non solo sull’anzianità. Manca la possibilità di affermarsi con la propria autonomia ma bisogna quasi sempre sottostare a giochi di potere e baronie che molto spesso determinano l’affievolirsi della vitalità, della passione e della dedizione di cui la ricerca necessita. Inoltre, credo che in Italia manchi una mentalità più flessibile (NON legata alla precarietà), tipica di molti stati esteri, la mentalità italiana legata al posto fisso, limita spesso la possibilità dei giovani ricercatori di viaggiare e ampliare le proprie esperienze con la paura (purtroppo spesso reale) di non poter tornare. Generalmente all’estero cambiare lavoro e affrontare nuove sfide è molto più facile, dando così linfa vitale alla ricerca che per sua natura è sempre a caccia di nuovi stimoli e nuove sfide. Infine, detto e ridetto, ma purtroppo sempre attuale, i ricercatori avrebbero bisogno di più finanziamenti in base ai risultati e soprattutto la semplificazione delle procedure burocratiche che tolgono tempo ed energia alla ricerca!
Ha rifiutato l’ipotesi di un trasferimento in Australia. Quali sono le motivazioni principali e cosa si sente di dire ai molti giovani che vedono nel trasferimento l’unica possibilità per raggiungere la soddisfazione professionale?
Ci ho pensato e continuo a pensarci ogni giorno. L’altr’anno stavo per trasferirmi in Tasmania (Australia), avevo vinto una posizione nell’università della Tasmania, una delle migliori al mondo. Poi mi ha fatto restare il pensiero che se tutte le persone più capaci se ne andassero dall’Italia non sarebbe mai possibile far cambiare questo Paese…insomma non ero ancora pronta a darmi per vinta in Italia. Seppure estremamente difficile e spesso frustrante, riuscire ad affermarsi in Italia ti fa sentire più forte e gratificato. Consiglierei ai ricercatori di cercare di non mollare, possiamo e dobbiamo contribuire al cambiamento dell’Italia…non nego che ogni giorno dubito di tale posizione!
Prima di essere ricercatrice, è una donna. Analizzando in termini statistici, la percentuale femminile nel campo della ricerca è inferiore rispetto a quella maschile, soprattutto ad alti livelli. Ha vissuto episodi in cui l’essere donna abbia costituito un ostacolo? Pensa che sia più difficile raggiungere alti livelli professionali rispetto ai colleghi uomini?
Le donne nel nostro settore sono poche. Sicuramente nella nostra società la gestione familiare è ancora affidata principalmente alla donna, rendendo quindi difficile conciliare lavoro e carriera, soprattutto vista la scarsità di servizi che il Paese offre in tal senso. Ma questo è un problema per qualsiasi donna che voglia dedicarsi alla carriera. Credo che nel caso specifico della ricerca il vero problema sia essere in Italia. Si vive in una costante precarietà che certo non ti dà la tranquillità di dedicarti con serenità al tuo lavoro, che richiede molto tempo e dedizione assoluta. I meccanismi sono tutto tranne che meritocratici e la burocrazia, che continua ad aumentare invece che diminuire, rende qualsiasi cosa un costante scontro con carte e amministrativi, rallentando inevitabilmente il tuo lavoro.
Cosa significa essere inserita all’interno della lista dei migliori scienziati under40 al mondo? Oltre ad essere un’intensa soddisfazione professionale, rappresenta anche una vittoria in qualità di donna e in qualità di italiana?
E’ stata una bellissima soddisfazione, non avrei mai pensato di essere inserita in tale lista. Nel 2010 avevo già vinto un prestigioso premio ad uno dei congressi più importanti del nostro settore. Un premio dedicato a giovani ricercatori (Leslie Ettre award). Ed ora ho appena vinto un altro premio che ho ritirato a fine maggio ad un convegno in Texas (USA) dedicato a ricercatori giovani che hanno dato un contributo significativo al settore della scienza della separazione ed in particolare allo sviluppo di una tecnica nata nel 1991, che si chiama “comprehensive multidiensional gas chromatography”. Il premio è intitolato al suo inventore, John Phillips. Tutto questo è molto gratificante, ma sicuramente ha richiesto anche molto impegno, tanta dedizione e numerosi sacrifici. Ovviamente la passione per la ricerca rende tutto molto più facilmente affrontabile!
Quali sono i suoi progetti futuri?
Le sfide sono la linfa vitale della mia passione, pertanto sono guidata nelle mie scelte dalla necessità di nuovi stimoli. Il progetto guida resta però quello di trasmettere passione, dedizione e metodo a nuove generazioni di ricercatori. Al momento sono appena diventata R&D Director di uno start-up di ricerca, l’obiettivo più immediato è quindi quello di aiutare questa bellissima realtà ad affermarsi e a sostenere il lavoro di molti ricercatori, che come me credono ancora che in Italia si possa e si debba fare qualcosa!
Gaia Stella Trischitta