L’Aquila: quale ricostruzione?

Ieri sera intorno le 18:30 ho fatto un giro con un amico al centro della città dell’Aquila. Abbiamo attraversato il Corso dalla Fontana Luminosa alla Villa Comunale che, per chi non lo sapesse, significa attraversare il centro storico della città nella sua strada principale.

Quello che mi ha colpito di più, non è stato tanto confermare lo stato dell’arte dei palazzi ancora puntellati – dopo un po’ ahimé ci si fa l’abitudine – ma la desolazione.Con tutte le luminarie e in pieno periodo natalizio abbiamo incontrato solo quattro persone.
E la mente torna a viaggiare a un Natale non molto lontano, quello del 2008 dove le persone correvano da un negozio all’altro in cerca dei regali da fare ai propri cari; correvano da un bar all’altro per bere qualcosa di caldo che li scaldasse e per scambiare 4 chiacchiere con gli amici che si incontravano per strada; correvano da una parte all’altra della città…quella città a cui erano abituati, ma di cui sono sempre andati fieri, ignari di quello che l’anno successivo sarebbe accaduto.

E invece ora? Ci sono diversi negozi aperti, ma tutti vuoti… non un cliente, nessuno che corre a fare spese, nessuno che corre a scaldarsi, insomma, nessuno.

E allora mi domando:- Hey aquilani, dove siete?

Ma dal vuoto, non arriva alcuna risposta, l’unico suono è l’eco della mia voce nella mia testa che manda segnali di amarezza e delusione nell’appurare che, dopo soli 4 anni dal tragico evento, il centro storico della città capoluogo d’Abruzzo non è solo ingessato e distrutto, ma soprattutto abbandonato, abbandonato dalla sua stessa linfa vitale, dalla sua anima: le persone che, so per certo, continuano ad essere fiere della loro città, peccato che non glielo dimostrino.

E allora mi pongo un nuovo quesito:- Quale ricostruzione?

Sugli aggregati e sulla gestione dei consorzi per la ricostruzione, regna una grande confusione. E, per tutto cordoglio, non ci sono i fondi. Pertanto, come possiamo illuderci che le ditte si facciano carico di milioni di euro nella speranza di essere liquidate a stati di avanzamento? Sappiamo che il debito pubblico ha sforato i 2.000 miliardi e che gli interessi sullo stesso viaggiano intorno a 80 miliardi all’anno. Il bilancio dello Stato, quindi non è affatto una garanzia per danni miliardari quali quelli dell’intero nostro cratere.

E questa volta, a farmi eco nella mente è il seguente pensiero:- Forse tutto questo silenzio, tutto questo vuoto, è sinonimo che fiducia e speranza cominciano ad appannarsi o è ancora peggio? Siamo alla cecità totale?

La risposta che dò, senza presunzione di esser presa per verità assoluta, ma sicuro sul fatto che sia condivisa, è che tutti noi protagonisti involontari di questo triste periodo storico, in cui all’impoverimento morale si aggiunge anche l’impoverimento economico, dovrebbe avere una significativa svolta che mi piace riassumere in un’unica, ma potente parola: la coesione.

Concludo questo post con una grande frase tratta dal libro “Paura liquida” del sociologo e filosofo polacco Zygmunt Bauman che dice:
La guerra moderna alle paure umane, sia essa rivolta contro i disastri di origine naturale o artificiale, sembra avere come esito la redistribuzione sociale delle paure, anziché la loro riduzione quantitativa.”
Voi che dite? Vogliamo evitare di far vincere le paure?