Il sogno archeologico di Santi Furnari

Tripi secondo la tradizione sarebbe stata fondata intorno al 1100 a.C. ed a questo periodo si daterebbero alcune grotte, che potrebbero aver avuto funzione funeraria, scavate nelle colline circostanti la Contrada Piano.  

Domina il borgo il castello, posto sul punto più alto (610 m.) di un cono montuoso, edificio che  rappresenta l’origine di Abakainon, essendo sorto, probabilmente, sui resti dell’acropoli della città siculo-greca,  ma avendo anche rappresentato, simbolicamente,  il suo ingresso e la sua continuità di vita nel Medioevo, visto che il geografo Idrisi nel 1154 fa riferimento a questa fortezza medievale.

L’abitato della città greca doveva estendersi nell’attuale zona di Casale o Contrada Piano, difesa naturalmente dalle due fiumare Novara ad est e Tellarita ad ovest; ad avvalorare questa ipotesi il ritrovamento di una villa con tracce di frequentazione fino all’epoca romana,  nonché  l’agorà, alcune colonne ed una strada lastricata.

La storia degli scavi comincia in realtà per Tripi piuttosto precocemente infatti intorno al 1558 lo storico siciliano Tommaso  Fazello nel descrivere questi luoghi fa riferimento ai resti di una grande città sotto la zona del Castello;  poi negli anni ’50 e ’60 seguono i fondamentali scavi, diretti prima da Francois Villard e poi da Madaleine Chavalier, per impulso del sindaco  di allora Santi Furnari, e volti ad acquisire dati  sullo sviluppo della città  in età antica.

Gli eredi del Furnari hanno permesso  di coronare il  “sogno archeologico” del loro predecessore donando gratuitamente, nel 2005, il loro palazzo al Comune con l’impegno di farne un Museo Archeologico.  Si tratta di un luogo che custodisce e valorizza una selezione dei reperti più interessanti ed esteticamente rilevanti venuti alla luce durante l’ultima tranche di indagini archeologiche (1994-2004)volute fortemente dal sindaco Giuseppe Aveni; condotti sotto la direzione scientifica della dott.ssa Giovanna Maria Bacci, che hanno  restituito un’ampia porzione della necropoli ellenistico- romana di Contrada Cardusa.  Il  Museo archeologico Santi Furnari,  inaugurato il 22 Gennaio 2012, è posto nella centrale via Francesco Todaro; è toccato all’architetto Antonio Galeano pensare ad un luogo didattico ma anche di forte suggestione visiva; a questo proposito un sapiente restauro conservativo ha mantenuto  le caratteristiche storico-artistiche del contenitore risalente al XIX sec; senza però rinunciare ad un Museo multimediale interattivo modello Frontnet.

Questo sistema permette  in modo semplice, al visitatore, di selezionare i pezzi che suscitano maggiormente la sua curiosità grazie a dei pulsanti che permettono di illuminare ed avere informazioni su ogni singolo reperto; l’edificio può contare inoltre, al secondo piano, su una  sala conferenza multimediale.

Tra i reperti conservati nelle vetrine meritano particolare attenzione: gli unguentari,  la parure degli ori e la corona aurea a foglie di mirto, un lebes gamikos di grandi dimensioni,vasellame di pregio a vernice rossa a vernice nera con decorazione a bande ed uno specchio in bronzo.  La necropoli, frequentata tra IV e II sec. a.C., oltre a rappresentare di fatto uno degli esempi più antichi e meglio conservati della Sicilia,  mostra una serie, tipologicamente ben differenziata, di tombe “monumentali” o ad  epitymbion derivate da modelli alessandrini.   La nercropoli consta di circa 158 tombe, alcune in semplice fossa terragna con o senza protezione, ma la maggior parte sormontate da una struttura architettonica che il più delle volte era coronata da una stele con il nome del defunto o la sua appartenenza ad un genos; la pratica funeraria  più attestata è quella della cremazione, anche se in percentuale minore è presente anche quella ad inumazione.

I resti di un grane crollo contenente colonne, trabeazioni ed altri elementi architettonici che dovevano costituire il coronamento monumentale piuttosto complesso di una tomba o gruppo di tombe, in futuro potrebbe tornare più leggibile  attraverso una delicata opera di anastilosi in via di progettazione.

Questa necropoli è il riflesso di una città di una certa importanza che si estendeva su un territorio piuttosto vasto confinane con Messina e Milazzo e si apriva inoltre sul versante etneo. Le singolari monete coniate dalla zecca di Abakainon, tra V e III sec. a. C., e che oggi arricchiscono diverse collezioni, presentano il simbolo del cinghiale, emblema per eccellenza della caccia e richiamo all’ambiente boschivo in cui si sviluppa la città, mentre la scrofa legata all’idea della fecondità.    

Abakenon tentò di mantenere salda la sua autonomia, rivaleggiando con Siracusa e parteggiando spesso per i Cartaginesi. A testimonianza di queste turbolenze, nel 396 a. C. il tiranno di Siracusa Dionigi  fondò nel suo territorio una città nella quale ospitare un contingente di mercenari, Tyndaris; in età augustea la città, persa ogni centralità,  divenne probabilmente un semplice vicus della stessa Tyndaris.

Ricordata in un documento del 1134, con il toponimo di Tripolis o Scabatribolis, forse in riferimento alle tre zone in cui doveva, in età bizantina, svilupparsi l’insediamento Piano, Casale, Tripi; nel sec. XIV, sotto il regno di Pietro d’Aragona, fu concessa all’ammiraglio Pietro di Lauria, al quale seguirono una serie ininterrotta di diverse proprietà baronali. 

Tripi, che dista da Messina 70 km, è una tappa consigliata per chi vuole coniugare archeologia, paesaggi grandiosi, escursioni naturalistiche, buona tavola; non ultimo il turismo balneare, essendo collocata a pochi chilometri dalla costa Tirrenica vicino all’incantevole  golfo di Tindari con la Riserva naturale orientata laghetti di Marinello.

Giuseppe Finocchio