Il Tindari Festival comincia con un abbraccio

“C’è un posto nel mondo dove il cuore batte forte,

dove rimani senza fiato ..

per quanta emozione provi..

Dove il tempo si ferma e non hai più l’età..

quel posto è tra le tue braccia

in cui non invecchia il cuore,

mentre la mente non smette mai di sognare …

Da lì fuggir non potrò poiché la fantasia d’incanto risente il

nostro calore e no …

non permetterò mai ch’io possa rinunciare

a chi d’amor mi sa far volare…”

 

Poco dopo l’inizio dello spettacolo i ballerini si fermano,la musica si abbassa e il teatro greco di Tindari si riempie delle parole di Alda Merini per spiegare ciò che rappresenta un abbraccio.

Si presenta così la compagnia “Palermo in danza” che si è esibita al teatro greco di Tindari per il 58° Tindari Festival portando sulla scena il progetto-spettacolo “ Abraço” (abbraccio ) ,curato da sei coreografi di fama internazionale e la partecipazione di ballerini provenienti da ogni dove. Le audizioni dei ballerini siciliani sono state fatte a marzo e le prove cominciate ad aprile per offrire al pubblico tre date:

 

23 Luglio a Gibellina

25 Luglio al Teatro greco di Tindari

27 Luglio a Palermo

Il filo conduttore della performance è stato l’abbraccio in ogni sua chiave interpretativa,mostrato al pubblico attraverso la danza moderna.

I ballerini si muovevano come dita su un pianoforte, ognuno interpretava una parte ,da solo o in coppia, ma tutti insieme creavano una salda armonia nell’insieme.

La prima parte dello spettacolo si è aperta con l’esibizione della Compagnia a opera del coreografo Enrico Morelli e la presenza sulla scena delle opere lignee del maestro Salvatore Rizzuti, proseguendo con una coreografia di coppia (Giulia Damiano e Fabrizio Matarrese) in “Romeo e Giulietta”.

Michele Merola ha costruito un complesso sistema di movimenti impetuosi alternandoli a lunghe pause che isolavano singoli ballerini o coinvolgevano l’intero gruppo. L’ultima coreografia della prima parte si è chiusa con la presenza del soprano Irmke Von Schlichting accompagnata al piano da Michiko Tashiro sulle note di un tradizionale canto popolare tedesco. L’ opera di Fernando Suels Mendoza è stata un esibizione ricca di significati e di particolari artefici come barchette di carta e sabbia cosparsa su più punti del pavimento utilizzati nell’ espressione della danza.

La seconda parte è stata concepita da Ohad Naharin, Enrico Morelli, Pompea Santoro, con riprese di canti popolari svedesi, musiche frizzanti e gioiose, confronti e sfide degli stessi ballerini a ritmo di tamburi, per finire con un pezzo vibrante reso emozionante da giochi di luce e dai movimenti dei ballerini che abbracciandosi stretti tra loro, man mano scivolavano via come petali che si staccano da un fiore per poter continuare i loro passi frenetici e aggraziati.

La partecipazione non è stata copiosa, una sessantina di persone hanno applaudito e riconosciuto il lavoro svolto e coordinato da Santina Pellitteri Franco, direzione artistica, che afferma durante i saluti alla fine dello spettacolo “Sono contenta di aver avuto questo spazio perché ci tenevo molto,in quanto questo spettacolo non lo porto dappertutto, o in certe location o niente”; svela anche una piccola parte del lavoro svolto dicendo “l’allestimento di questo spettacolo mi impegna da quasi un anno tra contatti, viaggi e incontri,inoltre le collaborazioni artistiche non sono semplici ”.

Infine lascia anche un commento riguardo alle difficoltà derivate dalla scarsa presenza di pubblico dicendo “Purtroppo credo che l’organizzazione pecchi nella promozione della rassegna” e riguardo ai notevoli problemi di umidità aggiunge “inoltre andrebbe considerato il fatto che quando si ospitano spettacoli di danza in un luogo aperto con problemi di umidità, dovrebbe essere allestito un palcoscenico adeguato per quanto riguarda la pavimentazione. Ho tenuto il fiato sospeso per tutto il tempo!” ; conclude con una frecciatina finale “è stato sicuramente tutto molto impegnativo, ma il risultato ci ha ripagati di ogni fatica, Palermo sarà un successo di pubblico così come lo è stato Gibellina (Orestiadi)“.

Nonostante le piccole difficoltà, erano ben visibili il grande lavoro e la passione di questi giovani ragazzi,che il piccolo pubblico (ma buono) ha saputo apprezzare con entusiasmo.

Meglio un uno scarso numero di interessati che una cospicua massa di indifferenti.