Spesso ricorrere ai paradossi serve a decifrare realtà che altrimenti sfuggirebbero alle analisi di cronisti, osservatori ed “addetti ai lavori” che di volta in volta raccontano gli eventi, specie quando si tratta di manifestazioni come quelle di venerdì scorso a Niscemi.
Dino Sturiale è un affermato e stimato giornalista e fotoreporter messinese, che insieme ad alcuni colleghi ed una nutrita schiera di manifestanti, provenienti dalla città dello Stretto, ha seguito la grossa manifestazione No MUOS svoltasi nel centro nisseno.
Lì, dentro quella Riserva naturale protetta, dove la Marina Militare americana ha desertificato 166 ettari di sughereta per realizzarvi imponenti marchingegni per la radiotrasmissione satellitare, era prevedibile che ad un certo punto i temi di una dura e legittima protesta sarebbero sfociati in momenti di tensione con le forze dell’ordine.
Ed i fatti avvenuti, ripresi e documentati da Sturiale, hanno indotto quest’ultimo alla sua analisi.
La sughereta di Niscemi è un’area di pregio, protetta e vincolata da leggi regionali che non ammettono deroghe. Nella parte rimasta incolume si sviluppano percorsi naturalistici e didattici, in mezzo a querce centenarie e macchia mediterranea di rara bellezza.
Tra l’altro, la produzione di sughero, si sa, offre lavoro e reddito, senza intaccare minimamente l’aspetto ambientale.
Lungo uno di quei percorsi si è articolato il corteo di protesta che ha avuto come terminale proprio la base USA, precisamente davanti al cancello 4, massicciamente (ma solo quello) presidiato dalla Polizia in assetto antisommossa, che porta al cantiere delle costruende parabole del MUOS.
Dino Sturiale è di quelli che sa fare benissimo il suo lavoro, sapendosi piazzare al posto giusto al momento giusto, affrontando anche i rischi che il mestiere gli riserva.
Il “faccia a faccia”, da lì a poco trasformatosi in un “corpo a corpo” tra la testa del corteo ed i poliziotti avviene sotto il suo attento obiettivo. Lo scontro, a dire il vero senza eccessi da entrambe le parti – contrariamente a quanto riportato da certa stampa – non è proprio di quelli che passa alla storia. Tuttavia qualche chiara e lampante manganellata “senza sconti” non manca, e Sturiale è lì, pronto ad immortalare il braccio del poliziotto che scarica il suo arnese sulla testa di un manifestante.
Ed ecco, a questo punto, che la scena penetra tanto nello schermo della fotocamera del reporter, quanto nella sua mente, dove trovano collocazione delle informazioni, le quali, messe insieme da un attento sillogismo, sono da incidere sul granito.
Aggiungiamo, come premessa, che la relazione tra tutto ciò lancia l’ennesimo dubbio sulla questione di legittimità, anche in materia di ordine pubblico, nei rapporti tra la nostra sovranità nazionale e “l’occupante” straniero.
Questa la riflessione di Dino Sturiale, che lo stesso ha lanciato su Facebook.
“Venerdì ho partecipato alla marcia No Muos a Niscemi. Lì ho visto una montagna spogliata da alberi secolari che garantivano l’economia di migliaia di famiglie, al loro posto strane antenne e tutto attorno un recinto con dei cartelli che ci informavano che là dentro era proprietà della Marina AMERICANA. Quindi, americani padroni di quella porzione di Sicilia, terra però rivendicata dai manifestanti. E fin qui tutto nell’”ordinario”. Quello che non ho capito è perché a difendere la proprietà degli AMERICANI c’erano militari ITALIANI, pagati con i soldi degli italiani. Ma ecco il paradosso: la polizia manganella gli italiani per difendere una proprietà AMERICANA. Quindi, ricapitolando, noi paghiamo le tasse per essere manganellati.”
Fin qui l’interessante sillogismo del fotoreporter. E adesso ecco la scena immaginata dallo stesso che riporta, con ironia tinta d’amarezza, il dialogo tra il manifestante, “contribuente” italiano, che difende la propria terra e paga lo stipendio al “suo” poliziotto, ed il ritorno in termini di costo del “servizio” che quest’ultimo gli riserva.
Domanda: “Scusi, mi dà 20 euro di manganellate?” – Risposta: “Sono 25, che faccio lascio…?”
Adesso, al di là dello spirito con cui si interpreta l’accaduto, è ovvio che fatti del genere suscitino indignazione. Ma se non si fa bene attenzione, la riflessione del fotoreporter messinese, lì per lì, può sembrare limitata ad un luogo e ad una circostanza, quando, invece, non è affatto così. La stessa, piuttosto, è come una nota musicale stonata che apre una brutta partitura che tutti conoscono, e che in rapporto alla sua importanza solo in pochissimi ne denunciano i difetti.
Occorre, a distanza di ben 70 anni dallo sbarco degli Alleati in Sicilia, porre come centrale la questione della sovranità nazionale con le prerogative che la contraddistinguono.
Negli ultimi decenni non sono certo mancate al nostro Paese le occasioni per riflettere e rivedere gli accordi di alleanza con la potenza d’oltreoceano, oggetto di un continuo proliferare di basi, aeroporti, caserme, stazioni radio etc., con relativi pericoli e danni per la popolazione.
Adesso, con l’Italia sempre più assoggettata al volere della superpotenza americana, insorge la scottante questione MUOS. E per la difesa di quell’area? Non c’è problema: Italia e USA amici più di prima. Tanto gli americani non c’entrano nulla. E’ solo una questione nostrana, una sorta di commedia all’italiana che potremmo intitolare “Il contribuente e il poliziotto”: io ti pago lo stipendio affinché tu difenda me e la nostra terra; tu, invece, difendi gli americani che quella terra l’hanno occupata e distrutta, e mi gratifichi, a buon prezzo, a suon di manganello.