Nei giorni scorsi è apparsa su un articolo di un blog locale una notizia che ha fatto sobbalzare dalla sedia Giuseppe Antoci, scampato recentemente a un attentato di matrice criminale che ha coinvolto la mafia dei Nebrodi, il presidente del Parco dei Nebrodi ha visto attribuire alla moglie, Teresa Rampulla, una presunta parentela con Maria Rampulla la sorella di Pietro Rampulla artificiere della strage di Capaci. Dato già mandato al proprio legale, Antoci non le manda a dire. “E questo solo perché mia moglie ha lo stesso cognome? “Rampulla”? Mia moglie non è la nipote di Maria Rampulla e non ha nessun rapporto di parentela, neanche alla lontana, neanche a livello d’albero genealogico. Tutto questo solo perché hanno lo stesso cognome. Con questo modo di fare anche l’ex portiere della Juventus, Michelangelo Rampulla di Patti, dovrebbe sentire il peso di questa ingombrante parentela”.
Il blog ha subito e prontamente pubblicato la rettifica trasmessa, nell’interesse della famiglia Antoci, dall’avvocato Paolo Starvaggi, ma non sembra che questo sia stato sufficiente a placare l’ira di Giuseppe Antoci.
“Ho già incaricato il legale, io sono pronto a tutto, dichiara il Presidente Antoci, ho rischiato la mia vita per quello che penso. Però, non si può prendere una persona (la moglie Teresa) che sta subendo, insieme a me, quello che stiamo subendo noi e inventarsi totalmente un caso per delegittimare me e la mia famiglia. Su questo storia l’indignazione è totale. Ovviamente pagherà, ha fatto un autogoal e ha dimostrato anche il motivo per cui ha scritto quegli altri articoletti.”
La rabbia del Presidente è incontenibile e seppure aveva soprasseduto, in un primo momento, all’idea che qualcuno di quel Blog potesse sminuire il suo recente attentato rispetto a quanto riportato dai dati e dalle fonti, l’idea di veder infangato il nome della moglie ha eliminato qualsiasi remora.
“Qui il problema è di una gravità inaudita, continua. Vi è un’indignazione generale che si è levata a tutti i livelli, anche a livello Nazionale e con il risarcimento che mi aspetto farò studiare i figli dei poliziotti uccisi dalla mafia per i prossimi 15 anni a sue spese, lo lascerò in mutande.”
Il peso della scorta.
“Mia moglie sta vivendo un incubo, l’altra sera, la sera prima della pubblicazione della notizia, eravamo usciti. Di solito non usciamo molto, perché con la scorta…io un po’ mi vergogno. Però, poiché erano venuti dei cugini di mia moglie dall’America, gli stessi che avevano ospitato mia figlia per un mese, si era deciso di portarli almeno a cenare fuori, pareva brutto non ricambiare in qualche modo e siamo usciti”.
“Avevamo fatto solo alcuni passi e a un certo punto ci siamo guardati in faccia con mia moglie e abbiamo deciso di rientrare, perché con la scorta mi sentivo tutti gli occhi della gente addosso. Con la scorta mi sento a disagio ed infatti non usciamo quasi mai. Arrivati a casa, eravamo seduti fuori e facevamo questa considerazione: ma guarda come ci siamo ridotti, non poter neanche uscire. Mi sono addolorato per mia moglie e per la vita a cui è sottoposta, mi sono coricato con questo sentimento di dispiacere nei sui confronti”.
Mizzica…e l’indomani prende un’infangata di quel genere? Poverina, senza che centrasse niente di niente, ma mancu…E non solo danno per certa la parentela, ma mettono pure la fotografia di questa che mancu sacciù cu è. Ma io non mi fermo più, lo devo alla mia famiglia, a mia moglie.
Sulla stessa strada e con le stesse intenzioni d’adire le vie legali si trova Sonia Alfano, definita dal blog e nello stesso articolo in un modo “poco simpatico”.
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