L’Uomo di Al Capone

“Generalmente un uomo che vive e governa e trae profitti dal crimine ha un’aspettativa di vita misurabile in giorni”. Con queste parole sulle colonne americane dell’autorevole “ Chicago Tribune” si chiude la parabola criminale di Tony Lombardo, l’uomo di Al Capone. Ma chi è Tony Lombardo? E’ un personaggio che in Italia fino questo momento è rimasto nell’ombra,  mentre  nella Chicago degli anni venti ha spadroneggiato, popolando le cronache criminali del tempo, incutendo insieme rispetto e terrore.  Nel L’uomo di Al Capone dello scrittore Luciano Armeli Iapichino,  quindi,  si parla di questo ragazzo di Galati Mamertino molto rispettoso della famiglia che lascia la sua terra d’origine a diciassette anni con soli dodici dollari in tasca per diventare la longa manus di Al Capone. Ma il libro può essere “letto” in campo lungo, nella grande storia dell’enciclopedia sulle mafie, anche come un mosaico che, una volta che rimette insieme tutti i pezzi,  restituisce l’immagine di una mafia che ha sempre tratto linfa dal disagio sociale, dall’arretratezza, facendo sì che ragazzi educati come Lombardo adoperassero l’intelligenza per ingrossare le fila del malaffare. Armeli ha avuto il merito in questo libro edito da Armenio  di mettere insieme i frammenti  di un vissuto remoto, coniugando sapientemente indagine storica e indagine giornalistica per offrire al lettore un ritratto della nostra storia recente che unisce la Sicilia all’America tramite un emigrato diventato ‘zar del crimine’ .  

Questo testo approfondisce la figura di Tony Lombardo, come è nata l’idea di scrivere questo libro?

Da qualche tempo, nel piccolo centro di Galati Mamertino, pullulano come “i fuchi intorno all’ape regina” aneddoti circa la figura di questo personaggio relegato in quella dimensione indefinita e indeterminata che va sotto il nome di “credenza popolare”. Ho ritenuto, di contro, svegliare quella belva famelica che, sdraiata lungo la linea del tempo e chiamata “indagine storica”, si propone di riscrivere, laddove possibile, fatti e verità. Si è trattato, ovvero, del tentativo di far coincidere la valanga d’informazioni ricavate da una “logorroica” tradizione orale con le informazioni desunte dagli archivi giornalistici del tempo e documenti, scremando a monte ciò che poteva risultare inverosimile o illogico.

Che rapporto c’era tra Al Capone e Lombardo e quale era lo spessore criminale del secondo?

Quando m’incamminai a ritroso lungo i percorsi seducenti del tempo, la mia idea di Tony Lombardo si basava sull’errata convinzione che il migrante galatese potesse costituire nel complesso scacchiere criminale fondato da Al Capone una pedina marginale di gangster o comunque anonimo gregario tra gregari; un esecutore della cosiddetta “manovalanza” banditesca  a servizio dei signori della malavita della Chicago anni ’20. In realtà l’indagine storica ha rilevato tutt’altro: Tony era, non solo, un socio d’affari di re Al ma nello stesso tempo fidato consigliere e suo vice nelle delicate trattative tra le efferate gang del tempo. In altre parole il suo “sostituto in esterna”, la sua controfigura. Un uomo a servizio del crimine, inteso come il tessitore di una fitta e delicata rete di rapporti tra malaffare, istituzioni e politica. Del resto, nella Chicago del tempo, i pericolosi percorsi esistenziali divenivano, il più delle volte, per i migranti del vecchio continente quasi obbligati.

Nella stesura lei ha preso in esame gli articoli dell’epoca ma anche racconti che gli sono stati forniti da testimoni “indiretti” di questa figura. Ci sono delle sfaccettature che nel racconto storiografico non ha inserito ma che comunque l’hanno colpita?

In verità, l’opera di filtraggio è stata notevole. Da un lato si voleva evitare di trasformare un lavoro di ricerca storica in un’agiografia pericolosa imbevuta di leggende e affascinanti racconti; dall’altro non si voleva tirar fuori “certi scheletri” che avrebbero (il condizionale è d’obbligo) rischiato di insediare la serenità di qualcuno a distanza di ottant’anni. Alcune cose che non sono state inserite nel breve volume e che hanno suscitato stupore e per certi aspetti incredulità resteranno saldamente custodite nella mia memoria. Del resto anche questo è il fascino del mestiere di chi scava nella dimensione temporale al pari di chi cerca gemme di alta fattura.     

Cosa rimane di Tony Lombardo a Galati Mamertino?

Nel paese natio di Tony, rimane l’immagine di un uomo dalle mille sfaccettature: persona perbene e criminale, astuto e freddo calcolatore e filantropo, gangster e amico della comunità galatese. In effetti, va ricordato che Tony Lombardo, oltre ad elargire prestiti in denaro ad una comunità in serie difficoltà economiche nel periodo tra le due guerre, contribuì (e questo è stato documentato dal podestà dell’epoca Dott. Antonino Bianco) anche alla costruzione del monumento ai caduti sito in piazza San Giacomo. Alla fine rimane per tutti la consapevolezza che una pagina di storia criminale in terra statunitense è stata scritta da questo migrante siciliano, che gli analisti americani non hanno alcun dubbio ad additare come anello decisivo nella travagliata ascesa del signore del crimine: Alfonso Capone