Lo scorso 6 luglio il Mercato San Lorenzo di Palermo ha ospitato l’esibizione live del gruppo “Le Matrioske”. Questo nome già lascia intuire le tante sorprese che bisognerebbe aspettarsi dal curioso quartetto musicale siciliano, presente a Palermo dal 2011.
Una di queste è senza dubbio la presenza, all’interno del gruppo, di Virginia Maiorana, musicista originaria di Barcellona Pozzo di Gotto con la passione per la musica e per uno strumento molto particolare e insolito: la fisarmonica.
Questo bellissimo strumento, tanto caro alla cultura popolare nostrana e diffuso in generale in tutto il sud Italia, nell’immaginario collettivo è sempre abbracciato da uomini o ragazzi, ma Virginia rappresenta un’eccezione molto interessante.
La sua passione, ci ha raccontato, la lega strettamente al padre, perciò fin da piccolissima ha iniziato a studiare con passione e dedizione la musica, scegliendola poi anche come sua strada professionale.
Assieme a lei, nel gruppo “Le Matrioske” troviamo altri eccezionali musicisti quali Ciccio Piras, Simona Ferrigno e Roberta Maiano.
In attesa del prossimo evento live del quartetto, che si terrà il prossimo 19 luglio al The New Smeraldo di Marineo (PA), abbiamo avuto occasione di scambiare quattro chiacchiere con Virginia, per scoprire qualcosa in più sulla sua passione.
Virginia, come nasce questa sua passione per uno strumento così particolare come la fisarmonica?
La mia passione nasce da papà. Ricordo che quando ero piccola lui suonava la fisarmonica, è un ricordo vago perché poi si è fermato per via del lavoro, ma sono sicura che la passione arrivi da papà. All’età di 7 anni ho mostrato un particolarissimo interesse verso questo strumento, soprattutto una notevole decisione: ero decisa a voler imparare a suonare la fisarmonica. E quindi all’età di 7 anni ho iniziato a suonare musica, poi a 8 anni ho preso in mano per la prima volta questo enorme strumento, che mi copriva interamente, e da lì ho iniziato a studiare musica privatamente.
È complicato studiare la fisarmonica?
Non è complicata più di altri strumenti. Ogni strumento ha la sua difficoltà tecnica. Alle persone può sembrare una cosa complicatissima: vedono le mani fare cose diverse, aprire e chiudere il mantice… Invece no, perché suonare facendo tre cose contemporaneamente è una delle prime cose che si apprende. Da lì è tutto uno studio di tecnica, così come vale per ogni strumento.
Ha studiato al conservatorio?
No. Soltanto di recente la fisarmonica è stata accolta a pieno titolo nei conservatori, ma negli anni precedenti non c’era. Avrei potuto studiare lì, ma ho preferito continuare a studiare privatamente a Barcellona e poi, una volta trasferita a Palermo per via degli studi universitari, ho continuato a suonare. Mi sono laureata in una branca di Lettere e Filosofia che a suo tempo si chiamava “DIM”, cioè Disciplina della musica (sarebbe l’odierno DAMS). Ho fatto la tesi di laurea sulla fisarmonica dal punto di vista organologico, ho analizzato come si costruisce una fisarmonica, grazie ai contatti con un’importante azienda siciliana, la Fisarmony.
Il genere di musica che ha nel suo repertorio è solo di carattere popolare o abbraccia anche altri generi?
Principalmente suono musica popolare. Mi piace definirla “world music”, perché racchiude queste tonalità folk e popolari. Attualmente mi occupo solo di questo genere di musica, non spazio in altri repertori, ma potrei farlo serenamente: la fisarmonica in sé può fare di tutto, può abbracciare qualsiasi genere di musica. È una scelta mia. È uno strumento così completo.
Artisticamente, oltre le soddisfazioni personali che lei ha, la sua musica le dà la possibilità di guadagnarsi da vivere, in questo momento culturale della Sicilia?
Con enormi sacrifici. Purtroppo la nostra situazione non è semplicissima: ho scelto un lavoro meraviglioso ma complicato allo stesso tempo. Purtroppo in Sicilia, così come nel resto d’Italia, il musicista non viene visto al pari di un lavoratore: le persone vedono qualcuno che si diverte su un palco e ritiene superfluo retribuirlo solo perché esercita la propria passione. Ho avuto e continuo ad avere la fortuna di lavorare molto all’estero. Sono stata spesso in Germania, nonché a Bruxelles, dove collaboro con un duo belga. Lì ti rendi conto che lavori, che è un lavoro, perché a volte il dubbio assale anche te. È difficile lavorare sempre nella tua città, devi continuamente viaggiare, andare fuori. Però è bellissimo, ti consente di fare esperienze meravigliose.
Durante la sua carriera da musicista, ha provato anche a fare musica di strada?
Mi sarà capitata una o due volte, non l’ho mai fatto assiduamente. Ma anche quello è un mondo affascinante, perché si crea un rapporto col pubblico non indifferente.
In Italia lei ha lavorato soltanto in Sicilia o ha avuto altre esperienze anche in altre regioni?
Sono andata in altre regioni a suonare musica popolare, non solo siciliana. Appartengo a un gruppo che si chiama “Le Matrioske”, in cui facciamo la “world music”, cioè un tipo di musica legata alle danze. Quindi non solo legata alla tradizione siciliana ma suoniamo anche brani che appartengono al sud Italia e brani che vanno oltre l’Italia, come brani francesi, portoghesi… tutte musiche dedicate alle danze. Mi è capitato di andare fuori (Roma, Bologna, Pisa…) per suonare non solo la mia musica (che è quello che la gente vuole ascoltare, chiaramente. Noi ci siamo abituati, mentre in altre zone d’Italia le persone si sorprendono quando ascoltano una tarantella siciliana).
Rispetto ai maestri del passato, lei come li vede? Sono ancora attuali?
Sono assolutamente attuali e sono guru da seguire. Sono tantissimi i musicisti di quel livello da seguire e da portare in giro: Frank Marokko, Astor Piazzolla, Art Van Damme… C’è solo da imparare da musicisti del genere.