Erano gli ultimi mesi del 2008 quando l’intera Italia universitaria si schierava contro una riforma che proprio non le andava bene: centinaia di migliaia di studenti rievocavano a modo loro le proteste di qualche decennio prima, cercando una lotta psicologica per far valere i propri diritti. Un anno e mezzo dopo, è cambiato poco o nulla. Le proteste verso la riforma Gelmini sono andate avanti in maniera sempre meno eclatante, lasciando spazio all’amaro in bocca per alcuni, e a una relativa soddisfazione per altri, a partire da chi ha promulgato questa legge, difendendola anche davanti agli attacchi più duri.
Eppure, notizia di questi giorni, l’Italia è di nuovo schierata contro il Ministro della pubblica istruzione; stavolta al centro dell’attenzione non ci sono più gli universitari, ma i genitori degli alunni delle scuole elementari, che non vedono di buon occhio il taglio al tempo pieno previsto dalla riforma: in tutta Italia le proteste si fanno sempre più veementi, con alcuni esempi più eclatanti a Roma (dove una delegazione di genitori si è incatenata davanti a un edificio scolastico) e a Firenze, dove addirittura la protesta è stata guidata dagli assessori alla Pubblica istruzione di alcuni piccoli comuni del luogo. Mentre la Gelmini si rifugia dietro il magico velo della “polemica strumentale”, aggirando il vero problema del malcontento generale, è davvero crescente il malumore a tutti i livelli sociali, anche se -come detto- non tutti vedono solo cose negative nella riforma.
“Non credo che la riduzione del tempo pieno sia un problema insormontabile; non sappiamo ancora neanche i dati certi, ma eventualmente credo che sia una situazione magari non carinissima, ma che certamente non vale proteste così accese” A parlare è il genitore di un alunno di una seconda elementare. “Sto leggendo dati contrastanti in questi giorni, il ministero ha reso noti dati differenti da quelli messi in giro dai giornali, sono titubante sulle effettive catastrofi annunciate dalla stampa, onestamente”.
A fare da contraltare a queste affermazioni, però, ci sono i dati delle scuole: a Trapani le 30 prime classi a tempo pieno di quest’anno diventeranno solo 3 a Settembre. Quindi? Qual è il modo migliore per affrontare questa situazione?
“Le proteste degli ultimi due anni sono servite a molto poco, ci hanno solo dato un contentino che è servito a farci illudere che qualcosa potesse realmente cambiare. La situazione è quasi tragica, giocano col futuro dei ragazzi, della civiltà di domani, di chi tra non molti anni avrà in mano le chiavi del nostro Paese. Una società culturalmente poco elevata è una civiltà manovrabile, che non può opporsi a chi predica a vanvera su argomenti importanti e spesso sottovalutati. Anziché effettuare tagli consistenti al sistema scolastico, il governo (e anche l’inesistente opposizione) dovrebbe rivedere la scala di importanza dei propri interventi, evitando di mettere al primo posto l'<<esportazione di democrazia>> o la caccia all’immigrato e curando maggiormente la crescita sociale dei cittadini di domani, che passa sopratutto dalla scuola; questo, chiaramente, solo se ha davvero a cuore la formazione di una cultura all’interno dei ragazzi”. Questo lungo discorso per mesi ha accompagnato, più o meno, le manifestazioni universitarie, e non c’è da stupirsi che sia proprio un universitario a dilungarsi in questo attacco diretto a chi sta “manipolando” la formazione sociale dei giovani italiani, cittadini di un futuro a cui stanno provando, forse, a tagliare le gambe.