Un migliaio di nuovi insediamenti israeliani previsti oltre la “Green Line” nel distretto di Gerusalemme Est, territorio annesso da Israele dopo la Guerra dei Sei giorni del 1967. Il Ministero dell’Interno israeliano ha formalizzato l’avvio della costruzione di 1100 nuovi edifici sulla collina di Gilo, un sobborgo di 40.000 abitanti considerato illegale dalla giustizia internazionale. Il Primo Ministro Netanyahu ha dichiarato che non intende arrestare la costruzione di nuovi insediamenti colonici nella West Bank. “Condizione fondamentale” per poter riprendere i negoziati di pace secondo il Presidente Abu Mazen.
La notizia delle approvazioni, riportata da Nir Hasson sul quotidiano Haaretz, è contenuta nel “Jerusalem District Planning Committee”, il piano edilizio approvato personalmente dal Primo Ministro. I finanziamenti provengono dal Fondo Nazionale Ebraico, mentre il progetto di costruzione dovrà superare le obiezioni delle opposizioni durante 60 giorni di verifica. A quel punto potranno partire i cantieri, con la realizzazione di case, infrastrutture e persino di un centro commerciale.
Il Premier israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato oggi al Jerusalem Post che non intende arrestare la costruzione di nuove colonie: “Lo abbiamo già fatto”, ha detto Netanyahu, riferendosi ai mesi di sospensione imposti dalla comunità internazionale, un periodo terminato esattamente un anno fa, “e non intendiamo tornare al tavolo della pace proponendo ai palestinesi il congelamento delle attività edilizie coloniali”. Un arresto che è invece la condizione fondamentale per i palestinesi per poter riprendere qualsiasi negoziato, secondo quanto affermato dal Presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, Abu Mazen.
Quello che è certo è che la decisione unilaterale presa da Israele può rivelarsi un scoglio difficile da aggirare. Soprattutto per gli Stati Uniti, che si sono impegnati personalmente a riportare israeliani e palestinesi al tavolo dei negoziati.
“Il conflitto israelo-palestinese non si risolve con una scorciatoia”, aveva affermato il Presidente USA Barack Obama all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite lo scorso 21 settembre; “la pace in Medio Oriente si ottiene con i negoziati”. Ma la querelle non è nuova. Già nel 2009 infatti, Obama aveva dichiarato che la costruzione di nuove case proprio nel sobborgo di Gilo sarebbe stato un grosso ostacolo alla trattativa di pace nella regione contesa.
La decisione del Governo israeliano è tanto più potenzialmente esplosiva in quanto la Dichiarazione d’Indipendenza della Palestina (proclamata dall’OLP nel 1988 e confermata da due leggi – nel 2000 e nel 2002 – promulgate dall’Autorità Nazionale Palestinese) prevede proprio Gerusalemme Est come capitale dello Stato palestinese.
Ammontano a circa mezzo milione i coloni israeliani insediatisi illegittimamente – secondo la giustizia internazionale – in Cisgiordania e nei territori di Gerusalemme Est. Mezzo milione di persone che pesano sul processo di pace in Medio Oriente più delle parole di Abu Mazen all’Assemblea Generale dell’ONU.
Restiamo umani.