L’odore dei soldi e il puzzo del progresso

“Io ho dato le dimissioni nel ’78 e ringrazio Dio che sono ancora vivo”. Un ex operaio Eternit

I numeri sono agghiaccianti. A Casal Monferrato, un comune della Provincia di Alessandria in Piemonte l’abesto ha ucciso 1700 persone su una popolazione di 37.000 abitanti. E’ una strage silenziosa, che non ha creato molto scalpore e che continua a seminare terrore. A Casale la polvere bianca veniva respirata all’Eternit, la grande fabbrica che ha accecato molti operai offrendo insieme la diaria e l’ombra della morte. I grandi ci lavoravano e i bambini ci giocavano:ignari delle conseguenze. Ma le grandi compagnie, avide di profitto e non curanti delle conseguenze manipolavano le menti degli stessi operai come ha chiarito lo studioso Bary Castelman creando una “congiura del silenzio”.Le conoscenze della sua pericolosità furono chiare già negli anni sessanta. Il binomio amianto- tumori fu insomma chiaro da subito, ma non per tutti. Lo avevano capito i sindacalisti come Bruno Pesce che abbiamo intervistato: ” Dal 1950 al 1983 all’Eternit hanno lavorato 3300 persone.

La legge che ne ha proibito l’uso in Italia è partita proprio da Casale Monferrato. Nel 1989 abbiamo organizzato un convegno che sensibilizzasse su questo tema. Allora la Cgil nazionale con Fausto Vigevani la fece propria. L’obiettivo era di creare una piattaforma nazionale, per avere la legge che poi è arrivata nel ’92. Nel 1979 le mie idee si sono incontrate con quelle degli ambientalisti. Lo sguardo comune e d’incontro era rappresentato proprio dal territorio. Il vero sindacalista e l’impegno serio si vede quando le cose non quadrano. Allora già ci ammalava, si moriva e ufficialmente ci si occupava dei lavoratori ma non delle malattie legate al lavoro. Erano casi sconosciuti tenuti alla penombra. Abbiamo fatto emergere le malattie professionali. Facemmo una campagna nazionale di denuncia. Centinaia e centinaia casi di malattia”. Il problema dell’amianto però non finisce con la conquista di una legge e della rivendicazione di diritti che venivano lesi. Infatti, basta vedere le percentuali di morti e di ammalati di tumori per capire che il problema non è ancora finito. Il numero dei casi di malattie legate all’amianto nell’UE è compreso tra 20 000 e 30 000 all’anno e non ha ancora raggiunto il suo apice, si legge su una relazione della commissione europea. Bruno Pesce e i cittadini però non hanno finito la propria attività e ogni giorno rivendicano un diritto.

La rivendicazione non è dettata da desiderio di fama, di riflettori ma dalla voglia di salvaguardare la vita, perché le malattie legate all’amianto come i casi di mesotelioma sono stati riscontrati in persone residenti in insediamenti di abesto ma anche in familiari venuti a contatto con le polveri accumulatesi sulle tute di lavoratori direttamente esposti. Purtroppo però a parte questi due casi ne esiste un terzo come il caso del papà di Francesca de Pascalis che ci ha raccontato la sua esperienza: Mio padre si è ammalato nel 2004. Era un po’ di tempo che lamentava un dolore alla parte passa della schiena, un dolore che andava e veniva. Poi sai, non sapendo nulla di amianto (non sapevamo proprio a cosa stessimo andando in contro) non davamo troppo peso a questo fastidio. Pensavamo fosse un comune dolore alla schiena dovuto magari a una postura sbagliata, cose del genere. La sera di capodanno invece si sentì veramente male e lo portammo all’ ospedale e gli fu diagnosticato un versamento pleurico (il versamento pleurico di per se a quanto so non è una cosa gravissima, ma non sono molto informata. Ma il mesotelioma pleurico si manifesta negli ultimi stadi proprio con un versamento pleurico) I dolori non passavano allora gli fu fatta una biopsia e li si scoprì che aveva il mesotelioma. Da li abbiamo cercato di scoprire dove avesse potuto respirare l’amianto. Lui non aveva mai lavorato in fabbrica. Poi abbiamo scoperto che lui è andato per diversi anni in una palestra, nel quartiere Iapigia,vicinissima alla fabbrica Fibronit di Bari (una fabbrica che produceva fibrocemento, come l’eternit). Mia madre e mio padre hanno abitato per molti anni a Bari, io infatti sono nata lì, poi ci siamo trasferiti a Roma quando avevo sei anni. Mio padre è poi morto neanche un anno dopo. Il viaggio nel mondo dell’amianto, non finisce con l’accenno all’Eternit.

Semmai apre nuovi scenari, come in una scatola cinese, dove l’informazione può giocare un ruolo importante nel processo democratico di costruzione della conoscenza.

 

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Claudia Benassai