Lo scenario di protesta è una scuola: Il liceo classico Francesco Maurolico.
Alle dieci chiediamo di accedere all’interno dell’istituto per capire le ragioni del dissenso. L’occupazione è molto composta. I giovani studenti si comportano come Virgilio nella divina commedia, facendoci da guida, e ci illustrano le attività, le ragioni della protesta e l’unità degli intenti. Si respira un’aria di riscatto.
Gli alunni hanno le idee chiare: credono fermamente che bisogna ripartire dall’ideale più nobile, quello di democrazia, che a oggi è mortificato da una classe politica inetta e inefficiente. Proprio su questo tema, hanno scelto di confrontarsi oggi i mauroliciani, che hanno aperto le scuole al mondo universitario. Due studenti, Claudio e Marco hanno aperto uno spazio critico: ”Questo incontro è nato da un’iniziativa spontanea”. Gli studenti ci hanno invitato per il nostro passato politico. Hanno aperto un dibattito sul tema della democrazia. Quando le scuole vengono private degli strumenti della formazione gli studenti rispondono proprio così, interrogandosi sul concetto di democrazia. È un momento importante per la scuola. Carpire l’attenzione di sessanta-settanta studenti è poi li segno vivo che non è una perdita di tempo.
Mi auguro che questi giovani sappiano costruire una rete nei confronti di questi attacchi. Sono gli unici soggetti capaci di ridare energia a Messina. Anzi,penso proprio che il mondo degli studenti è quello che può tracciare una nuova possibilità. La parola poi è passata agli studenti.
Pasquale Calapso ha tracciato un amaro bilancio della nostra politica: Negli ultimi dieci anni gli unici provvedimenti che sono stati fatti hanno tagliato i fondi per la didattica. Ora a questi soliti provvedimenti si aggiunge la legge Aprea che prevede la trasformazione della scuola pubblica in una fondazione. È assurdo che lo stato venga sottoposto ai privati. Su tono battagliero anche Francesco Calogero: “La nostra non è una manifestazione isolata. Parte a livello nazionale”. Noi manifestiamo come studenti ma anche come forza propulsiva della società. Non abbiamo un colore politico e non parliamo di destra e sinistra.
In una società in crisi l’unica risposta che possiamo dare è quella culturale. Quest’occupazione è una rivendicazione della scuola e del diritto allo studio. Vogliamo costruirci un futuro migliore. Non è permesso pensare che deve esserci una classe dirigente che dipende da motivi economici. Marco Milone invece, ha esteso le ragioni della protesta alle problematiche che sta vivendo la collettività: ”Noi non lottiamo solo per noi, ma per tutte le classi che hanno bisogno di noi. Noi difendiamo anche i diritti dei professori e di tutti quelli che lottano contro il precariato. È una lotta nazionale su un movimento necessario. Passeggiando per le aule del Maurolico siamo colpiti dalla sinergia che si è creata anche con i professori, o almeno, con alcuni di essi. Una professoressa Mariella Laurà non ha nascosto il proprio entusiasmo: “Sono colpita dall’importanza che stanno dando a questa occupazione con grande senso di responsabilità“.
I ragazzi sono molto ordinati e precisi. Sono fautori di una collaborazione attiva e non passiva. Tutti noi, anche noi professori, capiamo le motivazioni. D’altro canto capiamo anche che questa generazione è poco politicizzata, perché ha smesso di credere nella politica. Ora si stanno accendendo nuovi focolai di rinnovamento, grazie proprio ai giovani. Insomma, quello che traspare da questa occupazione è la volontà di cambiare lo status quo con battaglie culturali che recuperano i principi basilari della democrazia, come si faceva ad Atene, con quei discorsi e quell’azioni spettacolari che ancora oggi trasmettono passione. E poiché “la battaglia”, oggi, è inserita all’interno di un liceo classico, ricordiamo, per concludere, le parole di Pericle: “Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo, ma inutile; e benché in pochi siano in grado di dare vita ad una politica, beh tutti qui ad Atene siamo in grado di giudicarla”
Chiaramente il discorso diventa attuale se togliamo la parola “Atene” e la sostituiamo con “Italia”.
Claudia Benassai