Il terremoto diverso del Nepal.

“Una notte di paura passata tra le scosse d’assestamento, senza sapere se fossi mai più potuta tornare a casa e con l’idea fissa che se proprio avessi dovuto morire per un terremoto avrei preferito morire per un terremoto della mia terra”.

A parlare è la messinese Maria Billè che il 24/25 Aprile si trovava in Nepal per un viaggio turistico, la sua storia è una di quelle come tante che in questi giorni circolano sui notiziari e sui giornali. Il Nepal, una nazione che per noi occidentali è sempre stata ammantata da un misticismo e un mistero che si perde nella notte dei tempi, e un terremoto di magnitudo 7.9, una forza devastante di cui noi occidentali del sud, Reggini e Messinesi, oggi non abbiamo più memoria ma che conosciamo lo stesso da sempre e fin dalla notte dei tempi.

“ La gravità del terremoto l’abbiamo percepita dai fumi che si vedevano in lontananza e tutto intorno a noi, dai crolli delle piccole case di mattone che vedevamo lungo la strada che ci portava all’aeroporto e dalla mancanza dei morti che erano ancora tutti sotto le macerie”.

Maria Bille è una donna minuta, decisa nel parlare e convinta di doverlo fare per aiutare con la sua testimonianza quelle popolazioni che oggi si trovano ad affrontare la tragedia del dopo terremoto, tra il freddo di notti buie e lunghe sulle cime più alte del mondo e la mancanza sempre più grave anche dei generi di prima necessità. Quello che rifiuta di fare Marie è invece accettare l’invito del giornalista della RAI che richiede la sua partecipazione alla “Vita in diretta”.

“Siamo stati fortunati, continua, l’aereo che ci ha riportato a casa è riuscito a partire alle 11:00 di mattina a poche ore dal sisma, avevamo i biglietti già pronti e per questo siamo riusciti a partire. Dopo di noi l’Aeroporto, pieno di gente che voleva ternare a casa è stato chiuso. Una considerazione che ho fatto in quel momento era riferita alla torre di controllo e alla fortuna che non fosse crollata con il terremoto, in caso contrario non saremmo più potuti partire.”

Si nota che è ancora scossa e in alcuni momenti gli occhi le si inumidiscono ma il suo pensiero corre all’autista e alla guida che pur avendo saputo che le loro case erano crollate e senza notizia alcuna dei familiari e dei parenti, non li hanno abbondanti. “Le nostre cose erano rimaste in albergo, rimasto in piedi solo perché era una nuova costruzione mentre l’altro dove eravamo stati prima è crollato. E’ stata la guida , mentre noi bivaccavamo al freddo nello spazio adibito ai pullman durante le scosse d’assestamento, a raccogliere le nostre cose mettendole alla rinfusa in sacchi comuni. Non ci hanno abbandonato mai durante tutta la nottata e sino a quando l’aereo non è partito.”

Un’ultima cosa richiede Maria, che si diffonda non la sua storia ma gli estremi dell’associazione “Comunità Nepalese in Italia”, dove chi vuole può fare qualche donazione a favore di quelle “poveri genti” come si direbbe dalle nostte parti.

“HANUMAN ONLUS” IBAN IT89B0 2008 11725 000103717364.

Pietro Giunta