La cultura salvera’ Messina

La cultura salverà Messina. Difficile a crederlo in un paese dove la scuola pubblica è a pezzi, l’università in ginocchio e i fondi della ricerca tagliati a zero.

Ma nella cultura come unica via di salvezza per la nostra stanca e disorientata società post moderna in generale e per la ormai morente, e generalmente anche dormiente, città di Messina ne sono convinti coloro che hanno Occupato il Teatro in Fiera. L’hanno chiamato “un regalo per la città di Messina”. L’occupazione simbolica è avvenuta a conclusione della street antifascista indetta per sabato 15 dicembre. i membri di associazioni,movimenti e partiti che hanno sfilato giorno 15, in polemica con la manifestazione di Forza Nuova prevista per il pomeriggio, hanno voluto ribadire, con performance ad opera di attori,musica e colori – spesso portando sotto braccio mucchi di libri – come la cultura sia strumento di libertà e rispetto per il prossimo. Un rispetto per il prossimo che non tollera la discriminazione di ogni cosiddetta “diversità”. Per questo, per tutto il percorso da Piazza Antonello a Castronovo, sono stati scanditi slogan contro razzismo e omofobia. Se si temevano possibili provocazioni da parte antifascista al corteo di Forza Nuova, nulla di tutto questo è avvenuto. Erano altri i progetti dei manifestanti. Verso le tre del pomeriggio un gruppo di attivisti, al ritorno dalla manifestazione, ha fatto irruzione nel Teatro in Fiera, riaprendolo alla città dopo ben diciassette anni. Fu chiuso e abbandonato, infatti, nel 1995. “Avremmo voluto donare un “nuovo” teatro, ma abbiamo scoperto un cratere: al posto della platea un cumulo di macerie, emblema dello smottamento culturale e civile che ha investito questa città negli ultimi vent’anni”- recita il comunicato redatto dall’Assemblea Antifascita Permanente -” Un teatro che adesso è simbolo del fallimento assoluto di un’intera classe dirigente che a fronte di mega progetti sponsorizzati da soggetti privati (o da soggetti pubblici subalterni a interessi privati) non ha avuto cura di un bene pubblico così prezioso. Non solo il teatro: l’intero plesso fieristico…oltre 30 mila metri quadri sottratti alla collettività”. L’occupazione del Teatro in Fiera – immediatamente ribattezzato Teatro Pinelli dal momento che il 15 dicembre ricorre la morte in circostanza tutt’oggi sospette del ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli – ha raccolto l’immediata solidarietà del Teatro Valle Occupato di Roma e del Coppola di Catania. Ma al fianco degli attivisti si sono levate anche voci molto più “istituzionali”, oltre l’appoggio del Partito di Rifondazione Comunista e del Circolo Arci Thomas Sankara – un supporto non solo verbale, visto la presenza di diversi membri del partito durante le iniziative di questi giorni – ha espresso la massima solidarietà con gli occupanti anche il Presidente del IV Quartiere Francesco Quero, seguito dalla deputata all’ARS in quota 5 Stelle, Valentina Zafarana. Ha riconosciuto la legittimità dell’azione degli attivisti e di conseguenza le problematiche da loro sollevate anche Sinistra Ecologia e Liberatà, il Partito Democratico e il Comitato La Nostra Città. L’assemblea cittadina, indetta il giorno dopo l’occupazione ha registrato una partecipazione straordinaria.

Circa duecento persone, anche provenienti da percorsi e realtà molto diverse tra loro, si sono riunite per ascoltare, discutere e proporre. Renato Accorinti, intervenendo all’assemblea nel padiglione sette insolitamente gremito, ha ribadito il concetto da cui siamo partiti anche per scrivere questo articolo: la cultura salverà Messina. “Gli spazi culturali sono fondamentali per cambiare la nostra città” – ha ricordato con la felpa blu No Ponte al posto della maglia rossa– “Per trasformarla dal freddo e indifferente condominio di 250.000 abitanti quale ormai è, in una comunità. Messina era una città meravigliosa. Ed era nostra. Se la sono presa le chiese, i privati e i militari. Dobbiamo lottare per riprendercela, se no, non ne usciamo vivi”. E Accorinti ha ricordato anche le tappe che hanno portato alla nascita del Movimento per la Cultura, ironizzando sul fatto che quando entrò nel deposito dove marcivano i libri dell’Archivio Storico lo minacciarono di denunciarlo alla polizia, “senza accorgersi del crimine culturale che stavano perpetrando”. Ora i preziosissimi volumi dell’Archivio sono in salvo nella biblioteca del Palacultura Antonello. A dimostrazione che “la lotta, paga”. Ma resta ancora tanto, tantissimo da fare. Come liberare il PalAntonello stesso dagli uffici per trasformarlo finalmente in quello che dev’essere: un luogo di cultura aperto a tutti nella più assoluta gratuità. Ad ascoltare Accorinti tanti artisti ed attori, per la maggior parte ragazzi. Persone con tanto talento quante poche possibilità per esprimerlo. Si replica il giorno dopo con un’assemblea che vede il faccia a faccia con le istituzioni nelle figure del Prefetto Stefano Trotta e del Presidente dell’Autorità Portuale Antonino De Simone. Quest’ultimo parla della fiera campionaria come una sorta di mercatino rionale. Non essendo di Messina, cosa sottolineata dalla caratteristica flessione partenopea, dice testualmente: “Mi hanno detto che c’era l’usanza di fare ogni estate una specie di mercatino rionale”. Si vorrebbe ribattere che forse al Presidente non è stato riferito che quello che definisce in modo tanto svilente è quel che resta della seconda fiera campionaria d’Italia. Ma quel che resta appunto. E di fronte a questa considerazione e ai fatti che hanno visto negli ultimi anni la Fiera ridursi ad un ammasso un po’ triste di bancarelle, si può solo scegliere di rimanere in silenzio. E ingoiare amaro. È il terzo giorno dell’occupazione. L’assemblea è nuovamente affollata. Gli attivisti fanno presente a De Simone e Trotta che il destino di un’area così bella ed importante come quella del quartiere fieristico non può essere gettata in pasto ai privati. Bisogna lasciarla aperta e fruibile per tutti i cittadini. Nicola Bozzo, avvocato, propone l’ipotesi del “comodato d’uso”. In questo modo i manifestanti – quindi ogni cittadino che ne abbia voglia – potrebbe occuparsi del luogo con il beneplacido delle istituzioni a cui compete la giurisdizione, Autorità Portuale in testa.
Mercoledì, quinto giorno del neonato teatro Pinelli. O del redivivo Teatro in Fiera. Si compila la lista dei primi libri di una biblioteca. Nell’assemblea del 17 dicembre, Ezio Bruno, professore di fisica all’Università di Messina, aveva amaramente fatto notare come: “in questa città non esiste cultura perché tutti quelli che studiano vanno via e chi torna, o resta, se ne pente”. Una triste verità seguita da un monito di speranza. cita, infatti, Albert Camus, il professore, ricordando: “la cultura è peste!”. Aforisma che rende bene l’idea di un contagio terribile e non arginabile. Il filosofo e drammaturgo francese, Camus appunto, sembra accompagnare questa storia dal suo inizio. Alcuni brani delle sue opere sono stati interpretati dagli attori che hanno dato vita a delle performance durante il corteo di sabato 15. Un giusto tributo all’autore de “La Peste” e “L’uomo in rivolta”. Colui che scriveva,appunto: “Io mi rivolto, dunque siamo…”.

Eleonora Corace