Ingroia su Genovese, Cuffaro e i loro discendenti.

Si chiama Ida Cuffaro ed è la nipote di Totò Cuffaro, l’ex Presidente della Regione Siciliana che si è fatto 7 anni di carcere per favoreggiamento aggravato. A settembre circolava la voce che si sarebbe candidata alle prossime elezioni regionali nelle liste agrigentine di Forza Italia, essendo sin dal 2016 la coordinatrice regionale di Forza Italia giovani. E’ stata la levata di scudi della società civile che ha consigliato un passo indietro alla famiglia Cuffaro. Ed oggi l’ex Presidente, piuttosto che fare politica si accontenta di fare il testimonial per il nuovo libro di Pietrangelo Buttafuoco “Strabuttanissima Sicilia”. La stessa cosa non ha pensato di fare la famiglia di Francantonio Genovese, il Senatore su cui pende una condanna in primo grado ad 11 anni, che come un novello Erode ha avviato il primogenito, Luigi Genovese, nella palude della politica regionale pur di riuscire a mantenere stretto e all’interno del magico cerchio della propria famiglia il “potere”.

 I Genovese a Messina sono una potenza. A nulla è valsa la condanna in primo grado di tutti e quattro i componenti la famiglia, dal cognato Franco Rinaldi alla moglie di lui e sorella della moglie di Genovese, perché davanti allo spettacolo dato al Palacultura di Messina, colmo e pieno all’inverosimile di genti osannanti il giovane rampollo ed erede della dinastia, la società civile si è arresa.

E’ difficile fare paragoni tra Ida Cuffaro e Luigi Genovese. Un archetipo di questa Sicilia che si ripete nel tempo e che non riconosce più la vergogna, il senso civico, la responsabilità del gesto compiuto. Sentimenti che avrebbero dovuto, davanti alla sfacelo emerso nel processo Corsi D’oro, quantomeno far “tacere” tutti sino al definitivo. In questo senso le parole di Antonino Ingroia, l’ex magistrato del processo Trattativa stato – mafia, acquistano una durezza e una condanna senza appello per questa nostra terra martoriata, e mi sia consentito per questa Messina.

“Purtroppo è la dimostrazione che c’è una parte della Sicilia che non cambia mai . E’ uno specchio della Sicilia e dell’Italia, impunita e svergognata . Impunita perché non risponde mai delle malefatte compiute, in più svergognata perché non si nascondono ma rivendicano il loro posto in prima fila, con la loro faccia o quella dei loro discendenti” .

Attualmente impegnato nella difesa di Pino Maniaci, giornalista e icona dell’antimafia ed ex direttore dell’emittente locale di Partinico “Telejato ” imputato per estorsione ai danni di alcuni amministratori locali siciliani, Antonio Ingroia oltre che aggiornarci sull’andamento del processo ha voluto rispondere ad una domanda che spesso gli hanno rivolto.

 

Molti asseriscono che gli ex magistrati non dovrebbero fare o trattare di politica, lei cosa dice ?

“Lo dico da ex magistrato, ed oggi da avvocato, non vedo perché la politica così affollata di avvocati non possa esserlo di magistrati . Io penso che tutte le professioni legali offrano un patrimonio di esperienze e conoscenze, che se fossero sottratte alla politica sarebbe una grave perdita . La politica nel senso più nobile del termine dovrebbe essere il luogo dove le migliori competenze si esprimono . Così come è giusto che i medici mettano a disposizione le loro competenze, ancora di più sono necessarie quelle dei magistrati perché hanno conoscenza delle leggi ed il compito della politica è quello di fare buone leggi . Se non sono buone è non solo perché sono ispirate da cattive intenzioni ma anche perché sono scritte male” .

Ma è sul processo Maniaci che Antonino Ingroia è riuscito ad ottenere un risultato positivo, quello dalla possibilità di riprendere in video e sonoro tutto il dibattimento. Non è semplice né scontato. Questo perché molto spesso si vuole tenere in sordina l’argomento, soprattutto quando si tratta di personaggi pubblici o argomenti inerenti i colletti bianchi e i reati da loro commessi. Si pensi che a Messina la richiesta riguardante Genovese e il Processo Corsi D’Oro fu respinta dal Tribunale perché la difesa si oppose.

Ecco che la risposta data dall’ex magistrato ci aiuta a spiegare i motivi sottesi alle ordinanze che ammettono le riprese audio o sonore dei dibattimenti, forse l’unica legittima richiesta degli imputati o della parti è quella di non essere ripresi in viso ma per il resto il processo e il dibattimento dovrebbero essere trasparenti e pubblici al massimo grado possibile.

“Torno almeno in parte ad avere fiducia nella giustizia, perché vi sono stati dei giudici capaci di fare retromarcia e riconoscere che il primo provvedimento di rigetto era sbagliato . Aveva del paradossale il fatto che si sosteneva che non avesse rilevanza pubblica e sociale un caso che è andato su tutti i giornali e le televisioni. Ho fatto un intervento in tribunale abbastanza appassionato ed argomentato, citando la giurisprudenza nazionale e sovranazionale . Sottolineato che il  dibattimento è il momento più importante in cui si deve affermare la giustizia, deve avvenire a porte aperte e di fronte all’opinione pubblica in conseguenza di casi di tale risonanza . La presenza della stampa, delle testate radiofoniche e delle televisioni è fondamentale in un Paese democratico . Vero è che tutte le udienze sono pubbliche, ma lo scopo della stampa e della presa diretta è che una parte di coloro che vorrebbero assistere alle udienze a cui sono interessati  possano farlo,  cioè è quello di fare partecipare il cittadino nel momento in cui si esercita la giurisdizione . Siccome questo è un potere che, come ho detto ai giudici, essi amministrano in nome del Popolo Italiano, non si possono nascondere nel momento in cui lo esercitano” .

 

 

Non potevamo non chiedere in merito all’accusa di estorsione rivolta a Pino Maniaci. Il suo essere accostato ai mafiosi, lui che con la sua piccola televisione locale i mafiosi li ha combattuti per tutta una vita.

Abbiamo l’opportunità di poter rendere pubblica la verità di Pino Maniaci . Fino ad ora ha avuto la parola l’accusa . Il momento in cui si forma la prova è quello del dibattimento ed adesso avremo la possibilità di riabilitare definitivamente la sua figura . Siamo tornati alla carica sul secondo tema, su cui ci era stato dato torto in udienza preliminare, cioè la separazione della posizione di Pino Maniaci dagli altri imputati, tutti accusati di fatti di mafia . Pino Maniaci è imputato di estorsione, un reato comunque infamante ed infondato, gli altri sono imputati di associazione ed estorsione mafiosa che non è l’accusa nei confronti di Pino Maniaci . Che vengano giudicati insieme è veramente ingiusto . Lo avevamo proposto al GUP ( giudice udienza preliminare ) che non ci ha dato retta, lo abbiamo riproposto al giudice del tribunale con argomentazioni più che fondate . Il tribunale non ha deciso e ha rinviato alla prossima udienza in cui si leggerà in aula l’ordinanza sulla separazione, speriamo di avere ragione anche su questo .