“A Barcellona il silenzio e l’indifferenza uccidono più del piombo”. Risuona questa frase nella sala conferenze dell’Ex Stazione Ferroviaria di Barcellona Pozzo di Gotto così come resta fissa sullo schermo a lettere cubitali durante la commemorazione del giornalista Beppe Alfano, avvenuta venerdì 8 gennaio, nel giorno del suo 17° anniversario. Ad onorare la sua memoria ci sono stati tanti personaggi pubblici, una platea stracolma di residenti del comune tirrenico e di persone giunte da fuori Messina ma soprattutto i parenti del cronista, in primis la figlia Sonia, eurodeputato di IdV e i familiari di altre vittime di mafia. A moderare l’incontro pomeridiano che è seguito al raduno davanti alla targa di Alfano con tanto di corteo fino all’ex Stazione, non poteva che essere l’avv. Fabio Repici, che ha rappresentato non solo la famiglia Alfano ma, a tutt’oggi, rappresenta anche le famiglie Campagna, Manca e Parmaliana le cui vittime, sottolineiamo, sono: rispettivamente Graziella di 17 anni, Attilio, medico di 34 anni (non ancora riconosciuto vittima) e Adolfo (suicidato per le pressioni della mafia di Terme Vigliatore), 50enne e docente di chimica dell’Università di Messina.
Tra gli ospiti della manifestazione, c’è stato anche il tanto discusso Vice questore di Palermo, Gioacchino Genchi che ha ripreso servizio soltanto a febbraio del 2009, dopo anni di aspettativa sindacale non retribuita. Il dirigente della Polizia conosce bene la crudeltà della mafia. E’stato lui ad arrivare due ore dopo in via D’Amelio, dove perse la vita Paolo Borsellino, riconoscendo nel castello di Utveggio il luogo da cui sarebbe partito il radiocomando per innescare l’esplosione della strage. Genchi rappresenta uno dei migliori esperti di informatica e telefonia del nostro Paese, per questo chiamato ad intervenire nei principali processi di mafia e a prestare consulenza di noti magistrati quali Falcone e De Magistris.
La sua fama di personaggio integerrimo è stata segnata da una pesante vicenda giudiziaria che lo ha visto coinvolto dal premier Silvio Berlusconi in un presunto scandalo di intercettazioni. Ma Genchi è capace di incrociare tabulati telefonici, non studia le intercettazioni. In ogni modo, su mandato della Procura di Roma, ha subito il sequestro dei computer contenenti tutti i suoi dati raccolti da consulente ed è stato scagionato appena 7 mesi fa.
“Se non avessi incontrato Sonia Alfano e l’avvocato Repici che mi ha difeso strenuamente non so come avrei fatto” – esordisce Genchi. Messina e Reggio Calabria fortunatamente non hanno pagato come ha pagato Palermo dove sono stati uccisi magistrati – continua. Qui è più facile comprare i magistrati. Qui muoiono i giornalisti come Beppe. E Beppe muore ogni giorno in cui vengono raccontate cattiverie su di lui e ne sono state riferite tante”.
“Sì, lui era un uomo politicamente di destra, una destra da cui è stato ucciso e tradito – afferma il vicequestore. Gli uomini di destra nel 1992 furono eletti perché strumentalizzarono Mani Pulite
“E ancora – aggiunge Genchi – i servizi di sicurezza sono sempre più deviati. Per avere una dittatura non c’è bisogno di olio di ricino o torture, ci vuole l’impunità dettata da promozioni di uomini che proteggono la mafia, camuffando e controllando l’informazione. Al sud, in particolare, sopravvivono logge massoniche e paramassoniche che non hanno certamente paura di chi le tutela ma hanno paura di chi le denuncia”.
Grande assente per motivi familiari oggi è Salvatore Borsellino, previsto ospite e fratello del giudice Paolo ucciso dalla mafia, che ha sempre portato in tutta Italia incisive testimonianze sulle inchieste giudiziarie del suo consanguineo.
“Salvatore Borsellino – riferisce Repici – è un esempio di questa Meglio Gioventù che è presente qui oggi e che opera con convinzione, senza paura e con spirito combattivo”.
Poi è il turno di salire sul palco per Angelina Manca, madre di Attilio, di cui l’avv. Repici dice: “La migliore persona che ho conosciuto a Barcellona per la sua umanità”.
“Ogni volta che viene commemorato Beppe Alfano è come se venisse commemorato mio figlio – dichiara la sig.ra Angelina. Vedere tanta gente mi riempie il cuore di speranze. Sonia qui porta gioia tra i giovani: questo vuol dire che ha sparso il suo seme che è stato raccolto dalla gente”.
“Sonia è nel mio cuore ma è stata diffamata – prosegue la professoressa Manca. Alfano è entrato a far parte della mia famiglia. Giornalista serio, con la schiena dritta. Chi ne parla, ultimamente, lo fa solo per gettare fango. I cittadini si spaventano di starci accanto, di stare accanto a chi ha lottato per difendersi come noi familiari delle vittime. La verità è che i processi di mafia sono truccati come quello Mare Nostrum. Lo ricorda spesso l’avv. Repici. Dov’è finita l’indagine De Rossi in cui si prendeva atto delle intercettazioni di Provenzano e della sua latitanza a Barcellona? Cosa ne hanno fatto i giudici? Durante il processo della nostra famiglia, addirittura, è stato chiamato a testimoniare Carmelo Castanotto, il migliore amico di Attilio non per fare una deposizione a suo a favore ma contro di lui, a dire che mio figlio non era mancino”.
“Anziché parlare male di loro che non possono più difendersi – conclude Angelina – perché non si cerca tra i magistrati corrotti!”.
In base a questa grave testimonianza a cui fa riferimento la madre di Attilio, suo figlio, non essendo quindi mancino, avrebbe potuto utilizzare la mano destra per suicidarsi con le siringhe trovate nel suo appartamento ed iniettate nel braccio sinistro.
“Alfano era un giornalista CURIOSO e TENACE – commenta il moderatore Repici. Ma soprattutto era un ottimo cittadino che si poneva delle domande attraverso le sue inchieste che sono andate oltre, hanno toccato le alte sfere di Cosa Nostra. Eppure ogni persona dovrebbe porsi delle domande. La DEMOCRAZIA è fondata sui cittadini che si chiedono perché accadono i fatti e pretendono delle risposte come è successo a Pietro Campagna, fratello della vittima Graziella, giustiziata dalla mafia”.
“Io ricordo Alfano scalzo, scendeva così, magari al bar sotto casa – racconta Pietro Campagna salito sul palco – per far leggere ai ragazzi del quartiere i suoi articoli che parlavano di noi, del nostro paese. Aveva grande entusiasmo e affabilità. Non smetteva mai di cercare la notizia in giro”.
“Lui per mestiere è stato ammazzato. Graziella è morta perché voleva guadagnarsi 150 mila lire al mese. Lavorando in quella lavanderia è stata presa di mira dal boss Alberti Junior che, ora, è stato mandato a casa perché stava male. Lei era una ragazza semplice che voleva solo sposarsi. Il suo desiderio era di indossare un giorno l’abito da sposa. Non si può modificare le sentenze, non si può avere pietà verso un criminale che è stato condannato al carcere a vita (ATTENZIONE!) quindi senza possibilità di cambiamenti mentre scontava la pena, neppure per gravi motivi di salute. Comunque questi gravi motivi non esistono – dice il carabiniere. Lui sta sicuramente meglio di mia madre e di mio padre che non c’è più”.
Momenti vibranti sia per le parole pronunciate da Campagna sia per il video proiettato durante la manifestazlone e preparato dalla stessa europarlamentare di IdV e dal suo staff dove scorrevano le immagini delle malefatte del procuratore generale della Corte di Appello di Messina, Antonio Cassata. Il portavoce nazionale dei Familiari dell Vittime della Mafia ha anche voluto che alcune copie di quel DVD fossero distribuite in sala per non dimenticare mai la verità dei processi di Cosa Nostra.
“Barcellona non è un giardino fiorito – spiega Sonia Alfano – ma è la Corleone del nuovo millennio come dice anche il libro dedicato ad Adolfo Parmaliana. C’è una parte di Barcellonesi che non si perde mai la commemorazione di mio padre e lo dimostra questa sala piena. Ma è anche vero che c’è un’altra parte confusa oppure non sa da che lato stare e sceglie la tranquillità. Chi vive qui è confuso, magari vede il delinquente come il vicino di casa o il compare. Poi c’è chi non crede neanche alle carte processuali che rivelano l’inadeguatezza del procuratore generale Cassata nei procedimenti di mafia come vi abbiamo fatto vedere nel DVD, mostrato oggi pomeriggio”.
“Io vi chiedo – incalza la figlia del giornalista – se non credete ad una solo parola di quello che è stato riportato in questa proiezione di dirlo subito e di denunciarmi. DENUNCIATEMI SE NON CI CREDETE!
“Io non se è un bene che non vivo più qui la mia vita – ribadisce. So che comunque mi batterò per questa cittadina perché un giorno vinca la legalità. Magari qualcuno può pensare: ma guarda questa che viene una volta l’anno a stravolgere il nostro paese per commemorare suo padre e a parlare male di noi. Queste persone sono magari le stesse che hanno detto di tutto di mio padre: si è detto che andava a donne, che giocava d’azzardo a carte, che molestava le sue allieve. Ma tutto questo non è servito ad insabbiare la sua memoria. Anzi io chiedo a queste persone: dov’erano quando mio padre era già cadavere ambulante? dov’erano quando noi della famiglia aspettavamo le sentenze in Tribunale? dov’erano quando l’11 dicembre è stato liberato dal carcere l’omicida di Graziella Campagna?”.
“Per me, per noi congiunti è sempre un travaglio interiore non indifferente tornare qui e dover affrontare non solo il dolore ma anche le calunnie – continua l’europarlamentare. Fino a qualche anno fa, davanti la lapide di mio padre in via Marconi, c’erano i cassonetti dell’immondizia a dimostrazione del rispetto verso Alfano da parte delle istituzioni del paese. Io ricordo a tutti voi che il mandante militare dell’assassinio di mio padre, Gullotti frequentava il circolo culturale di Barcellona Corda Fratres a cui afferivano altri personaggi di spicco della politica come Nania. Io ricordo che, al momento dell’omicidio di mio padre, sono arrivati i Servizi Segreti che facevano capo ai Santapaola. La magistratura lo sapeva. Lo Stato lo sapeva. Quindi noi non dobbiamo avere paura di raccontare. La mafia ha paura di noi, di chi manifesta le proprie opinioni”.
“Qualcuno mi accusa di aver usato il nome di mio padre – conclude l’On. Alfano – ma vorrei ricordare a questo qualcuno che il nome di mio padre è anche il MIO e che scorre anche il suo sangue nelle mie vene e in quelle dei miei cari”.
“Prima alla mafia bastava ammazzare – afferma l’On. Di Pietro. Poi ha iniziato a diffamare, poi è entrata nelle istituzioni legittimando le intimidazioni ad alti livelli. Bisogna controllare le attività di Stato non delegittimare o intimidire. Bisogna proporre persone per bene per togliere quelle per male. I Servizi Segreti ci devono essere per portare avanti l’operato di ispezione ad ogni livello, in tutte le cariche istituzionali. Ma, adesso, sarà più difficile visto che il Governo ha appena formalizzato un Lodo Alfano Ter. Io, De Magistris ed altri magistrati ci siamo dovuti dimettere perché non siamo più riusciti a fare il nostro lavoro. Beppe Alfano invece ha continuato a fare la sua professione con coraggio”.
“Sonia Alfano è stata accusata di aver usato il proprio nome per i suoi interessi, per farsi eleggere- prosegue il leader di IdV. Ma se anche fosse? Cosa deve fare una vittima di mafia per farsi ascoltare e farsi giustizia. Io spero che ci siano altre, MOLTE Sonia Alfano ai vertici di Governo”.
“Quando si ama la propria terra la si vuole cambiare – chiarisce il Sen. Beppe Lumia, componente della commissione Nazionale Antimafia. Da questo spirito era spinto Beppe Alfano. Invece per tanto tempo, lui è stato visto come se fosse stato vittima di una MALATTIA, NON DI UN CONTESTO MALAVITOSO. Nel 10° anno della sua scomparsa, la famiglia ha squarciato l’omertà di questo paese”.
“Stamattina, ho assistito a un funerale di un ragazzo a Niscemi – rivela il parlamentare. Si è scoperto che è stata ancora una volta la mafia. Il suo corpo è stato rinvenuto dolo 14 anni grazie alla rivelazione di due pentiti. Ma è stato sorprendente vedere la madre-coraggio soddisfatta, dopo anni di ricerche e denunce pubbliche, di aver dato pace al figlio appena 19enne e trovato la spiegazione a questa scomparsa così precoce. Pierantonio Sandri, così si chiamava, è una delle tante vittime che ha visto in azione la lupara bianca e per questo è stato assassinato”.
“Noi abbiamo bisogno di un’Antimafia del GIORNO PRIMA – ammonisce il senatore del PD – che preveda le mosse di Cosa Nostra e che non faccia più espandere la criminalità nel territorio. La mafia uccide ma finanzia anche gli affari sporchi, di grande portata come il mega centro commerciale che si vuole costruire a Barcellona. Il proprietario risulta un certo Rosario Cattafi, noto personaggio della malavita, con la sua società Dibeca Snc