Il fango ha sporcato la Sicilia e la coscienza dei Siciliani. Questo è un viaggio a ritroso che si ferma a quel 22 novembre del 2011. Un anno fa. Le sensazioni a distanza di questo brevissimo lasso di tempo sono di amarezza e di sconfitta, ma anche di rabbia profonda verso quelle istituzioni assenti e incapaci che hanno lasciato i propri concittadini soli. Siamo tornati a Scarcelli nel comune di Saponara e a Sant’Andrea nel comune di Rometta. Il viaggio comincia quando il sole sta per tramontare, ma da queste parti si percepisce che anche la speranza è tramontata. Le persone si sentono doppiamente sconfitte. Qualcuno non vuole rievocare quei momenti tragici ma poi si abbandona a un momento di sfogo: “ Ringraziamo Dio che possiamo raccontarlo”. La stessa persona ci racconta però un altro particolare dell’alluvione: “Mio padre da quel giorno non è più lo stesso. Ha 84 anni. Quel giorno, l’acqua e il fango lo hanno ricoperto fino all’avambraccio. È salvo per miracolo, ma la sua testa è assente. Il trauma è stato troppo forte”. La nostra attenzione è poi rivolta a Francesco Ruggeri. Entriamo nel suo negozio. Francesco è il barbiere di Scarcelli. Quel tragico giorno ha avuto la grande forza di volontà di mettere in salvo tre anziani clienti. Il suo vecchio negozio è diventato un cumulo di macerie, fango e detriti. Ora a distanza di un anno qualcosa è cambiato. Il barbiere di Scarcelli ha un nuovo locale ma qualche accessorio ricorda il vecchio che non c’è più. Il sorriso con cui ci accoglie però è sempre lo stesso.
Cosa ti ricordi di quel giorno?
Alle 16.30 il tempo comincia a peggiore. L’acqua diventa sempre più battente. Quel giorno ho fatto qualche servizio a domicilio e sono tornato al negozio per le 17.30. Mentre ero nel negozio ho fatto tre barbe. I signori che ho messo al sicuro avevano problemi per tornare a casa, così li ho messi al riparo. Le strade erano già invase dall’acqua e fango. Uno è riuscito a entrare in casa. L’altro,- impossibilitato ad accedere all’interno della sua abitazione- l’ho accompagnato a casa del fratello. Subito dopo sono tornato nel mio negozio. Volevo togliere l’acqua. Fino a quando non mi sono chiuso in macchina. Avevo capito che quello era l’unico modo per scappare dalla furia violenta dell’acqua.
Il tuo negozio è diventato un cumulo di macerie. Cosa hai recuperato e cosa hai perso?
Ho recuperato solo qualche attrezzo di lavoro: sterilizzatore, phone, forbici. Per il resto ho perso tutto. Purtroppo dopo quel tragico giorno sono dovuto rimanere sei mesi chiuso. E dettato dalle pressanti esigenze economiche e familiari ho dovuto portare il mio servizio all’interno delle case, fornendo il servizio a domicilio. Ho perso alcuni clienti, perché ovviamente non avendo più il negozio, si sono rivolti altrove. In sei mesi, purtroppo ho vissuto di stenti. Ora sono indietro, per colpa dell’alluvione. Ho dovuto affrontare le spese del locale lottando contro la crisi economica. Per la perdita dell’attività economica ci dovevano stanziare mille euro al mese. Ma dove? Ora ho perso sia i clienti che il rimborso. Oggi, a distanza di un anno non lottiamo più contro l’acqua ma con delle istituzioni assenti.
Il barbiere di Scarcelli ha un figlio di pochi mesi. L’unico compito che vuole assolvere è quello di marito e genitore. La domanda che ci poniamo e che giriamo anche ai nostri lettori è questa: Può un paesino e una famiglia essere colpita doppiamente?
Claudia Benassai