San Berillo, Catania. Ciò che resta dello storico quartiere dopo il tristemente noto ‘sventramento’ degli anni ’50, tenta oggi la risalita dal pozzo in cui anni di abbandono lo hanno costretto. Tra i tanti edifici abbandonati all’usura del tempo, c’è il palazzo De Gaetano, in via delle Finanze. Completamente invaso dalla spazzatura e dalla vegetazione, conserva coraggiosamente la sua solida struttura. Il suo uso è stato concesso dal proprietario, uno dei pochi a non aver ceduto alla speculazione edilizia, per la realizzazione di progetti di recupero e riqualificazione del territorio. Diverrà un centro di documentazione culturale, grazie all’attività dell’associazione ‘Trame di quartiere’. Ad oggi, grazie all’intervento della Caritas di Catania, è stato messo a disposizione dei giovani senzatetto, come riparo momentaneo.
E’ qui che, da 8 anni, vive Vasco, è così che si fa chiamare. La somiglianza con il cantante dalla vita spericolata è incredibile, così come la sua storia. Ci ha accolto nella sua ‘casa’. Sua, perché Vasco non è solo un semplice utente transitorio. E’ lui che si occupa dei ragazzi che vengono momentaneamente ospitati nella struttura. Li accoglie, li conforta, si assicura che non si perdano come i tanti, troppi, della loro età, tra le strade di una città che inghiotte. Tra i muri anneriti e i tetti in bassorilievo che testimoniano la storicità della struttura, Vasco è il papà, l’amico, il fratello di quanti in tanti anni hanno trovato in lui un appiglio e un conforto. “Aiutare gli altri aiuta anche te stesso” ci rivela Vasco, mentre è intento a mostrarci gli interni con un orgoglio che stupisce e commuove. Ci mostra il materasso che, a terra, in un angolo, accoglie il nuovo arrivato. Ci racconta fiero di come sia riuscito a recuperare lenzuola pulite, una coperta e un comodino per approntare velocemente una sistemazione per chi ha chiesto soccorso.
E’ così che vive Vasco, per gli altri. E il suo intervento non si esaurisce nel breve termine, come lui stesso ci racconta: “In 8 anni qui ho aiutato tanta gente in difficoltà che poi è riuscita a trovare lavoro e a costruirsi una vita equilibrata”. I suoi occhi si illuminano nel menzionare i tanti esempi che hanno arricchito la sua vita negli ultimi anni. Per Vasco è una vera vocazione, un modo per riscattarsi grazie al riscatto altrui. Non è solo in questa impresa. Sono tante le associazioni, Caritas in testa, che danno quotidianamente il proprio supporto. Dalle piccole donazioni ai più importanti interventi, le iniziative sono tante: “La questura e i carabinieri ci aiutano perché sanno che qui vengono i ragazzi che non hanno precedenti penali e che hanno solo bisogno di un rifugio – continua Vasco – Le comunità di Chiesa ci aiutano portando da mangiare. E ancora il Centro Astalli per l’assistenza agli immigrati è un validissimo sostegno, così come gli stessi cittadini. Noi non chiediamo molto, solo un po’ di supporto per aiutare chi è disperato e ha voglia di ricominciare”. Nessuna richiesta di denaro, nessuna pretesa se non quella di non essere lasciati soli, di non essere abbandonati. Come dice Vasco, qui non si parla di volontariato, ma di VOLONTA’. La volontà di ricominciare, la volontà di riscattarsi, la volontà di essere Uomini. E il riscatto di Vasco sta in questo, rinasce ogni volta che uno dei suoi ragazzi trova un lavoro, o una casa. Per questi ragazzi, per questi bambini che hanno conosciuto troppo presto l’abbandono, questo edificio trascurato è una speranza. Il tetto che li può proteggere. Per loro, questa struttura fatiscente, parzialmente immersa nell’immondizia, è la casa, seppur momentanea, dove poter trovare conforto, e perché no, una famiglia. “Quando qualcuno compie gli anni prepariamo una torta e compriamo una bottiglia di spumante. So che non è molto, ma per loro significa tanto” ci racconta Vasco, sottolineando come, per chi non possiede nulla, il poco sia davvero tanto. Chiacchierando con lui veniamo investiti da decine di aneddoti che rendono il clima ancora più familiare. Ci mostra la macchia di caffè sul tetto, ultima traccia della catastrofica esplosione di una caffettiera. Il fornetto a microonde, massimo esempio di tecnologia in una cucina in cui manca l’acqua corrente. I bidoni che quotidianamente i ragazzi si impegnano a riempire per poter cucinare e lavare i piatti, “tutti insieme, come una famiglia”, continua. Entriamo poi nella sua stanza, e conosciamo i suoi gatti: “anche loro vengono dalla strada, quindi meritano di stare qui!” Quasi imbarazzato ci dice: “purtroppo la mia stanza è la migliore”, dimostrando un certo senso di colpa e cercando di giustificare il perché il suo alloggio sia il più bello. Quella stanza piena di scatoloni, con i letti sgangherati e i materassi bucati, è la migliore, e quasi teme di essere giudicato come un egoista. Sulle pareti e sulle finestre, centinaia di foto di Vasco Rossi, “quello vero!” Copertine di album, pagine di giornale, tante scritte. Tra tutte, la più grande, recita: “QUI NON ARRIVANO GLI ANGELI”.
Per una volta, il cantante dal fegato spappolato si è sbagliato. A SAN BERILLO UN ANGELO C’E’. SI FA CHIAMARE VASCO.
GS Trischitta