Il Salvemini rischia di rimanere con un pugno di libri

Il governo Crocetta l’ha indicata come strumento in cui si annidano corruzione e clientelismo, quindi da eliminare immediatamente. La rivoluzione è già iniziata, recitava il motto della campagna elettorale del presidente della Regione Siciliana, ma a volte i fantasmi del passato ritornano.

Ecco, quindi, che la tabella H, elenco delle meraviglie per finanziamenti a pioggia ad istituti culturali ed associazioni di vario genere, torna a tener banco all’Ars. Nuovi soggetti e vecchie conoscenze, importi che aumentano ed altri che diminuiscono, sino a scomparire. Venuto meno il programma che prevedeva la partecipazione ad appositi bandi regionali, torna la vecchia abitudine per i deputati regionali di sponsorizzare enti e proporre emendamenti ad hoc alla finanziaria per sostenere specifici progetti. Tra padri e padrini, sembrerebbe perdersi di vista l’oggettività delle scelte, se mai ce n’è stata una.

Levata di scudi per lo storico Istituto Gramsci di Palermo, ma in riva allo Stretto c’è chi rischia di scomparire, senza comprenderne i motivi. E’ l’Istituto di studi storici Gaetano Salvemini, che dopo 35 anni di attività, non ha più visto il proprio nome nell’elenco provvisorio. Fondato nel 1977 da docenti e studiosi con lo scopo di riscoprire le radici e l’identità messinese, sempre più sbiadita nel corso di anni difficili tra il terremoto del 1908, l’egemonia fascista e le grandi guerre del Novecento, ha all’attivo un centinaio di pubblicazioni e numerosi convegni.

Un ente di ricerca “produttivo”, come tengono a precisare dal direttivo, che delle proprie finalità societarie ha fatto una vera e propria missione. Oltre al centro studi, una piccola biblioteca, se paragonate alle altre realtà cittadine, ma un universo per tesisti e ricercatori che possono avvalersi di preziosi testi attuali, spesso introvabili altrove, importanti ristampe di testi ormai fuori commercio ed una preziosa collezione di giornali e riviste.

«Siamo in attesa di essere messi a conoscenza di quale sarà il nostro futuro – spiega Michela D’Angelo, presidente dell’Istituto -. In questi giorni a Palermo discutono di “cultura”, ma noi qui a Messina non possiamo far altro che sperare di scongiurare il rischio chiusura. Il nostro ente collabora al fianco dell’Università e della città tutta da più di trentacinque anni ormai. La nostra attività si svolge su base essenzialmente volontaristica ed è stata riconosciuta la sua valenza, venendo indicato come Istituto di Alta Cultura. Dopo anni, adesso ci ritroviamo a parlare di mera sopravvivenza».

La crisi economica e le difficoltà in cui versano le casse pubbliche regionali, impongono alle realtà associazionistiche di ogni genere di ingegnarsi e ricercare nuove forme di sostegno alle proprie attività. In un territorio dallo scarso tessuto imprenditoriale, però, risulta tutto assai più complesso. L’Istituto si è già attivato per ricercare fondi alternativi e raccoglie anche contributi simbolici per andare avanti nonostante tutto, ma non basta. «La nostra biblioteca e l’emeroteca coronano l’attività di studio e di ricerca portata avanti dal nostro Istituto – raccontano i collaboratori – ed ha finito per supplire alle carenze strutturali che si registrano nella nostra città, nonostante la compresenza di numerosi enti culturali. Abbiamo visto ridursi sensibilmente i finanziamenti, passati nel giro di pochi anni da 33mila euro ai 6mila del 2013.

Senza fondi di archivio o donazioni di privati, abbiamo sempre investito somme importanti per l’acquisto di testi da rendere fruibili a tutti. Adesso siamo costretti ad aprire al pubblico solo tre ore alla settimana e non possiamo garantire i medesimi servizi del passato. È avvilente, soprattutto perché non comprendiamo quali siano i criteri per la concessione di queste “boccate d’ossigeno”. A noi basterebbe davvero poco, per continuare a dare tanto». Alba Marino