Una delle ragioni del mancato ascolto reciproco che caratterizza, oggi, i rapporti fra l’uomo e la donna, è proprio una conseguenza di questo fattore: dell’aver ignorato che si tratta di due linguaggi diversi e che, per comprenderli, occorre fare uno sforzo per entrare nell’universo mentale, affettivo e culturale l’uno dell’altra.
Ora, perfino se si è capaci di compiere un tale sforzo e se si è disposti a farlo, non è detto che si riesca a superare l’ostacolo, a oltrepassare la barriera; figuriamoci se non ci si prova nemmeno, se non se ne è neppure consapevoli.
Il risultato è quello che abbiamo sotto gli occhi: frustrazione di entrambi; senso di impotenza e di irritazione; delusione e amarezza; sfiducia quasi totale dell’uno verso l’altra; volontà di vendicarsi alla prima occasione, al primo passo falso.
L’uomo e la donna stanno accumulando rancore e perfino una certa qual forma di disprezzo reciproco: non trovano più nell’altro un compagno o una compagna di vita, ma solo qualche fuggevole rapporto sessuale, qualche avventura di breve periodo; e, in fiondo, per molti di essi è proprio ciò che vogliono: qualcosa di più li spaventerebbe troppo.
Non c’è più alcuna fiducia reciproca; si teme che ogni sguardo, ogni gesto, ogni parola, possano essere ritorti contro di sé; quasi quasi si vorrebbe essere accompagnati dall’avvocato ogni volta che ci si deve confrontare, spiegare, aprire.
Aprire: già questo sembra troppo; come è possibile aprirsi a qualcuno che non aspetta altro che vederti indifeso, per sferrarti il colpo basso? La paura non è mai una buona consigliera; e l’uomo e la donna, oggi – duole dirlo – hanno una tremenda paura l’uno dell’altra.
Ecco perché le loro parole e i loro discorsi scivolano via senza lasciare traccia, come i disegni che i bambini fanno col dito sulla sabbia della spiaggia e che l’alta marea cancella in un baleno, senza che ne resti più alcuna traccia.
Scivolano via: e non c’è qualcuno che li ascolti, che vi rifletta, che ne faccia occasione di ripensamento del proprio agire, del proprio porsi nei confronti dell’altro. Nessun ascolto, nessuna riflessione, nessun ripensamento: solo un monotono ripetere le stesse dinamiche; un girare sempre attorno a se stessi, reiterando, magari, sempre gli stessi errori.
Ciascuno è come un disco rotto che ripete sempre la stessa canzone; ciascuno sa solo ribadire il proprio punto di vista, senza imparare niente, senza mai mettersi in discussione, senza essere sfiorato mai dal dubbio che, nella vita, si possa far qualcosa di meglio che restare sempre fermi, incentrati narcisisticamente sul proprio ombelico.
Eppure il bello della differenza di genere è proprio questo: la possibilità del confronto tra diversi e, quindi, dell’arricchimento reciproco, sia pure attraverso alti e bassi di comprensione e incomprensione, di tenerezza e rabbia, di dolcezza e inasprimento. Due esseri diversi che s’incontrano, restano affascinati dalla loro diversità, e tuttavia accettano la sfida di gettare un ponte verso l’altro, di trovare un terreno comune per capirsi e, addirittura, per completarsi.
Perché l’uomo non è completo senza la donna e la donna non è completa senza l’uomo: manca loro qualcosa, qualcosa di cui sentono di avere un disperato bisogno. È per questo che si cercano, e non solo per accoppiarsi e fare all’amore; e chi non ha compreso questo, non ha compreso nulla della terribile serietà e dell’incomparabile splendore che si realizzano nell’incontro tra il maschile e il femminile.
Oggi se ne vorrebbe fare quasi a meno, lo si vorrebbe sostituire con qualche cosa d’altro: ma non c’è niente, assolutamente niente, almeno sul piano del finito, che possa superare la bellezza e l’importanza di un tale incontro, per quanto esso possa rivelarsi problematico e gravido di incomprensioni e sofferenze.
Ma oggi, appunto, non si vorrebbe più soffrire: si vorrebbe stare sempre bene, ma uno star bene artificiale, come quello delle bambole di plastica; non lo star bene delle persone vere, con un cuore di carne, con dei nervi e del sangue ed un cuore che batte, che batte più forte quando l’incanto dell’incontro con l’altro bussa alla porta, magari inaspettatamente.
Si vorrebbe la dolcezza della vita, ma senza i rischi che la rendono così preziosa e che ci insegnano ad attribuirle il suo giusto valore; si vorrebbe ricevere senza dover dare; si vorrebbe che l’altro si aprisse, senza correre il rischio di aprirci a nostra volta.
Troppo comodo; non è così che funziona.
L’incontro fra uomo e donna, l’incontro vero, profondo, capace di arricchire la vita, non è per i pavidi sempre in cerca di protezione, ma per i coraggiosi disposti a mettersi in gioco, senza trucco.
di Francesco Lamendola