Sono orgoglioso di tifare per l’ inter ma oggi potrei a buon diritto vergognarmene. Non mi piace che le partite siano decise dall’arbitraggio, men che meno se accade a favore della mia squadra, ho sempre criticato quella che chiamo la Rubentus ( cioè la Juventus) e non voglio che la mia squadra sia accomunata a certe pratiche, infatti spero che l’arbitro abbia solo fatto una sonora minchiata con l’espellere un ragazzo che ha avuto la sola colpa di reagire giustamente alle offese di schifosi razzisti. Non è possibile che Koulibaly sia stato espulso per la sua reazione, voglio pensare che il direttore di gara non abbia capito bene per cosa il calciatore franco senegalese avesse reagito.
Alle volte la sensibilità di un professionista vale più delle fredde regole del gioco, e in questo caso era bene lasciar correre. Ma il mio giudizio personale non è una condanna all’arbitro; per carità è un essere umano ed è normale che nella concitazione si facciano scelte evitabili. Certo ha perfettamente ragione Carlo Ancelotti, una partita sotto questo clima di odio andava sospesa prima. E se i suoi in occasioni del genere lasceranno il campo faranno bene. Certo ho letto di giornalisti sportivi che dicono che si, comunque Koulibaly ha sbagliato. Ma cosa? Mi sembra di rivedere le accuse contro Mimmo Lucano, reo di aver disobbedito a leggi ingiuste in nome della fratellanza e dell’amicizia tra i popoli e in nome di un senso di Patria più ampio di quello che oggi viene inteso dai Sovranismi che avanzano. Per me Mimmo Lucano è un esempio di una Patria accogliente, come una Madre che accoglie ed adotta dei figli lasciati orfani e senza nulla. Kalidou è egli stesso un esempio per essersi sonoramente incazzato con i finti tifosi della mia squadra e per quello che ha scritto su Twitter dopo il Match. “ Mi dispiace la sconfitta e soprattutto avere lasciato i miei fratelli! Però sono orgoglioso del colore della mia pelle. Di essere francese, senegalese, napoletano: uomo.”.
Le parole che ha scritto sono bellissime e mi hanno subito toccato l’anima. Credo siano davvero sentite, anche per una piccola svista grammaticale, sono parole che vengono dal cuore. Kalidou è napoletano perché si sente napoletano, perché vive Napoli, la città che lo ha accolto. Nessuno può vietargli un senso di appartenenza che sente suo. Nessuno può dare e togliere patenti di italianità e di napoletanità a nessuno. L’appartenenza patriottica è qualcosa che senti e basta, oltre la nascita. Penso di essere molto più vero patriota io da sinistra, assieme a Koulibaly, che tanti che si riempiono la bocca di questa parola “Patria”. Perché bisogna andare oltre il colore della pelle e sentire l’appartenenza del cuore. A voi che avete offeso ingiustamente Koulibaly con la scusa del fallo commesso, solo perché nero, dico: Vergognatevi. Non siete degni di tifare per un club che si chiama Internazionale, che sotto i colori del cielo e della notte unisce diverse nazionalità e diverse origini sotto un’unica bandiera.
La Storia dei nerazzurri, il loro nome, la loro fondazione, indicano che noi siamo oltre le razze e con quelle sottospecie di ominidi retrogradi detti razzisti non ci vogliamo avere a che fare. E’ necessario che leggiate le parole del figlio del grande e compianto Giacinto Facchetti riferite ai fondatori,per festeggiare il Centenario nerazzurro, per capire che siete fuoristrada e tifate per la squadra sbagliata “Hanno scelto per noi i colori del cielo e della notte. Sono passati cento anni e li ringraziamo ancora per aver fondato l’Internazionale Football club. Era la sera del 9 marzo 1908, erano poco più di quaranta, oggi siamo milioni. Si radunarono nel cuore di Milano, presso il ristorante ‘L’orologio’. Erano ribelli e avevano un sogno. Dare la possibilità a tutti, italiani e stranieri, di giocare a calcio per la stessa bandiera, nerazzurra. Sono passati cento anni da quella sera, cento anni di passione, di bellezza. Cento anni di attese, di fantasie […] Per cento di questi giorni, per cento di queste emozioni. Per sempre, solo Inter.”
Io mi appello ai governanti, ma so che con il Governo attuale parlerò invano. E’ necessario ripensare il calcio e gli stadi come luogo di Cultura popolare, dove si educa il cittadino al rispetto dell’altro e dell’avversario, alla fratellanza tra i popoli, al senso di comunità. Bisogna che Stato e Società calcistiche si facciano carico dell’educazione del tifoso, di creare un senso di comunità e un’idea di sport come spettacolo e modo di vivere in pienezza la vita. Non so se servano politiche forti contro i tifosi violenti e i razzisti, di sicuro bisogna approfondire i legami tra ultras e criminalità organizzata che spesso esistono, e le origini della violenza nelle tifoserie. Ma le politiche forti di repressione della violenza vanno unite ad una nuova concezione del tifo da parte dei politici.
Tra i tifosi nerazzurri ieri è morto un uomo negli scontri, e questo è un fatto ancora più grave. Il Calcio non può essere la valvola di sfogo delle tensioni della società, ma viene spesso inteso dai potenti come l’Oppio dei Popoli, come una forma di controllo politico delle forme di disagio e di dissenso nella società capitalistica di oggi. Occorre esaminare questi aspetti, non sono un sociologo, nemmeno un esperto di mafia, non mi addentro in argomenti non miei, su cui no ho competenza, ma chiedo che siano i politici a chiamare a raccolta chi ha competenza ed esperienza per individuare radici del problema e soluzioni.