Il panorama del musical a Messina

È il secondo anno questo della scuola Vaudeville, una realtà nuova che cerca di rendere sempre più concreto il panorama del musical a Messina, vediamo come attraverso delle interviste ad alcuni docenti della scuola.

 

Alessandro Alù (direttore artistico e insegnante di recitazione, storia del teatro, storia del musical)

Com’è nato il progetto di questa scuola?

 

Dopo aver frequentato la ‘Musical Theatre Academy’ di Catania, il mio desiderio era quello di creare una realtà simile a Messina. Inizialmente ho provato con il Laboratorio di Musical dell’Associazione Excursus, poi una volta fondata la ‘Compagnia Vaudeville’, ho voluto dar vita a una vera scuola in cui coltivare i talenti messinesi. Fortunatamente ho trovato professionisti di alto livello che credono in questo mio ‘sogno’, e ho potuto così formare un corpo docenti compatto ed aperto alla sperimentazione.

 

Quali sono stati i riscontri dell’anno concluso a giugno e quali invece si prefiggono gli obbiettivi per quello a venire?

 

Sicuramente il bilancio finale del primo anno di scuola è stato più che positivo. Il saggio di fine anno è stato il musical Sister Act che grazie all’impegno di allievi e insegnanti è stato un vero e proprio spettacolo e non la solita esibizione di fine corso.

L’obiettivo al momento è quello di sviluppare il potenziale espresso dagli allievi durante lo scorso anno e avvicinare nuovi allievi al Musical.

 

È stata assegnata una borsa di studio: in cosa consiste e a chi è rivolta?

 

Ho voluto istituire a tutti i costi una borsa di studio perché credo sia necessario, soprattutto in questo momento storico, lottare perché l’arte non diventi un lusso per pochi. L’allievo/a che durante l’anno si è mostrato più partecipe e che si è distinto per i risultati  ottenuti, ha diritto a frequentare l’anno successivo gratuitamente. Verranno assegnate borse di studio in ogni grado del corso.

 

Come direttore artistico della scuola, oltre che insegnate, come ha inteso strutturare discipline e corsi?

 

Il percorso che ho formulato quando ho aperto a scuola si sviluppa in tre anni: un primo anno di avviamento, il secondo (corso avanzato) per l’approfondimento e un terzo incentrato sull’approccio con il mondo dello spettacolo e il lavoro a livello professionale.

Al primo anno le materie sono:

Recitazione (si studiano le prime basi della recitazione, si lavora sulla disinibizione e l’improvvisazione, e ci si approccia al metodo Stanislavskij)

Danza (danza moderna, teatrodanza, e cenni di tap dance e danza classica)

Canto (cenni di teoria musicale e studio pratico del repertorio musical)

Dizione (studio delle regole di dizione ed articolazione)

Storia (credo che in un percorso del genere sia impossibile tralasciare la storia del teatro e la storia del musical)

Al secondo anno:

Recitazione (approfondimento del metodo Stanislavskij e dei metodi di Grotowski e Gordon Craig)

Danza (in uno schema basato sulla continuità didattica, danza classica e tap dance diventano materie curriculari)

Dizione (al secondo anno si incentra sull’emissione vocale)

Canto (solfeggio, teoria e repertorio di Broadway)

Storia (si riprende la storia del teatro dal dramma borghese e la storia del musical dagli anni ’80)

Il terzo anno, sarà di approfondimento a 360 gradi. Ogni allievo avrà modo di sviluppare le materie in cui riesce meglio e lavorerà alla creazione di un suo repertorio personale (monologhi, brani cantati, e coreografie) così da esser pronto per futuri provini.

Alle materie curriculari da approfondire, si aggiungono:

Luci sceniche (disegno luci e cenni di illuminotecnica)

Drammaturgia (un approccio allo studio dei testi e alla scrittura creativa)

Trucco scenico (per rendere i futuri performers indipendenti e consapevoli di ciò che è necessario per un buon trucco di scena)

Scenografia (cenni e basi fondamentali sullo spazio scenico e della profondità).

 

Quali sono i fini degli stage promossi?

 

Gli stage sono previsti con cadenza mensile o quindicinale per tutto il triennio, e hanno il fine di far confrontare gli allievi con professionisti del settore diversi dai loro insegnanti e di far approfondire materie specifiche, come la commedia dall’arte, la tragedia classica, teatro danza ecc.

 

Si ricorda che quest’anno, non stage, ma vere e proprie lezioni di recitazione verranno tenute da Gianfranco Quero, Maria Pia Rizzo e Donatella Venuti.

 

Paride Acacia (insegnate di recitazione)

 

Come si influenzano tra loro la professione d’attore e regista con quella d’insegnante?

 

Insegnare vuol dire anche mettere a disposizione dell’allievo le esperienze accumulate nella mia attività di attore regista, così che tenendo un contatto reale con il lavoro di attore e regista, posso dilatare la mia dimensione di insegnamento, insegno quello che nella realtà io faccio.

 

Cosa ne pensa del mondo del musical in Italia al giorno d’oggi?

 

È un momento di grande fioritura del musical, forse il rischio e che si investa poco nelle nuove produzioni originali e un po’ troppo nei classici. Si dovrebbe trovare una via italiana al musical come quella che fu della premiata ditta Garinei Giovannini e meno strizzare l’occhio ai prodotti Anglo-americani.

 

Cosa prevede il corso di recitazione?

 

Recitazione a 360 gradi anche con stage interni tenuti da Insegnanti dalle più diverse estrazioni attoriali, canto con teoria e solfeggio cantato , danza e dizione , quindi un menù ricco che può soddisfare l’attore che vuole rendersi completo come la vecchia scuola impone senza dover essere per forza un performer di musical, e ovviamente chi del musical ne vuole fare una professione.

 

Sarah Lanza (insegnate di danza)

 

Dopo anni d’insegnamento ed esibizioni nel mondo danza, che differenza ha notato nella formazione di allieve che mentre ballano andranno necessariamente a contaminare la coreografia con canto e recitazione?

 

Sicuramente è una formazione più complessa e richiede un’attenzione particolare rispetto ad un gruppo di allievi che formo solo ed esclusivamente in danza classica piuttosto che in danza moderna, dove la concentrazione dell’allieva è limitata al perfezionamento tecnico ed interpretativo del movimento e della sua qualità. Nel caso del musical l’allievo si trova sempre a fare i conti con una dinamica poliedrica che comprende, oltre la danza, anche il canto e la recitazione, quindi è richiesto un impegno maggiore ed è indispensabile dosare le energie e i fiati affinché il movimento non impedisca una corretta emissione vocale. La danza non deve diventare un limite per la messa in scena ma, al contrario, deve fungere da supporto.

 

Quali diversi stimoli offre un musical per chi coreografa?

 

Il musical, da un punto di vista coreografico, è estremamente liberatorio perché dà la possibilità al coreografo di uscire dai rigidi dettami tecnici, in cui invece si trova ingabbiato nel montaggio di una dinamica classica e dà, inoltre, modo di sperimentare varie possibilità di movimento, in base al musical da rappresentare. Ma è fondamentale che alla base ci siano delle forti competenze senza le quali il coreografo cadrebbe nella banalità.

 

Oltre ovviamente alla messa in scena quali sono gli obbiettivi di un corso di danza musical?

 

L’obbiettivo di un corso di danza, in generale, è quello di rendere un allievo forte da un punto di vista scenico e fluido nei movimenti, ragion per cui il corso di danza è aperto anche ai ragazzi che esprimono un’esclusiva preferenza  per la recitazione o per il canto; ricordiamoci che il luogo della messa in scena è teatrale, non radiofonico!

 

Cosa della sua esperienza professionale vuole trasmettere alle allieve?

 

Della mia esperienza voglio trasmettere loro entusiasmo e amore per l’arte, indipendentemente dalla velleità di diventare o meno professionisti del settore. Ritengo sia importantissimo non perdere mai di vista il fuoco dell’arte che a mio avviso consiste nella capacità di emozionarsi ed emozionare.

 

La scuola prevede anche lezioni di tap dance con l’insegnate Carla Ragonese. Che spazio ritiene debba avere il tip tap in una scuola di musical?

 

Ritengo che lo studio del tip tap rappresenti un valore aggiunto all’interno di un corso di musical. La formazione del performer necessita anche di basi di tap poiché spesso alle audizioni è un requisito richiesto.

 

Qual è il panorama di questa disciplina a Messina?

 

In questa disciplina non ci si può improvvisare, è questo il motivo per il quale a Messina quasi nessuno insegna tip tap ed io mi ritengo molto fortunata ad essere affiancata dalla Maestra Carla Ragonese (diplomata in tip tap allo Steps di New York) perché rientra tra le poche che hanno le competenze per insegnarlo.

 

 Si ritiene soddisfatta dell’esperimento dello scorso anno?

 

Mi ritengo molto soddisfatta perché ho visto degli allievi volenterosi e predisposti. In questa disciplina c’è bisogno di tanta pazienza, possono passare anche mesi prima che si riescano a fare uscire dei suoni corretti, ma le allieve non si sono mai scoraggiate e al saggio di fine anno hanno dimostrato la corretta funzionalità dell’insegnamento della Maestra. Oltretutto ritengo che, ai fini della messa in scena, poiché non molto gettonato, il tip tap suscita in modo particolare l’interesse del pubblico.

 

Antonio Stella (insegnate di canto con Enza Fiumanò)

 

Questo è il primo anno d’insegnamento presso la Scuola Vaudeville: cosa si aspetta da questa collaborazione?

 

Spero di riuscire ad imprimere il marchio forte e deciso della mia personalità a tutti i ragazzi della scuola, così da poter dare tutto me stesso nello svolgere il mio lavoro nel modo più professionale e divertente possibile

 

Come cantante e musicista cosa si prefigge di trasmettere ai nuovi allievi?

 

Passione, dedizione e forza d’animo. Elementi necessari per questa esperienza di vita, sia che essa diventi un lavoro o rimanga un hobby

 

Quali sono le sue competenze nello specifico?

 

Nello specifico lavorerò molto sulle singole voci e su quelle corali, affiancando lo studio complementare del pianoforte. Non mancheranno, ovviamente, aneddoti ed esperienze che realmente affronteremo insieme e che avranno lo scopo di mostrare il lato più vero e vissuto di questo mestiere.

 

Mario Parlagreco (insegnate di dizione)

 

La dizione come tutte le materie teoriche è tra le meno “popolari”… E invece senza dubbio necessaria… Ci dica perché da insegnante e da attore professionista?

 

Parlare bene è il primo biglietto da visita di qualsiasi individuo.

Una persona ben vestita, ben pettinata, ha sicuramente un ottimo aspetto e un buon approccio con l’interlocutore, ma il primo problema si presenta appena apre bocca. Spesso, nel parlare, corre e rischia di mangiare le parole oppure ha qualche difetto di pronuncia che riguarda le consonanti (la erre e la esse su tutte) e soprattutto non conosce l’uso delle 7 vocali che alla scuola dell’obbligo ci insegnano, erroneamente, essere 5.

La Dizione e l’Articolazione sono materie fondamentali per far sì che l’interlocutore ci segua senza problemi nell’esposizione di un qualsiasi argomento.

Un Professore, un Attore, un Giornalista, uno Speaker, un Doppiatore, un Avvocato, un Medico etc…. sono professionisti che devono necessariamente far capire perfettamente ciò che hanno da dire e una buona Dizione li aiuterà nel far arrivare il loro, sicuramente importante, messaggio a chi li sta ascoltando.

 

Quali sono i problemi più frequenti che ha riscontrato in questo insegnamento?

 

Il problema che spesso si presenta è far capire l’importanza della materia stessa e la necessità di far “dimenticare” all’allievo il modo in cui ha parlato fino a quel momento.

Spesso l’allievo del sud Italia pensa che la Dizione serva per perdere il proprio accento e parlare come una persona del nord Italia. Questo è il più grave errore che si possa fare. Il nostro interlocutore dovrà intuire alla perfezione la regione da cui proveniamo, altrimenti rischiamo di essere presi in giro se utilizziamo un accento di cui non conosciamo, nemmeno lontanamente, le sfumature.

Quindi il verbo “dimenticare” si riferisce alle vocali e alle consonanti doppie o singole che, indistintamente, in ogni parte d’Italia vengono, in svariati modi, “assassinate”. È una sorta di reset della nostra bocca; si riparte da zero.

Un altro problema che spesso capita è il mantenimento, una volta raggiunto un buon risultato, della Dizione stessa. Essa, se non allenata tutti i giorni e mantenuta come fosse il fisico di un atleta, si dimenticherà pian piano, tornando quella di una volta.

 

Il programma che continuità prevede tra primo e secondo anno?

 

Il programma base riguarda, come detto, le 7 vocali, lo studio delle consonanti fondamentali, lavori sull’articolazione e molto altro.

Il secondo anno ovviamente prevede un ripasso generale per individuare, a distanza di un certo periodo di tempo, eventuali difetti di pronuncia persistenti e cercare di rimettere le cose a posto per poi passare a ulteriori esercizi di articolazione nonché di memoria delle tantissime regole che riguardano questa meravigliosa, quanto complicata, materia.

Ultima cosa, il corso è basato sul divertimento. Ma il divertimento senza passione resta solamente un giochino come tanti altri.

 

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