La passione contro la ragione, la borghesia contro il proletariato, la lotta di classe contro il potere costituito. Anche in questi termini si può definire la discussione politica che ha stabilito che per dieci anni Messina dovrà pagare i suoi oltre 470 milioni di euro di debito. Sono queste le cifre del piano di riequilibrio decennale che il Consiglio Comunale con una maggioranza risicata di 17 voti a favore e un tot di assenti e astenuti che sapientemente e volontariamente mescolati tra loro hanno fatto sì che 17 voti su 40, quanto sono i Consiglieri Comunali di Messina, fossero sufficienti e bastanti per imporre alla città un stretta via di lacrime e sangue che non permetterà deviazione alcuna dal percorso segnato. Pena il dissesto che, adottato a sempre più distanza di anni da quando poteva essere dichiarato, solo per questo sarà più doloroso e gemente di quanto si potrà mai immaginare.
Una politica da teatrino delle operette minori che ha visto rimandare di volta in volta e più volte la discussione e la votazione in aula del piano di riequilibrio per i motivi più disparati. Con l’unico e solo scopo di trovare un’autoassoluzione di coscienza che possa consentire loro un domani e davanti alla città di poter dire: l’ho dovuto fare, era necessario, non si poteva fare diversamente. E, ovviamente, non si è trattato solo di scegliere tra dissesto o piano di riequilibrio poiché in ogni caso le cose non sarebbero cambiate di una virgola. Esempio di questo modo si fare e pensare sono stati i contratti di servizio dell’AMAM e ATM, contratti che non erano mai stati fatti prima da nessun’altra amministrazione comunale e che invece sono diventati fondamentali per il Piano di Riequilibrio. Non si fraintenda, i contratti tra le partecipate e l’Ente sono atti dovuti ma quello che stranizza è come mai il Consiglio Comunale non abbia mai pensato di doverli approvare in tutti questi anni e soprattutto come mai non si sia sentita l’esigenza di provvedere ad essi durante l’approvazione dei Bilanci Comunali, atti economici sicuramente più idonei per riceverseli, piuttosto che aspettare il Piano di riequilibrio.
Per un attimo, con questo modo di fare e dilazionare, si è avuto il timore che il consiglio Comunale volesse vedere tutte le singole Sentenze di condanna che hanno formato il debito di 470 milioni direttamente durante la discussione in Aula Consiliare. Atti che vedrà sicuramente ma in un secondo momento, quando di tratterà di approvare il singolo debito fuori bilancio.
Ma all’interno di quest’appiattimento politico, che ha visto il PD, la forza di maggioranza relativa in consiglio diventare uno e “quatrino” tra assenti, favorevoli, astenuti e contrari, si è ha avuto la fortuna di assistere a due interventi-scontro che avendo ad oggetto proprio l’opportunità o meno di adottare il piano di riequilibrio hanno messo in evidenza e per la prima volta nell’aula consigliare, le motivazioni politiche-culturali che stanno alla base della scelta tra Piano di Riequilibrio o il Dissesto e che hanno spinto i protagonisti a una tensione di contrapposizione dialettica come poche viste a Messina.
Il scontro dialettico si è svolto tra il Vicesindaco di Messina Guido Signorino, il dominus e la mente del Piano di Riequilibrio e la Consigliera Nina lo Presti. Due figure che più diverse non possono essere. Nell’immaginario collettivo il primo viene dai salotti buoni e dall’alta borghesia della città di Messina, un professore universitario ed economista prestato alla politica che non perde mai le staffe. Una voce sottotono e sottile, un parlare forbito ed elegante che con le sue parole è riuscito ad ammaliare l’intera prima Commissione al Bilancio del Comune di Messina e tutti i Revisori dei Conti, per i singoli Consiglieri Comunali è stato sufficiente dimostrarsi disponibile all’ascolto e sorridere annuendo.
La seconda, alta e magra ma non rigida, è una passionaria, una comunista d’altri tempi. I suoi interventi in aula ormai sono sempre più attesi, anche perché senza giri di parole e senza peli sulla lingua dice pane al pane e vino al vino. Invero, ogni tanto assume qualche atteggiamento da censore dei costumi altrui oppure attua la politica del bastian contrario all’opposizione sempre e comunque. Soprattutto quando la proposta viene dall’amministrazione Accorinti, con la quale sembra avere il dente avvelenato per qualche fatto personale, oppure quando si rivolge a quelli che considera la vecchia politica di coloro che hanno portato la città ai livelli di dissesto. Per il resto, i suoi interventi a favore della fasce più deboli della città, per i cittadini tartassati dalla politica dell’amministrazione comunale sono la voce del popolo che combatte contro il tiranno, sono la voce di coloro che considerano ingiusto il doversi addossare il carico economico di anni e anni di mala politica, di coloro che vorrebbero che a pagare fossero gli autori che il danno l’hanno creato e non quelli, la maggioranza dei cittadini, che sono per legge tenuti a pagare solo le tasse e non le malefatte degli altri.
E con questo atteggiamento, tra parole nuove come “termine sollecitatorio” per giustificare il ritardo con il quale il Piano è stato approvato rispetto ai tempi previsti dal Ministero o “diritto all’insolvenza” per sancire la facoltà di poter dire no al Piano del singolo cittadino-messinese che non si sente debitore dei 470 milioni dovuti dal Comune di Messina, l’Aula del Consiglio Comunale di Messina ha avuto modo di sentire prima le parole del buon senso e della ragione e poi quelle della passione e della rabbia.
Il primo a parlare è la voce della ragione e della speranza di una ripresa della città. Una voce dottorale e solenne qual è quella del Vicesindaco di Messina Guido Signorino che inizia il suo discorso riferendosi agli interventi già sostenuti in aula.
“Si possono sentire dagli interventi di contenuto estremamente diversi e a volte in opposizione tra loro. Ma quello che dispiace è che sono interventi predeterminati che prescindono dalla reale valutazione delle cose, rilasciati con motivazioni pregiudizievoli e con finalità diverse e senza entrare nel merito del Piano di Riequilibrio. Il Piano di riequilibrio che viene approvato è sicuramente migliorativo rispetto a quello presentato precedentemente ma probabilmente è possibile che anche la Costituzione Italiana del 1948 poteva essere fatta meglio. Ciò significa che tutto quello che noi facciamo è migliorabile ma arriva il momento di mettere un punto.
Ovviamente il Vicesindaco non poteva farsi scappare l’occasione di tirare le orecchie a coloro che fuori e dentro l’aula di consiglio sono convinti che il Piano serva a cancellare le responsabilità del passato e per questo continua. “Anche in merito alla leggenda che quest’amministrazione abbia salvato i “debitori” riconoscendo i debiti, bisogna dire che non è così. Consiglio Comunale devi renderti conto, come organo, che il compito di riconoscere la legittimità dei debiti è affare tuo. Il piano di riequilibrio censisce una massa di debiti effettivi o potenziali ma il riconoscimento (se questi debiti sono “giusti” o di chi è la responsabilità) è compito tuo. E su questo saremo tutti chiamati, ciascuno secondo la propria parte, a valutare i singoli provvedimenti e l’esame o l’individuazione delle singole responsabilità è in capo a ciascuno di noi nel momento in cui dovremo valutare i debiti ad uno a uno riconoscendo solo quelli che saranno giusti e legittimi.
Ripeto, il Piano di riequilibrio non offre nessuna copertura ai debiti illegittimamente realizzati. Esso offre solo una copertura di tipo finanziario, ma il riconoscimento e l’eventuale responsabilità personale e diretta è in capo al singolo debito e al Consiglio Comunale. Inoltre, un’altra leggenda da sfatare è quella che vuole vedere negli oltre 70 milioni di euro messi a disposizione dal governo per la copertura del debito, un mutuo. Non si tratta di un mutuo, primo perché non sono previsti interessi. Riceviamo oggi e ripaghiamo in 10 anni senza interessi e secondo una rata di circa 7 milioni di euro da restituire annualmente. Rata che ci sarebbe stata imputata ugualmente, solo che sarebbe stata imputata al ritardo nei pagamenti. (In altri termini sarebbero stati imputati agli interessi e alla rivalutazione che la massa debitoria produce di anno in anno).
Un ultimo messaggio è dedicato a coloro che Signorino considera per così dire i gufi della situazione e che vedono il dissesto da mattina a sera. “Ed infine, per coloro che dicono che il Piano di riequilibrio sarà sottoposto alla verifica semestrale della Corte dei Conti e all’esito di questa verifica, entro un anno o un anno e mezzo, il Comune fallirà, comunico che la verifica della Corte dei Conti c’è già stata nel 2014 e i parametri sono stati pienamente rispettati.”
Dopo la ragione, passiamo alla passione e alla rabbia del giusto, con le parole della Consigliera Nina Lo Presti.
Con riferimento all’ipotesi che vuole la maggior parte dei comuni di Italia intenti a tentare la strada del risanamento la Lo Presti inizia “Oggi sono chiamata a pensare che gli Enti che non dichiarano il dissesto e tentano la strada del Piano di riequilibrio hanno come scopo non quello di risanare l’Ente ma di salvare le amministrazioni precedenti, di evitare la responsabilità amministrativa contabile di cui al D.lgs 149/11 ed evitare in questo modo che tutti coloro che in questi anni hanno provocato il dissesto del Comune di Messina rispondano con il loro patrimonio personale.
In linea generale io non sono per il dissesto ma devo prendere atto che il dissesto c’è già, una situazione economica finanziaria che non può essere risanata con il piano di riequilibrio, dove l’unica misura che sta in piedi è il doping rappresentato dalla liquidità del fondo di rotazione. Un mutuo milionario che la città dovrà ripagare centesimo per centesimo. Questa non è la giustizia di cui parla il sindaco.
La giustizia non è pagare i debiti ma capire chi sono responsabili di questa disfatta e metterli davanti alla realtà di quello che hanno provocato. La giustizia è dire la verità a questa città, Signor Sindaco. Dove sono i nomi dei responsabili? Dov’è la verità, Sig. Sindaco, che in campagna elettorale aveva detto di voler scoperchiare? Dov’è questa verità? E’ forse pagare i debiti? E’ pagare 70 milioni di euro che dovremo corrispondere per accedere al mutuo con tanto d’interessi, la verità?
Quello che noi andremo a pagare non è il “carrozziere o il salumiere sotto casa. Ma anni, anni e anni di mala gestione, di mala amministrazione per cui se un bene e un servizio costava 100 dopo due anni quel bene e servizio lievitava a 300. E poi qual è il criterio di giustizia a cui si deve fare riferimento? Quello che ci vede pagare tutti senza differenze o quello per cui chi è responsabile del dissesto deve pagare di più e soltanto lui quelli che sono i disastri di questa città? No, non deve pagare la gente onesta, no la gente che ha sempre pagato le tasse e fa fatica ad arrivare a fine mese. Qui, la situazione che si sta verificando è che i derubati pagheranno in egual misura rispetto a quelli che li hanno derubati. Questa non è giustizia, Signor Sindaco. Questa è un’altra cosa, questo è coprire, mettere un velo sulle amministrazioni già passate. Questo vuol dire assolverli e significa diventare complici delle amministrazioni passate.
L’occasione era troppo ghiotta perché la Lo Presti se la lasciasse scappare per riprendere il Sindaco per le sue frequenti esternalizzazioni che spesso rilascia quando è in visita in altre città. “Il Signor Sindaco qua dentro la puzza di mafia non la sente? La sente solo a Palermo o a Roma? Qua la puzza non la sente, sente solo odore di rinascita, il Signor Sindaco, sente che stiamo risollevando le sorti della città. Io invece, sento puzza e voglio i nomi. Voglio la verità, non possiamo aspettare che la procura faccia il suo corso…la politica dov’è? Il Sindaco non deve fare solo il testimonial in girò per le varie città. Deve dire agli elettori a cui ha mentito e tradito quello che è successo sino ad oggi e deve dire perché stiamo facendo un risanamento che ci costerà tre volte di più e che questa città non può assolutamente permettersi.
Pietro Giunta