“Siamo feriti dall’atteggiamento di chi in questi giorni vuole negare ai figli di migranti nati e cresciuti in questo Paese il diritto di essere cittadini. Ci ferisce perché chi nega questo diritto, nega di fatto l’Italia intera.”
Si esprime in questi termini un nutrito gruppo di intellettuali che , in seguito a ciò che è accaduto nell’aula del Senato lo scorso 15 giugno durante la discussione in commissione della riforma della cittadinanza , ha deciso di prendere una posizione chiara e netta a favore dello ius soli, cioè del diritto ad assumere la cittadinanza italiana per chi nasce o vive in territorio italiano fin dall’infanzia. E’ così venuto fuori un appello diffuso sui media tradizionali e soprattutto sui social , che in poco meno di dieci giorni ha raggiunto la cifra di 1458 sostenitori sulla nota piattaforma Change.org.
“L’Italia”, prosegue il testo della petizione, “a partire dagli anni ’70, da Paese di emigrazione è diventata anche Paese di immigrazione. Basta entrare in una qualsiasi aula scolastica per rendersene conto. Nella vita di bambini e ragazzi figli di migranti l’italianità si fonde con le origini dei genitori; e questo non li rende di certo meno italiani. Negare la temperata inclusività che la legge in discussione al Senato propone, è, di fatto, un segno di sfiducia nel nostro Paese. Un Paese vivo e vitale non ha paura di riconoscere come cittadini coloro che per cultura, formazione, relazioni, sono già di fatto italiani.”
Una riflessione, dunque, – quella di chi ha scritto l’appello – che prende le mosse osservando il mondo della scuola e tutte le comunità educative, che rimuovono già oggi nella pratica le differenze che una certa politica ritiene insormontabili. Lo conferma una dei primi firmatari, la scrittrice messinese Nadia Terranova, che abbiamo raggiunto telefonicamente. “ Un primo testo è stato redatto da Igiaba Sciego, Paolo di Paolo e Carola Susani” ci ha raccontato. Parole pacate ma inequivocabili che in pochi giorni hanno raccolto larghi consensi fra scrittori , giornalisti, educatori e operatori impegnati quotidianamente nell’accoglienza e nell’integrazione. Hanno firmato fra gli altri Dacia Maraini, Roberto Saviano, Erri de Luca , Ascanio Celestini, Lidia Ravera , Sandro Portelli, Francesca Fornario…
“ Ci siamo sentiti spinti” spiega ancora Nadia Terranova “ anche dal singolare incrocio di fatti accaduti la settimana scorsa . Mentre al Senato si facevano le barricate contro la riforma della legge sulla cittadinanza, qui a Roma le forze dell’ordine eseguivano un altro sgombero del centro di accoglienza Baobab.” Un centro per certi versi anomalo. Un gruppo di tende sorto in periferia , fuori dai circuiti dell’accoglienza ufficiale e sostenuto da attivisti dei centri sociali e dell’associazionismo di base .
“ Al Baobab” prosegue il racconto di Nadia, “ ci eravamo ritrovati per un progetto di lettura ad alta voce. Avevamo scelto l’Eneide di Virgilio perché, al di la delle implicazioni che ha per il lettore italiano, è un testo che parla di profughi in cerca di futuro e di una fuga da una città in fiamme. Abbiamo portato il testo tradotto in italiano e una versione in inglese e semplicemente abbiamo iniziato a leggere ad alta voce. Fra gli ospiti del Baobab c’erano famiglie intere provenienti dal Kurdistan Siriano, ragazzi del Ghana, del Gambia, della Costa d’Avorio. La storia di Enea ha suscitato curiosità, domande, dialoghi. Come è stato possibile interrompere tutto questo?”
Anche se la vicenda dello Ius Soli e quella dei profughi e richiedenti asilo hanno poco a che fare l’una con l’altra sul piano strettamente giuridico, esiste comunque una relazione forte fra i due piani. “ Una relazione etica e politica “ precisa la scrittrice messinese “ perché il diffondersi di un senso comune razzista si rende visibile sia nei luoghi comuni contro l’accoglienza quanto nei pregiudizi e nelle difficoltà burocratiche in cui incappa la vita di ragazze e ragazzi che sono culturalmente italiani.”
Il disegno di legge in discussione in Parlamento dal 2015 riguarda infatti solo i nati in territorio italiano da genitori stranieri di cui almeno uno sia titolare di permesso di soggiorno di lungo periodo o diritto di soggiorno permanente e anche i bambini entrati in Italia entro il dodicesimo anno di età che abbiano portato a buon fine un ciclo di istruzione nelle scuole del paese. Nulla che abbia direttamente a che fare con i richiedenti asilo, che però avrebbero tutto da guadagnare se il paese che li ospita mostrasse chiaramente di avere volontà di includere e garantire dignità a tutte e tutti senza instaurare arbitrarie gerarchie fra esseri umani.