L’Esercito della Truffa. Un’inchiesta su frode e malaffare in Sicilia

Arriva il 27 settembre in libreria L’Esercito della truffa – La Sicilia delle cricche e dei furbetti, di Francesco Appari e Giacomo Di Girolamo.

“Siamo dieci.
Siamo cento.
Siamo mille.
Siamo un Esercito.
Siamo noi: l’Esercito della truffa.
In ordine sparso, da battitori liberi, a volte organizzati, organizzati benissimo. Siamo imprenditori, funzionari, professionisti. Orgogliosi di aver fatto della truffa, allo Stato, alla Comunità Europea – lucrando sugli appalti come sulle forniture, creando alberghi vuoti, capannoni inesistenti, poli industriali chiusi – il vero business della Sicilia di oggi.
Truffare è facile, truffare è bello, truffare conviene. Crea occupazione, fa girare l’economia, pulisce coscienze. È quasi impossibile da scoprire, non c’è bisogno di alcuna violenza, quando ti scoprono non rischi nulla. Al massimo un processo. Al massimo una piccola condanna. Restituisci qualcosa, patteggi. Ricominci.
L’economia gira con noi.”

La Sicilia è povera. Arretrata. In Sicilia c’è disoccupazione. Ogni anno i dati sull’economia siciliana sono dei veri bollettini di guerra. La Sicilia continua a essere in recessione, e anche quest’anno il Pil regionale cade in picchiata. Eppure, proprio perché è povera, sull’Isola arrivano vagonate di soldi ogni anno, dallo Stato e dall’Unione europea. Miliardi di euro. Servono per creare sviluppo. Per incentivare l’agricoltura, il turismo, l’impresa, per formare i tanti giovani disoccupati in cerca di lavoro. Arrivano per costruire alberghi e campi da golf, per organizzare corsi di formazione, per mettere su fabbriche, imprese a impatto zero. Servono per l’energia pulita. Ma è tutto un castello di carta. Dove vanno a finire i fondi destinati allo sviluppo siciliano? Ecco, gran parte di questi vengono letteralmente rubati. Da chi? Dall’Esercito della Truffa. Imprenditori, faccendieri, commercialisti, politici, funzionari pubblici. Tutti insieme hanno fatto della frode il sistema criminale per eccellenza, quello che rimane sostanzialmente impunito. Quello facile da compiere, e difficile da scoprire. Perché quando arriva la giustizia è ormai troppo tardi.

C’è un simbolo in Sicilia, un totem, dell’Esercito della Truffa. Il capannone. Giriamo per le nostre campagne e troviamo decine, centinaia, di capannoni vuoti. Ecco, quello è il marchio che lascia sul territorio l’Esercito della Truffa. Chiedono il finanziamento all’Unione Europea per costruire una fabbrica. Indicano quanti posti di lavoro intendono garantire. Con la prima tranche del finanziamento costruiscono il capannone industriale. Fanno una bella foto. Una volta arrivata la seconda tranche mollano tutto e intascano i soldi. Puliti puliti. Il capannone rimane là, vuoto. Nessun operaio. Nessun macchinario. Solo una grande truffa. All’esercito della truffa fanno comodo tutti questi disoccupati. Più sono, più arrivano fondi per i corsi di formazione fantasma. Non rimane niente.

Di totem in quest’isola ce ne sono parecchi. Come le pale eoliche, conficcate nelle colline dai signori del vento. Uno su tutti Vito Nicastri, il re dell’eolico che ha costruito, con un sistema criminale assodato, un impero da un miliardo e mezzo di euro. Lo indicano come prestanome di Matteo Messina Denaro, l’ultimo capo di Cosa nostra. Nicastri è lo “sviluppatore”, quello che ti impacchetta il parco eolico tutto a spese dei contribuenti, e crea un gran giro di soldi.

L’Esercito della Truffa racconta come avvengono le frodi nel settore agricolo, con le arance di carta. Le truffe nel turismo, con la dilapidazione dei fondi della 488 per costruire alberghi e resort di lusso solo sulla carta.

In Sicilia poi è tutto grande. Come i Grandi Eventi del sistema Giacchetto. Dalle visite del Papa, ai mondiali di scherma, alle maxi consulenze. In Sicilia di frode ci si campa. E’ un gran giro di bolle, fatture, sim clonate, fidejussioni fasulle. L’inchiesta di Appari e Di Girolamo spiega come la truffa si è fatta sistema. E perché la Sicilia è così arretrata.