La “castrazione sessuale” negli istituti di pena

In Italia, un argomento particolarmente spinoso e volutamente non affrontato è la sessualità in carcere.

Il carcere è un luogo sconosciuto, dove la maggior parte delle persone è estranea alle reali problematiche che in esso si affrontano. Pur essendo un’istituzione altamente totalizzante, il carcere è quel luogo deputato alla rieducazione di colui che,  dopo aver avuto un “incidente di percorso”,  viene obbligato a trascorre un periodo di tempo più o meno lungo in condizione di isolamento dalla società, al solo fine di restituirlo ad essa possibilmente equipaggiato di strumenti che gli consentono di affrontare le difficoltà della vita senza imboccate strade sino ad allora battute, di fare appunto scelte diverse.

In carcere, il detenuto viene spogliato di tutti i suoi avere e abitudini. Una delle tante privazioni a cui il detenuto è assoggettato è la sessualità.

Parlo di sessualità in carcere proprio perché a differenza dell’Italia, sono ormai numerosi i Paesi nel mondo che prevedono nel proprio ordinamento ore d’intimità per detenuti, nella convinzione che affettività e sessualità non abbiano un valore premiale, ma siano piuttosto elementi funzionali alla rieducazione del detenuto.

Si tratta di Paesi anche estremamente diversi fra loro in riferimento allo sviluppo culturale, l’aspetto economico ed il grado di civilizzazione, ma che sono stati capaci di proporre e concretizzare  soluzioni che, per quanto possano suscitare critiche anche piuttosto accese e opinioni avverse, mettono in evidenza come dei rimedi, al problema della “castrazione sessuale” negli istituti di pena, possano essere trovati.

Si passa da esperienze normative in cui la sfera affettiva viene garantita attraverso la semplice concessione di colloqui prolungati e non controllati (è il caso della Croazia e dell’ Albania) a esperienze in cui l’esplicazione del diritto passa per la predisposizione di vere e proprie strutture a ciò preposte.

In molti paesi del nord Europa, come Norvegia e Danimarca, la normativa penitenziaria garantisce la più completa intimità mettendo a disposizioni dei soggetti ristretti strutture con camere matrimoniali, servizi e cucina; l’intento è quello di ricreare una condizione quanto più possibile intima, in cui il detenuto e il partner possano manifestare liberamente il proprio rapporto affettivo.

Il primato nell’ammettere la sessualità in carcere spetta agli USA, in particolare nel Mississippi , che ha affrontato questo problema già dal 1900 … oramai sono molti i Paesi che in questo grande Stato concedono colloqui intimi col coniuge. Ma non sono i soli. Ci sono Stati come la Russia, il Giappone, l’Iraq che hanno condizioni detentive disumane, che prevedono la pena di morte nel proprio sistema penale, ma che contemporaneamente ammettono la sessualità in carcere; le prigioni sono veri e propri lager eppure gli incontri intimi, senza il controllo visivo né auditivo degli agenti, sono previsti dal regolamento. Da un testo di Hopper scritto nel 1969 apprendiamo che i colloqui intimi si realizzavano da oltre trent’anni, anche in Bolivia, Cile, Brasile, Venezuela, Colombia, India, Pakistan.

Com’è facile constatare, si tratta di Paesi dominati dall’arretratezza e dalla povertà, realtà certamente meno sviluppate rispetto all’Italia, dove vigono  sistemi dittatoriali che oltraggiano ogni diritto dell’uomo,  che calpestato i diritti dei cittadini e impediscono ogni forma di democrazia.

Ma andiamo avanti. Dei Pesi extraeuropei si distinguono in ambito penitenziario due Stati:  L’Albania e la Croazia.

In Albania l’ordinamento penitenziario li chiama colloqui “speciali”, mentre gli agenti di custodia li definiscono colloqui “particolari”; constano  di 3 ore al mese di intimità col proprio partner e vengono concessi ai detenuti da quasi 60 anni. L’aspetto innovativo dell’Albania in questo ambito è rappresentato dal fatto che nel carcere di Tirana, dal 2006 tali incontri vengono concesse anche alle donne . Benché il regolamento non facesse cenno a distinzioni di sesso, è chiaro  il motivo che precludeva alle donne di usufruire di questa concessione, ossia la possibilità di  gravidanze in carcere. A tale scopo, oltre ad adibire stanze appositamente dedicate, vengono fornite di preservativi e depliant sui metodi contraccettivi. In Croazia , le ore dedicate al partner mensilmente sono 4 .

Tra le carcere d’Europa, si possono annoverare i paesi scandinavi, quindi Finlandia, Norvegia, Svizia, Danimarca. In particolare in Finlandia,  vengono concessi ai detenuti incontri intimi, fino a 4 giorni di fila , da trascorrere o con il proprio partner o con i propri figli . Durante il convegno sugli affetti tenutosi nella casa di Reclusione di Padova nel 2002 , pare che in alcuni istituti in Francia,  siano partiti in via sperimentale questo tipo di incontri tra detenuti e i propri partner. In questo caso, vengono concessi da 8 a 72 ore. In Germania esistono da tempo le camere dell’amore che, vengono previsti per i detenuti che hanno da scontare pene piuttosto lunghe. In Belgio li chiamano  “colloqui affettivi” , della durata di 12 ore di fila … Anche l’Olanda li prevede, solo per i detenuti che hanno rapporti sentimentali stabili.

La Spagna è la Nazione che in Europa si distingue per leggi e regole penitenziarie, è un caso assolutamente unico e all’avanguardia. Dal 1991 la legislazione penitenziaria propone i “vis a vis” ossia i colloqui intimi, si tratta di 4 ore al mese che hanno luogo in una stanza dove la riservatezza è assicurata. È  un diritto di uomini, quindi riconosciuto anche alle donne e agli omosessuali, sia condannati definitivi che in custodia cautelare.

Per quanto riguarda i casi unici in Europa, oltre alla Spagna possiamo annoverare anche la Svizzera. La particolarità delle carceri Svizzere in tema di sessualità è rappresentata dal fatto che i direttori  hanno ampi poteri decisionali in tale ambito. Sin dagli anni ‘80,  si è data la possibilità ai condannati di realizzare incontri affettivi intimi con i familiari. Questa possibilità è concessa a tutti i detenuti, senza distinzione alcuna, l’unica condizione è che siano passati 24 mesi dall’inizio della carcerazione, in tal caso sono previsti i cosiddetti “ congedi interni”. Tali congedi danno la possibilità di trascorrere fino ad un massimo di sei ore consecutive, ogni due mesi, in un miniappartamento denominato “La Silva” che si trova al di fuori del perimetro di alta sicurezza ma comunque in un’area adiacente all’Istituto Penitenziario.

Tutti i Paesi europei citati offrono la possibilità di avere degli incontri intimi all’interno delle mura carcerarie. Gli incontri intimi avvengono in piccoli appartamenti dall’ambiente confortevole e avvengono per un semplice motivo: l’affettività e la sessualità sono intese come parte integrante del programma trattamentale finalizzato alla rieducazione del detenuto e al suo reinserimento in società.

In Italia si è per poco tempo auspicato alla realizzazione di colloqui intimi. Sin da subito si è inteso che tale argomento creava un certo imbarazzo che si rispecchia chiaramente nella terminologia scelta per trattare l’argomento. Si è parlato di “colloqui intimi” anziché incontri intimi, quello che di fatto sono. La prima proposta di legge in materia risale al 1996 , la cosiddetta legge Folena, che parlava di affettività e non di sessualità, palesando la chiara reticenza sull’argomento.

Senza dilungarci troppo sulle evidenti carenze di questo progetto di legge (la concessione una volta a mese (4 ore) di intimità non sorvegliata venivano previste a mogli o conviventi, lasciando evidentemente fuori fidanzate, o non prevedendo soluzioni nel caso di soggetti omosessuali; inoltre era prevista la concessione di 15 giorni a casa per soggetti che dimostrano un chiaro e forte attaccamento alla famiglia. Tale valutazione doveva essere fatta dagli agenti di custodia che chiaramente non hanno gli strumenti per farlo), mi limito a dire che la non applicazione di questo progetto di legge è una fortuna, visto le disuguaglianze che avrebbe provocato.

La seconda proposta è quella presentata nel 2007 dall’onorevole Pisapia . Si propone di riconoscere ai detenuti il diritto di trascorrere alcuni periodi di tempo con le persone con le quali vi è un rapporto affettivo, in appositi locali, o in aree aperte ove meno difficile è il rapporto “umano”. Si trattava, di consentire l’affettività in carcere, in linea con gli altri Paesi europei . Il no del Consiglio di Stato ha impedito l’avvio sperimentale di questo tipo di esperienze.

Nel 2002 abbiamo la proposta Boato-Ruggeri, considerata dagli esperti del settore  l’ultima proposta articolata in materia di affettività-sessualità in carcere. Tale proposta attualmente giace in parlamento in attesa che i politici italiani decidano di considerare la privazione della sessualità dei detenuti come un problema che tocca non solo i familiari, ma come un problema di civiltà, di privazione di diritti.

In realtà,  in Italia il problema principale è rappresentato dalla mancanza di luoghi da adibire a tale scopo. Inoltre l’ordinamento penitenziario in materia di  sicurezza che va a configgere fortemente con la possibilità di concedere incontri che non siano sotto lo stretto controllo visivo degli agenti di custodia.  

E’ addirittura inutile precisare che l’intimità non può essere consumata con la presenza di una guardia che vigila e aspetta …

L’astinenza sessuale alla quale costringe il microcosmo carcerario è avvertita e vissuta dalla popolazione detenuta come una pena aggiuntiva e ciò non fa che aggravare il già precario stato psicologico dei reclusi In Italia, il momento di chiedersi se fra i bisogni e i diritti dei detenuti vi siano anche il bisogno e il diritto di amare e di essere amati … la soluzione a questo problema non è difficile, basterebbe banalmente voler copiare le soluzioni adottate dagli altri Paesi di grande civiltà penitenziaria.

Nicoletta Rosi