“Uno dei motivi principali che mi spinge a restare qui é la dignità”. Gabriele ha 35 anni, è un medico, ha due lauree, una specializzazione e dall’ Aprile 2016 vive e lavora in Francia. Non è uno di quelli di cui in una, poi ritrattata, definizione Giuliano Poletti avrebbe detto parafrasando “meglio perderlo che trovarlo”. Guardando il suo curriculum difficilmente lo si potrebbe etichettare come uno che tenta la fortuna, senza essersi dato da fare.
Un documento della regione Sicilia, facilmente reperibile sul web, testimonia come, soprattutto nello stato d’Oltralpe, la richiesta di personale medico italiano sia un’esigenza impellente. Lo stato cerca di rispondere con proposte soprattutto palliative, l’apertura dei corsi di Medicina ad esempio, ma i più e soprattutto i privati preferiscono rivolgere lo sguardo alle professionalità in fuga dal Bel Paese.
Stipendi più che dignitosi (per un anestesista nelle regioni dell’est le paghe si aggirano sui 10 mila euro netti) e possibilità di crescita professionale, in quella che sembra essere la destinazione da sogno per tutti coloro che in Italia non riescono più a trovare degli sbocchi, in un sistema che sembra opprimere anziché sostenere.
“In Italia il giovane medico -e anche il medico esperto- non possono pensare come prima cosa alla salute del paziente cercando di offrire il miglior servizio. Complice di ciò sono le istituzioni: il medico deve sempre fare i conti con il budget (e non scegliere la cura migliore), deve attuare protezione legale per se stesso, poiché il malato, stanco o spinto dai media, avanza azioni legali verso il medico che non é tutelato a dovere dalle istituzioni, e deve rispondere ad un’organizzazione aziendale (e non ad un servizio sanitario)”
Sul Web basta digitare poche semplici parole per trovare blog e gruppi dove si danno informazioni su come muoversi per il trasferimento, e come ottenere certificati linguistici. Tutto semplice, nessuna remora se non la malinconia verso ciò che si lascia, e verso cui -si sa- difficilmente si tornerà.
“Mi piacerebbe molto tornare in Italia, é il mio Paese, la mia casa, la mia famiglia, i miei amici, i sapori e profumi noti, i ricordi… Ma poi so che le istituzioni non fanno che peggiorare il mondo sanitario”. La famiglia: un motivo ricorrente per tutti coloro che, da sempre, hanno dovuto lasciare la patria alla volta di nuovi orizzonti. Per Gabriele è soprattutto un motivo per continuare a lottare, seppur con tristezza: “Nel pieno della malinconia vorrei tornare per riabbracciare i miei cari, aiutarli nel bisogno o farmi confortare. Ma tornare vorrebbe anche dire render vani i loro sacrifici. Mio padre mi ha pagato gli studi per offrirmi un futuro migliore, credo che ad oggi non ci sia niente di meglio che uscire dall’Italia”.
Un topos trito e ritrito, e quanto mai attuale quello del sistema pubblico, che specie nella Sanità, fa acqua da tutte le parti. Ma per il giovane medico non è il solo punto: “Il tempo passato qui mi ha aperto gli occhi su come una persona possa vivere. In Italia purtroppo ero all’oscuro. oppure cieco, di quali siano i miei diritti. In Francia il cittadino paga delle tasse simili per tipologia e ammontare a quelle versate in Italia (anzi un pochino meno). Ma i servizi che vengono forniti al cittadino francese sono molti di più. Quindi perché dignità? Perché tornare in Italia significherebbe accettare di essere preso in giro dalle istituzioni.”
Stipendi dignitosi, possibilità di crescita professionale, un sogno ad occhi aperti o si deve mandar giù qualche rospo? “In generale il medico italiano é visto alla pari per conoscenze teoriche, inferiore per esperienze pratiche e, complessivamente, spesso vi é un rapporto di competitività. Posso aggiungere che la Francia é aperta a molti Paesi europei, ma il flusso migrante maggiore proviene dall’Italia. Credo che faccia di necessità virtù”. Touché.
In allegato il documento approvato dal Parlamento Siciliano