Non rimane che il nuovo tappeto di rappresentanza del Comune di Messina per poter parlare di politica cittadina. Dopo il divieto e i timori di conflitto d’interesse paventati da più parti e pur promettendo di fare il buono e di non parlar male di alcuno mi è stato concesso di parlare solo del nuovo tappeto dell’amministrazione comunale. Pertanto, mi è vietato qualsiasi accenno alle Celebrazioni del 60° anniversario della celebre conferenza del 1955, ai personaggi che vi hanno partecipato, al gemellaggio con la Palestina e all’intervento dell’Ambasciatrice Palestinese che ha costretto Israele a richiamare il console Generale dello stretto per consultazioni.
Mi è vietato scrivere di Casini e di come nello “sbeffeggiare” il Sindaco con il riferimento a sue presunte allocazioni sugli alberi abbia nello stesso tempo sbeffeggiato l’intera città di Messina che da quell’eremita degli alberi, Renato Accorinti, è rappresentata. E poi, del resto, se nessuno ha avuto la sensibilità di sentirsi offeso tanto da scriverne può anche essere che ad essere troppo sensibile alle figure istituzionali che rappresentano la Città sia solo io. Ed allora non conta.
Non posso dire niente sull’affaire Gaetano Martino e il mancato invito alle celebrazioni di parenti, cugini e nuore, il figlio Antonio pur invitato era già impegnato. Tutti offesi ed indignati per delle celebrazioni snobbate e di cui ci si permette di dire che solo la presenza del Presidente del Senato Pietro Grasso, all’ultimo giorno, le ha nobilitate. Ma basta riflettere un attimo e si può concludere senza tema di smentita con un: “ma chi è tutta questa gente?” Dei Martino la città conosce solo la recente Statua in memoria dell’illustre Gaetano, per il resto i discendenti, Ministro o Presidente della Regione che siano, in Città non si sono mai visti. Ma non sono i soli ed altri nomi si potrebbero fare di Messinesi che “scesi” in politica si sono scordati dei loro natali e della loro Città. Un nome tra tutti, l’On. Rocco Crimi.
Ma anche quelli che la Città l’hanno frequentata non è che possono vantarsi molto e pur lasciando fuori il Senatore Francantonio Genovese che ha altro per la testa, le due parole che avrei voluto dire sull’On. D’Alia mi sono state assolutamente vietate. Ma se avessi potuto dire la mia sulla recente dichiarazione a favore delle glorie di una vecchia amministrazione quale fu quella di Leonardi, sottolinierei il patto di ferro con l’On Genovese.
E mentre la carriera di entrambi si avviava sempre verso più alte mete. Onorevole, Senatore, Ministro la funzione di garanzia di quell’antico patto portò a oltre dieci anni di una palude politica così informe e immobilizzata che era possibile permettersi il lusso di scambiarsi le poltrone politiche cittadine con un semplice click. La Provincia a me, il Comune a te e viceversa, come plasticamente può attestare la carriera professionale del dott. Raffa, l’allora capo di Gabinetto di Leonardi, che è riuscito a passare dal Comune alla Provincia ed ancora al Comune, sia pure in ruoli ed impieghi diversi, perdendosene completamente le tracce solo con l’avvento dell’era Accorinti. Quando si dice l’attaccamento alla causa politica.
Ed ancor nota di rilievo è la fine del pacifismo d’Accorinti e della sua Giunta. Ma anche questo non lo posso dire. Non mi rimane che riportare direttamente le dichiarazioni dei protagonisti. Renato Accorti: “Una serie di avvenimenti connessi con le problematiche della città…richiedono…adeguati interventi di Comunicazione “diretta e veritiera” poiché, è evidente (che) altre forze sono impegnate nello svolgere azioni di contrasto e di distruzione…del bene comune”. Per molto meno il Consiglio dell’Ordine dei Giornalisti di Sicilia intervenne a difesa della categoria. Oggi, che il Sindico della città parla in modo chiaro della necessità di una comunicazione “diretta e veritiera”, lasciando intendere che le notizie che vengono fornite ai cittadini non siano vere, sono indirette e addirittura false, tutto tace. Ma io di questo non devo parlare.
E cosa dire del Vicesindaco Guido Signorino che smesso l’aplomb che l’ha sempre contraddistinto, scende al livello di chiacchere da bar e si mette questionare con il vecchio assessore al bilancio Luigi Beninati? Dal tavolino del medesimo bar, tutto LabDem risponde per le rime. Sembra quasi una partita di “Padrone e Sotto”, solo che il nuovo birrificio Messina ancora deve aprire.
Neanche l’Assessore Daniele Ialacqua tace più e con una nota di fuoco attacca tutti. Dai vecchi compagni di cordata ai nuovi antagonisti. Tutti rei di aver disertato i giorni della Celebrazione e colpevoli di essere gli autori della contro manifestazione di protesta che ha trasformato Palazzo Zanca in un fortino da difendere dalle…diverse idee?
“Non c’erano i cosiddetti “politici”, comunica a mezzo FB l’Assessore, che farebbero, anzi fanno, carte false pur di avere due righe sulla stampa locale, ma si guardano bene dal partecipare a convegni nei quali rischierebbero di imparare qualcosa; non un rappresentante dei partiti “forti”, troppo indaffarati nel giochino “sfiducia si, sfiducia no”; non c’erano quelli che si sono politicamente resettati da tempo e da soli; mancavano i commentatori che si commuovono per l’erbetta che “prende fuoco” negli spartitraffici, quelli che lanciano strali nel vedere rami non potati ed aiuole incolte (bei tempi quelli degli affidamenti alle cooperative); mancavano i famosi “notisti” che nascondono malamente dietro la presunta ironia le proprie posizioni politiche; dov’erano i “compagni” esperti in logori slogan, o quelli che chiedono le dimissioni per avere almeno un po’ di attenzione sui media locali…ma del resto tutta questa gente perché ci doveva essere? Si parlava solo di mutamenti climatici, di territorio, di acqua pubblica e, pensate, pure di Palestina, di Mediterraneo, di nuova Europa. Troppo impegnativo, meglio rituffarsi e sguazzare nella palude cittadina! “
E allo stesso modo il nuovo tappeto rosso. Srotolato per l’arrivo di Casini il primo giorno e poi serrato e arrotolato per gli altri due giorni di celebrazione. Delle due l’una o il personale si è seccato di montare e smontare il tappeto due volte oppure gli organizzatori hanno voluto anche visivamente mantenere le distanze dai cittadini e dai lavoratori.
I nastri di delimitazione e segnalazione posizionati a protezione del tappeto arrotolato propendono per la seconda ipotesi. La giustificazione più sentita è quella che spiega tutto l’operato con l’esigenza di non sporcare il tappeto e questo anche a discapito dei cittadini e frequentatori degli uffici comunali costretti a scendere le scale di Palzzo Zanca rasente i muri e i poggiamani per l’occupazione degli scalini da parte di un tappeto non “camminabile”. In ogni caso una contraddizione in termini anche perché i tappeti, anche quelli di rappresentanza, sono fatti per camminarci sopra. Mi sovviene a tal proposito la famosa commedia di Enrico Brignano “Non sia mai viene qualcuno” dove la madre del protagonista impediva l’uso del salone perché non si potesse sporcare nell’infinita attesa del fantomatico “qualcuno”.
Il ridicolo si è raggiunto il terzo giorno dove la protesta dei dipendenti comunali, stanchi di fare tre scalini a scendere e tre scalini a salire per non calpestare non più di un metro di tappeto rosso, ha costretto gli organizzatori a mettere un altro tappeto, questa volta verde, sopra quello rosso per salvaguardarne la “purezza” e l’immacolata inamovibile postura. Diciamola tutta questo tappeto rosso è stata una vera e propria discriminazione. Un tappeto comprato con i soldi dei cittadini e sul quale c’è potuto camminare sopra solo la vecchiapolitica ?
Anzi, solo le Autorità del passato. Un vero attacco al famoso pensiero Accorintiano “siamo tutti uguali” e tutti dobbiamo fare il bene della città, una pugnalata al cambiamento dal basso, una deriva dell’ortodossia accorintiana che era uscita dal programma elettorale. Per fare trionfare la giustizia non c’è rimasto che chiamare in aiuto Nina Lo Presti, la fustigatrice dell’inciucio del Consiglio Comunale, leggasi UDC e FI, con la Giunta Accorinti, l’eroina delle fasce più deboli e meno ascoltate. Metterla di fronte alla discriminazione, sollecitare il suo senso d’Autorità di Consigliera Comunale di Messina e almeno la parità sul tappeto rosso precluso è stata raggiunta.
PG