È andata in onda il 7 e l’8 febbraio, in due puntate, sfidando due mostri sacri della televisione d’oggi come Amici di Maria de Filippi e il Grande Fratello, punti forti della programmazione di Canale 5, ed è stato un successo. Stiamo parlando della fiction “C’era una volta la città dei matti”, che ha portato sul piccolo schermo la vita di un personaggio importante della storia dell’Italia recente e che molti hanno dimenticato: Franco Basaglia. Girato da Marco Turco e prodotto dalla “Ciao Ragazzi” di Claudia Mori, la miniserie si era prefissa il compito di far conoscere al grande pubblico il grande lavoro svolto da Franco Basaglia negli anni ’70 come si può evincere dalle parole di Vitaliano Trevisan, uno dei tanti pezzi pregiati che spiccano nel cast della fiction: “E’ una figura dimenticata che invece ha una grande importanza. Nessuno si ricorda la situazione del malato mentale prima di Basaglia, i manicomi erano pieni di gente che semplicemente aveva dei problemi, non certo di pazzi” (fonte: http://ilgiornaledelfriuli.net/2010/02/09/ascolti-record-per-la-citta-dei-matti-fiction-dedicata-a-franco-basaglia/).
La serie ha avuto un enorme successo, raggiungendo uno share del 21% con entrambe le puntate, superando Amici e “lottando” alla pari con il Gf. Ma “sinceramente lo share non mi interessa” continua Trevisan, “sicuramente era un film per la televisione di buona qualità”. Ma chi era Franco Basaglia e perché la sua vita è stata così importante per gli italiani, la loro vita e la loro cultura? Se a molti il nome risulterà sconosciuto, i frutti del suo lavoro lo saranno un po’ meno. Lo psichiatra veneziano, infatti, durante tutti gli anni ’70, ha rivoluzionato il campo della psichiatria e, soprattutto, dell’assistenza ai malati con problemi psichiatrici, riuscendo a far introdurre nel 1978 la legge 180 con cui lo Stato ha regolato l’assistenza psichiatrica, almeno sulla carta. Questa legge prevedeva la chiusura dei manicomi e la creazione di una rete di assistenza per le famiglie. Una rivoluzione che ha permesso di guardare alla “pazzia” in modo diverso, ponendo l’accento sul problema del manicomio che, in quegli anni, era una vera e propria prigione in cui venivano rinchiusi coloro i quali venivano visti come diversi, senza affrontare il problema o cercare una cura psichiatrica. Rinchiuderli serviva a tenerli lontani da una società che non era in grado di accoglierli adeguatamente e inserirli in una realtà dura da affrontare.
Franco Basaglia, con il suo duro lavoro fin dal 1971, quando divenne direttore del centro psichiatrico di Trieste, affrontò la situazione con metodi nuovi, riunendo sociologi, giovani medici, volontari e assistenti sociali per studiare la condizione psichica dei pazienti del suo ospedale e giungere a un netto cambio di prospettiva sui metodi di cura per i malati, fino ad arrivare alla legge 180, mai messa in pratica completamente, come ribadisce la produttrice della serie, Claudia Mori: “fu una riforma giusta e civile per un paese civile ma non è mai stata rispettata appieno dal punto di vista pratico se consideriamo tutti i problemi sociali e familiari che ne sono derivati” (fonte: http://magseries.org/2009/02/13/series-preview-una-fiction-sulla-vita-dello-psichiatra-franco-basaglia/).