La baraccopoli torinese a Messina

Ancora una volta in Sicilia si torna a parlare di Cinema. Questa volta è il turno di Messina: giovedì 5 Maggio i cittadini potranno assistere alla proiezione del film-documentario “I ricordi del fiume”, diretto da Gianluca e Massimiliano De Serio. La pellicola, prodotta da La SarrazPictures in collaborazione con Rai Cinema, è stata presentata fuori concorso all’ultimo Festival del Cinema di Venezia.

Protagonista indiscusso del cinema è un “luogo geografico”: lo sostengono i registi che, dopo oltre 18 mesi di riprese, hanno scelto di raccontare il lento e spietato smantellamento di Platz, baraccopoli torinese rasa al suolo nel 2015. Labirintico groviglio di lamiera, il quartiere fantasma ospitava da anni migranti rumeni, rom e qualche italiano finito sul lastrico: un’infinità di esistenze, di storie, di speranze disattese. Un mondo a sé stante, lontano dalla rassicurante routine dei passanti che raramente gettavano uno sguardo distratto al di là del fiume Stura, dove centinaia di persone si annidavano silenziose.

“La prima volta in cui siamo entrati, con camera e microfono, è stata una notte di febbraio – riferisce uno dei gemelli Serio – Subito ci hanno accolto i ragazzi, più o meno nostri coetanei, in qualche modo già incrociati nel quartiere in cui viviamo anche noi. Era forse la prima volta che qualche non abitante del Platz vi entrava di notte. E da quel momento non abbiamo smesso di filmare, di vivere con loro”.

Un dedalo brulicante di vite da raccontare, di memorie da preservare dall’imminente smantellamento. Prima che le ruspe si abbattessero decise sul mucchio disordinato di catapecchie, i De Serio sono riusciti a sottrarre alla furia distruttiva il cuore pulsante della baraccopoli.

“Fare questo film, per noi voleva dire trattenere i ricordi, dare un’opportunità in più alla vita di essere ricordata. Voleva dire presentare un luogo vittima di pregiudizi come è nella realtà, o almeno più vicino alla sua realtà, rispetto all’immagine stereotipata dei giornali, dei politici in continua propaganda.” Il regista tenta di spiegare al grande pubblico cosa significhi inoltrarsi, macchina da presa alla mano, nei vicoli dimenticati di Platz, conoscerne gli abitanti, ascoltare le loro storie.

Molti fra gli sfollati hanno fatto ritorno in Romania, forse per poco tempo. In quei luoghi per loro non c’era più nulla, eccetto forse il bagaglio di miseria che avevano tentato per anni di gettarsi alle spalle. “Fra gli irriducibili c’era anche Ion, che nel film ha solo una scena, ma di cui abbiamo ore e ore di girato. In Romania non c’era più, lo abbiamo trovato nella periferia di Milano, in uno stabile occupato da famiglie Rom, romeni poveri e italiani in rovina. Siamo andati con la camera, volevamo filmarlo: alla fine lo abbiamo solo abbracciato.”

Di storie come quelle di Ion ce ne sono diverse, tutte raccontate dal sovrapporsi di immagini e parole, dagli squarci catturati quasi per caso dalle telecamere della troupe. C’è persino un siciliano a Platz: il suo nome è Settimo ed è uno fra i più rispettati, forse proprio perché è uno dei pochi italiani. Ha una grande cicatrice sul ventre, ricordo indelebile di una scarica elettrica folgorante, presa su un traliccio mentre tentava di trafugare un po’ di rame. Adesso Settimo raccatta rame e ferro, fa lavori di manutenzione e si prende cura di Ionela, che ha salvato da un marito violento.

Rispetto alla versione presentata a Venezia, quella a cui si potrà assistere fra pochi giorni risulterà più breve. I registi hanno preferito ridurre la durata del film, forse per renderlo fruibile a un numero maggiore di spettatori, forse restituire ai volti e alle parole il tempo rubato da panorami silenziosi.

96 minuti per ricordare, non bastano di certo. Non ne bastavano neanche 146: per ricordare non basta una vita, eppure le riprese dei fratelli Serio riescono a raccontare vite intere.