Maria Carmela Lanzetta è una donna del Sud: madre, farmacista, moglie. E ministro degli Affari Regionali del Governo Renzi, già sindaco – confermata per la seconda legislatura, ma dimessasi anticipatamente – di Monasterace, paese della Locride. Insieme alle colleghe di Rosarno ed Isola di Capo Rizzuto, abbiamo imparato a conoscerla come le “sindache anti-ndrangheta”. Plausi e polemiche, tra chi sosteneva l’impegno a viso aperto nei confronti della legalità in una zona che in molti definirebbero “difficile”, e chi la accusava di essere alla ricerca di notorietà. Vittima di – ripetute – intimidazioni, alla fine ha lasciato la fascia tricolore perché non ha trovato nei propri compagni di esperienza amministrativa, il sostegno più importante e concreto.
Un paragrafo del suo programma di insediamento al Ministero è titolato “ascolto, supporto e valorizzazione dei territori” ad indicare la grande importanza data all’argomento. Poco prima di lasciare il ruolo di sindaco di Monasterace ha dichiarato di aver sentito troppo silenzio, anche se non poteva dire di essere sola, e che la solitudine è il principale problema per gli amministratori, soprattutto nelle zone a rischio del sud. Quanto e come incide la sua esperienza di sindaco nel ruolo che svolge oggi?
Direi tantissimo, soprattutto con riferimento all’ approccio ai problemi, nel senso che ogni decisione da prendere la valuto pensando a quello che potrebbe essere l’impatto con i cittadini, anche se parliamo di questioni di carattere politico-costituzionale. Si tratta sempre di decisioni che si ripercuotono – direttamente o indirettamente – sul nostro vivere quotidiano. Il mio ministero sta mettendo in atto delle proposte per fornire, specialmente ai piccoli Comuni, il supporto necessario per consentire ai Sindaci di affrontare questo periodo di crisi.
L’incisività della criminalità nella vita quotidiana e nelle azioni della pubblica amministrazione dimostra sempre più che le mafie non sono un fenomeno prettamente meridionale, ma interessano l’intera penisola, andando forse ad incidere anche a livello culturale ormai. Da ministro, confrontandosi con varie realtà, ha avuto modo di confermare questa situazione? Quanto è importante la trasparenza e la legalità nelle amministrazioni pubbliche e come possono essere promosse attraverso l’intervento del suo Ministero?
Già da sindaco avevo contezza delle situazione critica italiana e, quando ne ho avuto la possibilità, sono sempre intervenuta per sensibilizzare le Istituzioni a non limitarsi solo alla solidarietà, ma a cominciare a pensare le soluzioni politiche-amministrative soprattutto nei riguardi delle intimidazioni ai sindaci. Perché se è vero che molte pubbliche amministrazioni sono infiltrate dalla mafia e/o soggetti alla corruzione, è anche vero che molti amministratori resistono e combattono. Alcuni dati, “arrotondati per difetto”, sono a dir poco allarmanti: 351 atti di intimidazione e minaccia nel 2013 nei confronti di amministratori e funzionari pubblici: quasi uno al giorno.
Pertanto, di fronte a fenomeni così dilaganti, non ci si può limitare agli attestati di “solidarietà”, certamente importanti ma per natura “tardivi”, ma occorre dimostrare, con la necessaria forza e determinazione, la presenza, il sostegno, l’aiuto concreto dello Stato e di tutte le sue istituzioni. E la Commissione per le intimidazioni voluta e presieduta dalla senatrice Doris Lo Moro è già il primo passo importante per tentare di definire, al più presto, quali dovranno essere le misure preventive per arginare il fenomeno delle intimidazioni.
Lei ha sempre sottolineato il suo ruolo di donna ed il suo essere donna nell’attività politica ed amministrativa. Cosa significa? Quali caratteristiche porta in dote una donna in questi contesti difficili, nella politica, nella amministrazione di un comune ed anche, considerata la sua storia, nel fronteggiare fenomeni mafiosi e criminali?
Quando sono stata eletta la prima volta nel 2006, in Calabria ero una delle pochissime sindaco donna. E’ stato un momento importante, perché ho potuto notare un notevole cambiamento, in positivo, nei rapporti con le istituzioni. Era evidente che come donna mi rapportavo con le istituzioni nel segno di una sensibilità diversa rispetto agli uomini, cioè meno legata alla sfera del “potere”, ma solo e soltanto nel segno dei problemi e delle problematiche da affrontare e da risolvere. Nell’affrontare le questioni che necessitavano di essere depurate da possibili infiltrazioni mafiose o paramafiose, è prevalsa la sensibilità di una donna poca propensa ai compromessi.
Negli anni seguenti sono state elette altre donne sindaco che hanno ulteriormente rafforzato l’idea della necessità della parità di genere, ancora diffusa “a macchia di leopardo”. Purtroppo, a confermare l’idea di una amministrazione pubblica intesa come volontà di imporre il potere maschile, ci ha pensato l’ultima legge elettorale della regione Calabria, negando la proposta di introduzione della parità di genere. Ci proponiamo l’obiettivo, pertanto, di cambiare questo stato di cose a partire dalla prossima consigliatura regionale.
Grillo ha di recente dichiarato che la mafia non strangola, mentre la crisi economica sì. Come sente di rispondere a queste affermazioni?
Pur conoscendo le conseguenze socio-economiche negative legate alla crisi economica nella sfera individuale e famigliare, la dichiarazione di Grillo è provocatoria e offensiva nei riguardi delle persone che hanno sofferto e soffrono – direttamente o indirettamente – a causa della mafia. Mettere in relazione la crisi economica con le azioni mafiose rischia di diventare infatti un giustificazionismo deleterio delle azioni criminali.
A cosa state lavorando ad oggi? Quali i primi passi del suo ministero?
La priorità assoluta, oggi, è l’attuazione della legge sulle città metropolitane. Rappresenta un importante momento politico che attiene a scelte fondamentali delle comunità locali, dei territori, quali trama reale del Paese: sistemi di impresa, sistemi locali del lavoro, ambiti ottimali di offerta dei servizi pubblici, ambiti di servizio sociale.