Finite le riprese nella location di Lipari, dopo Milazzo, Messina, Taormina, Sant’Alessio Siculo, Giardini Naxos, Roma adesso a New York, per far conoscere le maschere di Lipari.
Il docu-film “Il Carnevale Eoliano” è un progetto finanziato e patrocinato dalla Sicilia Film Commission.
Intervistiamo il produttore Alberto Bernava, messinese, amministratore di B. & B. CINEMATOGRAFICA S.r.l.
“L’idea era di raccontare cosa succede a Lipari durante la parata carnevalesca, ma più studiavamo e ricercavamo, lavoro che è durato circa un anno, più ci rendevamo conto che dietro l’evento in se c’è un background di storia e cultura, misterioso, avvincente, inesplorato. Un filo celato che va dal teatro, alle maschere di Dionisio, in parte raccolte nel museo archeologico Luigi Bernabò Brea della stessa isola, al culto greco di questo dio nella Magna Grecia, fino ad arrivare alle Baccanti: donne che praticavano il culto di Dionisio.
Le potremmo definire, delle femministe della prima ora, anche se da parte loro non c’era nessun messaggio politico ma solo culturale. Le prime donne che decidevano di comportarsi in maniera indipendente dall’uomo e naturalmente lo facevano in posti lontani dalla città quindi nei boschi e mascherate.
Volevamo raccontare la sfilata dei carri carnevaleschi e dei balli in maschera che la accompagnano. Essa rappresenta una particolarità dell’isola, non solo per il luogo in cui si svolge, ma perché è unica nel suo genere se confrontata con quelle che avvengono nello stesso periodo in Sicilia. Abbiamo deciso solo successivamente di mettere in scena quanto questa esperienza ci stava facendo scoprire”.
L’importanza rappresentativa delle maschere in Sicilia, alle Isole Eolie e in quella che fu la Magna Grecia, sarà ripercorsa e raccontata dagli occhi di una giornalista colombiana, Vanessa, che scoprirà come farà lo spettatore tutto ciò che si cela dietro i volti nascosti. Arriverà sull’isola credendo per documentare la parata, com’è successo alla troupe, e invece arriverà alla fine del suo viaggio con una coscienza diversa in quanto donna, divenendo lei stessa una Baccante.
Quindi la vostra decisione di non limitare le riprese alla sola location di Lipari e Salina ma spostarvi in tutta la Sicilia. Perché New York?
“Abbiamo deciso di unire a queste scoperte gli aspetti etimologici, filosofici, psicologici e antropologici. A New York abita la filosofa Cinzia Arruzza, che ci aiuterà a spiegare e quindi mettere in scena cosa rappresenta dal punto di vista filosofico il concetto di maschera.
La maschera è l’unico momento in cui ognuno di noi può essere sincero. È solo tramite il mascheramento che l’uomo può dare sfogo ai propri impulsi onesti e umani. Questa grande verità può essere analizzata da più sfaccettature e se vogliamo, quella filosofica è la più interessante perché definisce libero un uomo mascherato”.
Bernava è un ragazzo di 27 anni e colpisce la sua passione e profondità, amore di certo tramandato dal nonno e dal padre che per ben sessant’anni si sono occupati del mondo cinematografico.
Questa docu-fiction non sarà per i siciliani!
A breve, in date da definire, l’anteprima a Lipari e la prima a Roma. Perché questo documentario non è un prodotto per i siciliani?
“Noi ciò che siamo lo sappiamo già. Il nostro obiettivo culturale e di far conoscere ciò che siamo agli altri, a chi siciliano non lo è, per questo la storia sarà raccontata e vissuta da una giornalista non italiana. Per mostrare l’altra faccia di noi a chi ci vede attraverso le etichette imbarazzanti, forvianti e spesso offensive. Ma soprattutto, far conoscere l’evento, la cultura che c’è dietro e in ogni angolo dell’isola, a chi vede nelle Eolie solo belle spiagge. Queste isole sono molto altro, come il Museo delle Maschere che negli ultimi trent’anni è stato totalmente dimenticato. Spingere solo sul turismo balneare secondo me è davvero limitante, questo va bene per posti come Rimini, Riccione ma non per delle isole che hanno da raccontare una storia iniziata nel III millennio a.c. con un continuo susseguirsi di civiltà e culture. Il nostro spettatore potrebbe diventare il turista del futuro, alzarsi dalla sedia e dire: Ma come mai io questa storia non la sapevo e perché non sono mai andato alla parata carnevalesca a Lipari?”.
Il documentario sarà seguito da una serie di conferente distribuite in tutta Italia sulla rilevanza storico culturale delle maschere in Sicilia.
“Questo documentario sarà il nostro incipit, perché convinti che per scelta Bernabò Brea ha caricato di troppa scientificità i suoi ritrovamenti, per noi dietro ogni reperto c’è ancora del mistero”.
Non a caso per le riprese a Lipari avete chiamato una Compagnia Teatrale del posto, il Piccolo Borgo Antico che da 12 anni tiene una rassegna estiva, Le Maschere di Dionisio.
“A loro, va un nostro grazie. Quando abbiamo parlato del progetto alla regista della compagnia Tindara Falanga e al presidente Angelino Biviano, sono stati subito entusiasti. Sono stati capaci, anche se non avevamo dubbi visto la forte raccomandazione di chi già li conosceva, di rendere attraverso la rappresentazione scenica delle Baccanti tutto il senso che c’è dietro e che volevamo far emergere. Volevo che il mio pubblico vedesse cos’è il teatro greco, non farglielo solo immaginare, con loro ha lavorato il prof. Gennaro Colangelo, dell’Università LUMSA, studioso della drammaturgia greca, venuto da Roma. È un piacere lavorare con chi dà al teatro e alla cultura così valore.
Un ringraziamento speciale va al prof. Renato Candia preside delle scuole medie di Lipari e a Francesco Rizzo che mi hanno consigliato le persone giuste. Anche le istituzioni ci sono state vicine come il Comune di Lipari, il Museo archeologico Bernabò Brea, la Pro-Loco”.
Il prossimo progetto?
“Siamo terminando un altro documentario su una bellissima villa di Taormina, Casa Cuseni. Abbiamo scoperto che è il luogo in cui è nata l’Art Nouveau meglio nota come Stile Liberty, ma nessun libro ne parla. Ed è anche la casa in cui gli intellettuali omosessuali del tempo s’incontravano per dipingere, scrivere. Oscar Wilde, Picasso e come loro altri grandi artisti sono passati da lì. Quella casa era la proclamazione di nuovi diritti civili ma non rispetto alla stessa Sicilia, ma di tutta Italia, Londra, Parigi e New York. Nessuno sa perché, per esempio, Taormina è più famosa di Siracusa, il motivo è proprio questo! Qui nasce lo stile Liberty e per la prima volta la consapevolezza di nuovi diritti civili. Anche il logo di Coco Chanel nasce in quella villa, è la copia del suo stemma”.