L’arte per l’arte nella Londra del 2013

È assai singolare il modo in cui ho conosciuto Carlo Formisano, un ragazzo giovanissimo che studia e lavora a Londra. Un giorno la mia casella di posta è stata intasata da una serie di email, destinate a Claudia Benassai, una mia omonima, che fa l’artista. Allora incuriosita e per spiegare l’equivoco ho risposto a una di queste email scritte da Carlo Formisano. A Carlo ho subito spiegato che c’era stato uno scambio di persona. Piano piano però è nata una fitta corrispondenza e fortemente incuriosita ho dato subito un’occhiata alla galleria d’arte che espone le opere di questo giovane partenopeo emigrato a Londra. Dentro quadri, arti e dipinti, mi si è aperto un mondo, quello fatto da tanti giovani, spesso del sud, che cercano di costruirsi un futuro altrove. Dietro le parola “altrove” però si nasconde un mosaico di sacrifici, rimpianti, ma anche gioie e tanta carica propulsiva. E anche la storia di tanti altri giovani sospesi nel limbo dell’inferno di una stabilità economica difficilmente perseguibile con una musica di fondo strillata da politici e rappresentanti delle istituzioni che sono lontani dalle cose che contano. La musica ha come ritornello: “Sti giovani non vogliono faticare”. È un po’ stonata e stride con le storie dell’Italia vera. Quella che non solo resiste ma cerca uno spazio dove liberare i propri sogni e le proprie idee. Come Carlo, come tanti altri giovani alla soglia dei trenta, sospesi tra paura e incertezza.
Vivi e lavori a Londra da molti anni. Cosa ti ha spinto a lasciare l’Italia?
Ho sempre saputo che sarei andato via dall’Italia. Per quanto l’ami, Napoli mi è sempre andata stretta. Nel ’94, insieme a degli amici, in giro per Sorrento incontrai un ragazzo tedesco di nome Bjorn, che con solo una chitarra viaggiava per l’Europa, dormendo dove poteva, mangiando quello che trovava e racimolando soldi suonando la sua chitarra per il suo pubblico itinerante. Fui folgorato. Spendemmo un pomeriggio con lui per le strade di Sorrento a cantare, suonare e a far baldoria, finche non venne la polizia a portarci via. Riuscii a dileguarmi nella folla e non rividi mai più Bjorn, ma quel giorno qualcosa in me cambiò. Ebbi come la consapevolezza che ci fosse un mondo più grande ad aspettarmi e pochi anni dopo, appena diciottenne, lasciai casa. Era il 1999, non vivo più in Italia da allora.
Quali sono i tuoi ricordi più belli del periodo in cui vivevi qui. Ti capita di avere qualche rimpianto?
I ricordi più belli naturalmente sono quelli della famiglia quando ci trovavamo tutti seduti intorno al tavolo a pranzare e raccontare nostri accaduti quotidiani. E poi gli amici, anche loro adesso quasi tutti sparsi per il mondo. Le giornate d’estate passate in giro o al mare, il profumo di sale nell’aria, il caldo afoso dello scirocco ed il rumore delle cicale. Per anni non ho avuto nessun rimpianto, ma ultimamente penso a tutto il tempo che non ho potuto spendere con la mia famiglia. Sono convinto però che se anche il nostro tempo speso insieme sia diminuito in quantità, e sicuramente migliorato in qualità. Adesso cerchiamo tutti di rendere ogni attimo memorabile, nonostante ciò ancora bisticciamo e discutiamo su tutto, proprio come quando vivevamo tutti insieme.
Si dice che tutti gli artisti traggono ispirazione da qualcosa. Tu da cosa trai ispirazione?
Questa dell’ispirazione è sempre stata una bufala. Nell’intero processo creativo l’ispirazione non vale più del 5%, il resto è il miscuglio di perseveranza, duro lavoro, errori e correzione degli errori commessi. L’ispirazione è quella scintilla iniziale che mette tutto in movimento, lungi da me sottovalutarla, ma il mito dell’artista che lavora febbricitante sotto l’impulso della musa ispiratrice è un grande minchiata (perdonami il francesismo). Ho una particolare inclinazione per tutto ciò che e’ misterioso, irrisolto e segreto e sono sicuramente in contatto con il mio lato oscuro. Amo creare lavori contrastanti in tecnica e soggetto, scegliendo magari un evento misterioso o irrisolto come tema centrale, rappresentandolo però in una moltitudine di colori e carico di atmosfere sgargianti. Per anni Londra è stata una grande fonte d’ispirazione con la sua storia, ma anche le mie origini e la storia della nostra penisola sono sempre presenti nei miei lavori. E poi naturalmente, tutti gli altri grandi artisti che hanno segnato la storia dell’arte, da Picasso a Francis Bacon, fino a pittori miei contemporenei come Adrian Ghenie, Mathias Weischer e Neo Rauch.
L’italia e L’inghiliterra valorizzano in maniera assai diversa l’arte. Quali sono le differenze che hai potuto toccare con mano?
Le differenze sono abissali purtroppo. Pur avendo noi in Italia uno dei patrimoni artistici più importanti del mondo (se non il più importante in assoluto) non sappiamo valorizzarlo, anzi lo deprezziamo e lo strattoniamo ad ogni occasione possibile. Basti solo pensare alle condizioni penose nelle quali versano gli scavi di Pompei. Qui in Inghilterra anche un solo mattone antico viene preservato, conservato ed esposto come fosse un qualcosa di sacro, se gli Inglesi avessero il nostro patrimonio artistico ne avrebbero fatto una rendita della quale tutto il paese potrebbe viverne, sfortunatamente noi non abbiamo ancora compreso l’importanza della nostra eredità comune. Forse un giorno, chissà…
Una domanda forse un po’ retorica. Quali sono i tuoi sogni nel cassetto?
Il mio sogno nel cassetto e’ ed e’ sempre stato diventare un artista famoso riconosciuto ed apprezzato in tutto il mondo… Stiamo lavorando per voi.

Claudia Benassai