Comincia con una serie di “c’era” il racconto di Mariano Nicotra, testimone di giustizia che oggi guarda ai suoi capannoni vuoti con lo sguardo di chi si sente deluso da quelle istituzioni che dovrebbero tutelare i cittadini che non si sono piegati davanti al malaffare. Dietro ogni “c’era” è sotteso un pezzo di vissuto lavorativo: macchine operatrici, bobcat, escavatori, che non ci sono più perché l’imprenditore coraggio per “vivere e sopravvivere” sta vendendo tutto e entro fine mese sarà costretto a licenziare i suoi operai: “La mia ditta aveva cinquantadue operai-dice- , molti dei quali hanno lavorato prima di me con mio padre. A fine mese sarò costretto a licenziare tutti.
Lo Stato purtroppo con me ha perso in molti modi e non ha permesso ad un onesto cittadino di mantenere la propria attività con un trend di crescita. Sa quante volte mi assale la voglia di farla finita? Tantissime. Poi penso ai miei figli e ai miei nipoti e combatto per loro”. In questa battaglia però l’imprenditore messinese si sente solo, perché non basta fare da “vetrina” in tutte quelle manifestazioni per la legalità per vincere lo sconforto che ormai sono diventato una sorta di rosario degli antimafiosi e ricevere la pacca sulla spalla dei politicanti di turno, che imbastiscono i propri discorsi sull’onda dell’emotività e poco sul pragmatismo ignorando la realtà quotidiana : “La scorta è stata un rovina che mi ha cambiato la vita. Prima un collega ti avvicinava e ti avvisava delle gare d’appalto e ti chiedeva aiuto per creare una sinergia ora invece non si avvicina più nessuno. E’ un isolamento naturale perché con due carabinieri non puoi andare a casa delle gente e pensare di fare lavori. Sanno che sei una persona che ha denunciato perché ti hanno visto in televisione, in un’iniziativa. Quelle persone non accetteranno mai un preventivo che tu gli hai fatto, perché sanno che sei una persona a rischio e tuteleranno le loro famiglie perché se a Mariano Nicotra lo vogliono morto la casa altrui diventa un obiettivo sensibile “.
In questi mesi Nicotra ha cercato l’aiuto delle istituzioni, dell’informazione tutta ma ha ricevuto un muro di silenzio in risposta alle sue parole. Prima del 2008 la sua era un’ azienda con un fatturato di 300.000 euro annui, poi ha cominciato pian piano ad attingere alle risorse che aveva. Fino a quando il volume d’affari è inesorabilmente crollato e delle tre aziende in attivo oggi conta le macerie: “L’unica cosa che mi può permettere di mantenere la mia onestà è quella di vendere, anzi svendere. – continua nel racconto- Oggi mi hanno fatto una proposta indecente. L’ultimo camion che ho messo in vendita vale circa 150.000 euro e me ne hanno offerto 20.000. Mi dispiace che l’offerta venga da persone che tutti sanno che sono mafiosi e che mi hanno detto testualmente tu hai bisogno e devi accettare prima che u camion tu pigghianu.
A volte penso che andrei pure a prendere soldi a strozzo, ma solo per lanciare una provocazione allo Stato e dimostrare come si riduce un cittadino. Mi trovo a camminare in un tunnel senza uscita che potrebbe crollare da un momento all’altro con la chiusura dell’azienda e il pensiero di non poter garantire più il sostentamento ai miei operai mi tormenta. Lo Stato ha speso molti soldi in cinque per due persone di scorta. Non facevano prima a non darmela proprio anziché dopo questo quinquennio farmi morire?” Mariano avrebbe potuto scegliere la via più semplice abbandonando la sua città con la sua famiglia ,come hanno scelto di fare molti testimoni di giustizia, ma scegliere questa strada avrebbe significato dimostrare alla società civile che la mafia è più forte degli onesti cittadini: oggi riesce a capire “l’indifferenza della gente” ma “l’apatia dello istituzioni” no. Per questo sostiene che per chi ha denunciato le commissioni di lavoro dovrebbero arrivare direttamente dallo Stato perché anche i comuni con i ribassi attuali non permettono a tutti di lavorare. “Le uniche persone che hanno avuto il coraggio di sostenermi qui a Messina – conclude – l’imprenditore- sono state Don Terenzio Pastore che mi ha permesso di fare i lavori di ristrutturazione della Chiesa di Santa Maria del Gesù di Provinciale e l’ingegnere capo del genio civile Gaetano Sciacca che ha avuto il coraggio di chiamarmi, dopo che ha sentito un mio intervento durante un seminario, affidandomi un lavoro ad affidamento diretto per 156. 000 euro dicendo pubblicamente ‘ venga qualsiasi magistrato a dirmi che ho fatto male a sostenere un’impresa antimafia’.”