Se chiudo gli occhi e tronco un attimo il respiro posso ancora sentirlo quell’acre odore venir fuori dal laboratorio. Lì, in quell’angolo tra cielo e terra c’era chi batteva il ferro per far nascere nuove opere..
.. Se chiudo gli occhi i pensieri prendono forma, e come risucchiata da una voragine il tempo mi catapulta agli estremi del mio essere: quel primo innocente bacio in una cantina mentre un vecchio registratore suonava incomprensibili musichette romantiche.
E poi le discese per raggiungere il bar , e le risalite verso casa per evitare i rimproveri; le sigarette, nascosti infondo ai gradini del palazzo della zia; le parole, i segreti, le ansie….
… Ci si nascondeva in quelle vie per le compiute marachelle seppur in coscienza nostra sapevamo che perfino i muri conoscevano ogni nostro movimento; e poi ancora, la casa dell’amica lì a due passi era il rifugio, e accanto, la casa della nonna era la salvezza, il senso di libertà d’espressione.
A due passi da quei sogni di quindicenne occhi da cui guardarsi, parole con cui confrontarsi, comportamenti dai quali malauguratamente nascondersi e poi noi, teneramente ribelli a gustare il senso della divina libertà.
Giù di li una piazza, luogo d’incontro dei saggi, del rispetto e della riflessione, la piazza che accoglie e disseta il foresto, la porta verso altre coscienze. La piazza che alla mattina alla buonora ci riuniva nell’attesa di quel bus troppo in anticipo o troppo in ritardo, la piazza che nei giorni di festa si riempiva, gremita di banchetti e colori, la stessa piazza che nel periodo estivo faceva da tribuna durante il torneo di calcio non meno importante della Champions.
Strade, odori, vocii, emozioni… ripercorro tutto in un battito di ciglia finché poi, spalanco gli occhi e rivedo un ammasso di fango e detriti e pioggia e vento, e poi ancora fango, tanto fango. Non più musiche, non più l’odore di quel laboratorio in cui si batteva il ferro, non più discese verso la piazza per abbeverarsi con quella fresca acqua di sorgente, non più la stessa fontana intorno alla quale riunirsi….
…. E poi rilascio il fiato, apro lentamente gli occhi, riempio i polmoni di aria nuova consapevole che è tutto da rifare, che ciò che resta è la viva immagine di un ricordo che porta con se nomi e cognomi di chi quel fango non ha voluto risparmiare.
Oggi ferma a guardare le figure che in cielo le nuvole formano, ripercorro con la mente quella via, il suo nome è via Vallone; e poi ancora quella sua discesa che mi porta in quella piazza, il suo nome è Piazza Pozzo…. Oggi però il nome di quella via, il nome di quella piazza scolpiti nel ferro battuto ancora caldo e dall’acre odore c’è chi vuole cambiarli, modificarli, variarli, “Eliminarli” in memoria di un evento talmente funesto da voler solo dimenticare…..
Maggio 2014
Eva Calafiura