Bentornati nella democrazia parlamentare . Sembra questo il messaggio del Presidente Mattarella nel conferire il mandato esplorativo alla neopresidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati.
Non sarà facile il compito assegnato alla seconda carica dello stato. La prima inquilina di Palazzo Madama dovrà infatti , entro venerdì 20 aprile, verificare la disponibilità del centrodestra formato da Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia di formare una maggioranza di governo con il Movimento cinque stelle , che – dal canto suo – per bocca del proprio candidato Presidente del Consiglio di Majo, ha già posto dei paletti molto precisi all’operazione, riassumibili nel veto senza appello verso Silvio Berlusconi.
L’incarico esplorativo è una “risorsa” che la prassi costituzionale assegna al Capo dello Stato nei casi in cui le consultazioni si fossero rivelate inefficaci ai fini di risolvere una crisi di governo. Gli anni della cosiddetta seconda Repubblica ci avevano abituati all’indicazione del “premier “ ( figura del tutto inventata in Italia) sulla scheda elettorale e a una sorta di semipresidenzialismo immaginario , dovuto a leggi elettorali miste a prevalenza maggioritaria, come Il Mattarellum, o proporzionali con forti premi di maggioranza come il Porcellum.
Solo una volta infatti negli ultimi 25 anni il Quirinale ha fatto ricorso al mandato esplorativo ed è stato nel 2013, quando l’inaspettata avanzata dei Cinque Stelle rese impossibile a Pierluigi Bersani la formazione di un governo di centrosinistra. Prima di allora si ricorda soltanto l’incarico affidato nella primavera del 1987 da Francesco Cossiga alla Presidente della Camera Nilde Jotti per tentare di risolvere la crisi causata dalle dimissioni del secondo ed ultimo governo Craxi. Un mandato che condusse ad un governo elettorale affidato ad Amintore Fanfani e alle elezioni anticipate che si sarebbero tenute da lì a poco .
I precedenti storici, perciò, non sono di buon auspicio per il lavoro di Alberti Casellati e ancor meno lo è un quadro politico determinato da una legge elettorale fondata da su due principi contraddittori. Le regole volute dal PD renziano e da Forza Italia affiancano infatti al principio di proporzionalità che assegnerebbe il ruolo di primo partito al movimento di Grillo e Casaleggio, quello di coalizione, che assegna il primato al centrodestra , il quale si è presentato unito in tutti i collegi attraverso cui è stata eletta la quota di parlamentari assegnata con il maggioritario. Paradossi di un sistema misto particolarmente farraginoso e bizantino che porterà quasi sicuramente alla formazione di un governo distante dalle aspettative della maggioranza degli elettori.
Si tratta tuttavia di una distorsione che non è diretta conseguenza né del parlamentarismo , né tantomeno del sistema proporzionale in quanto tale.
In un altro diciotto aprile , ormai consegnato alla storia , infatti, si ebbe un risultato elettorale diverso da quello auspicato dalle aspettative della vigilia, ma , a differenza del 2018, fu chiaro da subito chi avrebbe governato e chi sarebbe stato all’opposizione. Il sistema elettorale tuttavia era un proporzionale puro e il governo parlamentare.
Era il 1948 e il Presidente del Consiglio si chiamava Alcide De Gasperi mentre i capi dell’opposizione- il Fronte democratico popolare – erano Nenni e Togliatti.