La ndrangheta è oggi la più temibile organizzazione criminale di stampo mafioso del nostro Paese. Essa, infatti,unisce una grande capacità di adattamento ai processi evolutivi della società globalizzata col tradizionale, ferreo controllo delle aree di origine, basato su intimidazioni, estorsioni e intromissioni presenti nei più importanti settori economici e politico-amministrativi. (On. Giuseppe Pisanu)
Da un lato, abbiamo le attività criminali vere e proprie, che vanno dalla gestione di tutti i tipi di traffici illeciti, in particolare quello della droga e delle armi, all’usura, al racket del pizzo; dall’altro le attività economiche imprenditoriali legali, sempre più diversificate in molteplici settori produttivi, dall’edilizia, al commercio, all’intermediazione finanziaria.
La ndrangheta oggi è onnipresenze su tutto il territorio italiano, è l’assoluta dominatrice della scena criminale, tanto da rendere sostanzialmente irrilevante, e comunque in posizione subordinata, ogni altra presenza mafiosa di origine italiana o straniera. Allarga di continuo i suoi confini e contemporaneamente mantiene salda la morsa sulle attività redditizie che si sviluppano sul territorio.
Per rendere evidente il concetto dell’onnipresenza, si riportano di seguito, a titolo esemplificativo, alcune notizie pubblicate sui quotidiani nazionali (dal 2010 in poi) che denunciano questa continua ricerca di spazi dove esercitare il proprio potere. L’obiettivo è sempre lo stesso: il possesso di settori strategici nella società e modi sempre nuovi di riciclare il denaro sporco.
Libero 26.07.2011
Gli agenti della guardia di finanza hanno dimostrato che il business delle cosche passa anche per le cucine e le tazzine di caffè di un famoso locale, il mitico luogo della “Dolce Vita” di Fellini, ossia il “Cafè de Paris” di via Veneto a Roma. Tale locale è stato acquistato nel 2005 per solo 255mila euro (valore stimato 55 milioni di euro) da un prestanome, Damiano Villari, barbiere calabrese affiliato ad una ndrina di Reggio Calabria, la cosca degli Alvaro di Sinopoli. Stessa sorte toccò all’antico “Caffè Chigi”, che si trova proprio di fronte al palazzo che ospita la Presidenza del Consiglio dei Ministri, sequestrato dalla Dia nel 2011, riconducibile alla ndrina dei Gallico di Palmi.
Repubblica, 24.09.2010
La ndrangheta s’inventa di tutto pur di ripulire il denaro facendolo entrare nei circuiti legali. Secondo gli agenti dei Ros, la ndrangheta era riuscita a riciclare “somme ingentissime” acquistando dai vincitori del Superenalotto le schedine vincenti e facendosi accreditare le vincite dalla Sisal su conti correnti accesi appositamente. Questa tecnica è stata utilizzata anche per una vincita realizzata a Locri nella ricevitoria del suocero di un esponente della cosca Mancuso.
Messaggero 2011
Oltre ad inventarsi di tutto, le cosce, puntano in alto. È infatti del 2011 una notizia pubblicata sul Messaggero dal titolo: “Ndrangheta, le mani su una banca di San Marino”. Ci ha provato la potente cosca Mancuso di Limbadi che puntava direttamente all’acquisizione dell’istituto di credito in modo da riciclare senza problemi i milioni di euro provenienti dal narcotraffico. Il Sole 24ore (23.01.2011) ci racconta che da sempre le famiglie calabresi in Liguria (Ventri, Papalia, Sergi, Pellegrino, Iamundo), hanno le mani protese verso il Casinò.
Il sole 24ore, 13.03.2011
Il caso che ha coinvolto una nota azienda che si occupa di servizi di distribuzione, la Tnt che consegna pacchi a domicilio in tutto il mondo, è il classico esempio di come la ndrangheta si insinua attraverso i sistemi del subappalto. Per dovere di cronaca, va precisato che la Tnt non risulta in alcun modo coinvolta nelle indagini. In questo caso, la cosca Flachi, aveva diversificato i propri interessi nella logistica, lavorando in subappalto per l’azienda succitata. Il subappalto per la Lombardia si ritiene fosse gestito da questa famiglia, attraverso consorzi e cooperative di trasporto che hanno camion di proprietà.
L’Unità 24.02.2010
E ancora, ricordiamo la più colossale truffa contro lo Stato di sempre – si parla di 400 milioni di euro- quella che ha coinvolti i vertici di Fastweb e Telecom Sparkle contro i quali si ipotizza il reato di dichiarazione infedele mediante l’uso di fatture per operazioni inesistenti, facendo da lavatrice dei soldi della ndrangheta. In mezzo ci sono voti di scambio e l’elezione di un avvocato, Nicola Di Girolamo eletto nella circoscrizione estera d’ Europa. Fungono da uomini di collegamento tra le aziende e la ndrangheta personaggi vicini alla banda della Magliana, come Gennaro Mokbel, faccia pulita della malavita romana che avrebbero avuto dei contatti con esponenti della ndrangheta – la famiglia Arena – per convogliare i voti degli emigranti calabresi in Germania a supporto del politico Nicola Di Girolamo.
Il Fatto Quotidiano (24.12.2012)
L’ultimo affare: i call center. Sì perché quella della potentissima cosca Bellocco di Rosarno, è una ‘ndrangheta che diversifica. E se in Calabria i boss regnano da imperatori e preparano faide in cui, sentenziano le donne di mafia, a morire dovranno essere “tutti, anche i minorenni”, in Lombardia si dedicano al business. Legale e milionario. Come dimostra la vicenda della Blue call srl, azienda specializzata nella gestione di call center con il centro direttivo a Cernusco sul Naviglio e sedi operative in tutta Italia (anche in Calabria, naturalmente). Un’impresa florida che solo nel 2010 ha chiuso un fatturato da 13 milioni di euro, facendosi segnalare come leader del settore. Un gioiellino, dunque. Gestito da Andrea Ruffino, il quale, agli inizi del 2011, apre le porte a un emissario dei boss. Finirà per cedere le quote. Regalando ai boss un vero bancomat cui accedere in ogni momento, ma soprattutto la possibilità di controllare un ampio consenso sociale attraverso le assunzioni. Un’arma formidabile anche per la gestione di pacchetti elettorali. Insomma affari al nord e controllo del territorio al sud. Il tutto sulla rotta Rosarno-Milano e ritorno.
Ce ne sarebbero molti altri di esempi, la ndrangheta sui compro oro, sulle sale gioco, tra politica, nell’imprenditoria e addirittura intrecci inquietanti addirittura con il Vaticano.
Ma c’è chi sostiene che anche i sindacati (perlomeno quelli lombardi) sono controllati dalla ndrangheta. Si tratta del pentito di ndrangheta Giuseppe Di Bella ex collaboratore del capo dei capi del nord: Franco Coco Trovato, che in Metastasi, di Nuzzi e Antonelli ci racconta di come operasse in questo territorio l’ombra oscura della ndrangheta nei sindacati. “Prima che Franco Coco prendesse potere a Lecco i sindacati stavano praticamente in un pollaio. Avevano pochi soldi e lavoravano in sedi striminzite. Poi, pure loro iniziarono a beneficiare dei lavori di Franco. E mi riferisco a tutte e tre le sigle: Cgil, Cisl e Uil. Certe sedi sorgevano su terreni che se non fosse stato per Franco non sarebbero mai stati dati a titolo gratuito. Faceva parte di una strategia molto furba: Franco iniziava dal basso con pazienza, individuava gli uomini migliori nelle sigle, quelli su cui poteva contare, e li faceva crescere. Li aiutava pure con donazioni. “Ovviamente i favori si pagano” così nei sindacati Franco riesce a inserire parecchi operai. Gli stessi che hanno fatto assumere in fabbriche strategiche. Gente che sta nella commissione interna della ditta ed è arrivata ad avere voce in capitolo. Col potere sia di dare fastidio agli imprenditori sia, al contrario di tarpare le ali a qualunque tipo di protesta rivolta alle imprese “amiche”… Nelle fabbriche protette da Franco infatti, i “veri”sindacati non hanno nessun potere. Dove c’è roba che a Franco interessa, se qualche dipendente va a lamentarsi, ottiene il contrario. Anzi, peggio… L’atteggiamento verso le ditte “nemiche” è ben diverso. Franco spinge gli operai a fare vertenze per rovinarle. Così, dove non arriva il pizzo arriva quest’altro sistema…Quando otto dei tuoi dieci operai ti fa la vertenza,oggi significa chiusura. Le vertenze poi portano guardagno…i clan si tengono parte dei soldi che i datori di lavoro pagano ai dipendenti al termine di una causa…così gli operai vincono quasi sempre le vertenze e assieme a loro, le vince pure Franco. E guadagna tre volte. Primo, perché intasca denaro. Secondo, perché fa le scarpe al sindacato. Terzo, perché tiene in pugno gli imprenditori o li manda verso il fallimento”.
Vorrei soffermarmi brevemente anche sui cosiddetti “reati ambientali” che rappresentano emblematicamente l’esempio della capacità della ndrangheta di cogliere in tempo reale le esigenze del mercato e di coniugarlo contemporaneamente alla realizzazione di guadagni esponenziali.
La Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse, Relazione territoriale sulla Calabria (relatore sen. Franco Asciutti), già nel 2000 si esprimeva così …
“…su tutto vi è una preoccupante penetrazione ndranghetista nel settore dei rifiuti che vengono smaltiti in discariche non autorizzate, costituite da cave, da specchi d’acqua, da grosse buche scavate in fondi anche agricoli, sulle quali, una volta ricoperte, vengono praticate, non di rado, colture”.
Lo smaltimento illegale non interessa solo la Calabria, ma anche altre regioni, quali Piemonte, Lombardia, Liguria e Campania.
Terra 19.03.2011
La ndrangheta sta facendo uno scempio della campagna lombarda. Tonnellate di rifiuti sarebbe stati scaricati dove dovevano essere messe a dimora solo erba o colture che, con la complicità dei proprietari terrieri scaricano nei propri terreni, ovviamente dietro lauta ricompensa, scarti di lavorazione dei cantieri, per appalti privati e grandi commesse pubbliche come la realizzazione della nuova metropolitana M5 di Milano. Il sistema è semplice, il proprietario terriero ottiene l’autorizzazione per “rinnovare” i propri campi e permette agli amici calabresi, di scaricare nel proprio campo la terra della “ndrangheta” .
I gruppi criminali e la ndrangheta in particolare, pare percepiscano per primi i mutamenti della società e preparati, cercano di governarli. È come se fossero più veloci del resto della società.
Il procuratore di Vibo Valentia, Mario Spagnuolo ci fa un esempio: “noi abbiamo il terribile problema del lavoro e, in particolare, del lavoro in nero, in un’economia debole nel quale l’imprenditore onesto si barcamena tra centomila difficoltà. In questa realtà, la ndrangheta si pone come soggetto che gestisce il lavoro nero: questo in un’ottica economicistica, è un fattore di produzione tale da risultare ridotto come costo. Ciò finisce di fatto per assegnare alla ndrangheta un ruolo all’interno del sistema produttivo”. (Avvenire – 02.12.2011)
La cosa che dovrebbe far riflettere tutta la società legale è che non esiste nessun altro Paese europeo che abbia un fenomeno di queste proporzioni: non esiste una mafia tedesca, o inglese, o francese, o spagnola, esiste la mafia italiana, e quest’anomalia, forse, non la si può comprendere fino in fondo se la si legge come una questione di semplice contrasto ad organizzazioni criminali para-militarizzate, ma va inquadrata nella sua reale dimensione che è quella dell’intreccio perverso tra queste organizzazioni, l’economia e la politica.
Nicoletta Rosi