)
“Nessun uomo è libero finché anche un sol uomo nel mondo sarà in catene. Nessun paese sarà libero finché Gaza sarà Occupata.” Queste le parole di Joel Opperdoes, comandante della Marianne, un imbarcazione che fa parte della FREEDOM FLOTILLA, una coalizione internazionale formata da attivisti non violenti, che nel corso di questa settimana ha fatto tappa a Messina.
L’obbiettivo principale della FREEDOM FLOTILLA è quello di riportare l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale sul Blocco imposto da Israele ed Egitto per limitare l’entrata al porto di Gaza alle imbarcazioni che trasportano merci. La storia di Israele manifesta la sua chiara antipatia nei confronti delle Flotille, capaci di attirare l’attenzione sul problema. Del 2010 l’uccisione, in acque internazionali, di 10 attivisti imbarcati a bordo della nave “Mavi Marmara ” da parte della marina militare.
Il peschereccio “ Marianne di Gothenburg” con a bordo 13 persone, 5 membri dell’equipaggio e 8 passeggeri, e’ partito da Goteborg (Svezia) ed ha toccato vari porti tra cui Brest (Francia) e Lisbona (Portogallo), per raggiungere le altre imbarcazioni della Freedom Flotilla. Il prossimo scalo sarà proprio Gaza, affrontando un viaggio di circa 5000 miglia marine. A bordo sono trasportati dei pannelli solari che serviranno all’ospedale di Al-Shifa ed equipaggiamento
medico per l’ospedale di Al-Wafa. Sono stati inoltre raccolti durante le diverse tappe dei disegni fatti dagli alunni di tante scuole, che verranno consegnati ai bambini palestinesi come simbolo di affetto e solidarietà.
In occasione dell’attracco della ‘’Marianne’’ al porto di Messina è avvenuto un incontro con i membri dell’equipaggio. Si è parlato delle ripercussioni che l’embargo causa ai Palestinesi e delle possibili soluzioni.
All’incontro ha preso parte il sindaco Renato Accorinti da sempre impegnato nelle lotte contro l’oppressione e lo sterminio delle minoranze. La Palestina come il Tibet ha bisogno del sostegno di ognuno di noi.
Messina è una città solidale, è una città libera e aperta a queste problematiche. La Sicilia, come la Galizia, come il Tibet e come la Palestina, ha subito oppressioni, saccheggiamenti, stermini, calamità nel corso dei secoli. Anche se oggi le cose si sono trasformate, questi cambiamenti sono il frutto delle battaglie che il popolo Siciliano ha combattuto.
La Sicilia, e soprattutto Messina devono in prima linea combattere contro l’oppressione della Palestina, impegnandosi su tutti i fronti.
La coalizione organizza periodicamente delle flottiglie umanitarie il cui scopo è quello di arrivare a Gaza, un gesto di ribellione contro il blocco militare sulla striscia di Gaza. Israele impose l’embargo su Gaza nel 2001, per rafforzarlo nel 2007, quando Hamas vinse le elezioni legislative del 2006. La disapprovazione di Israele causò l’isolamento politico della striscia aggravando la spaccatura tra Gaza e Cisgiordania. Con la forzata fuga di Fatah dalla striscia, dopo una violenta lotta all’ultimo uomo con le forze di Hamas, Israele, rimasto senza i prescelti interlocutori dell’Autorità Palestinese, impose un totale embargo di terra, aria e mare. L’Egitto ne seguì l’esempio e fino ad oggi 1.6 milioni di persone continuano a pagare le conseguenze dell’intransigenza Israeliana e dell’inattività internazionale. Il blocco ha messo in ginocchio l’economia di Gaza, oltre a negare ai palestinesi i diritti umani di base, in contraddizione con il diritto internazionale. Impedisce la possibilità di importare ed esportare merce e di viaggiare fuori e dentro il paese. Nega l’accesso ai terreni agricoli ed agli spazi per pescare. La somma di tutto questo è una forma di punizione collettiva che impedisce agli abitanti di provvedere al proprio sostentamento, di poter godere dell’assistenza medica, dell’istruzione, dell’acqua potabile e degli scambi culturali. È per millantati ‘motivi di sicurezza’ che Israele sradica ulivi secolari, devasta intere coltivazioni, distrugge allevamenti, spara ai pescatori sulle loro modeste imbarcazioni. A Gaza non c’è un pescatore che non sia mai stato colpito da un proiettile Israeliano. Nessun governo, nessun partito politico fa nulla per fermare questi abusi. Nemmeno le Organizzazioni non governative fanno pressione su Israele ed Egitto. Questo, ciò che rende necessaria un’azione comune di informazione, per diffondere consapevolezza e smuovere coscienze. Il presidente di Metal and Engineering Industries Union, ha puntato il dito contro Israele che sta impedendo l’ingresso nella Striscia di Gaza di materiali e di attrezzature necessari alla ricostruzione dell’enclave costiera, totalmente distrutta. Le autorità israeliane consentono l’ingresso di determinati metalli, inadeguati alle necessità delle industrie presenti a Gaza. La conseguenza più diretta di questi divieti è un aumento spropositato dei prezzi dei metalli ‘vietati’. Difficile credere che questi divieti rispondano a motivi di sicurezza. Più immediato il ragionamento che vede il blocco collegarsi alla volontà di minare le basi di un’economia già notoriamente provata.
E la storia sembra confermare una volontà di sopraffazione propria non solo di Israele. Uno stato sostenuto sia economicamente sia politicamente dagli americani,essendo considerato un’utile alleato data la sua posizione strategica nella regione mediorientale. Le sconfitte inflitte da Israele alla Siria e all’Egitto, entrambe alleate della Russia, non fecero altro che rafforzare la vicinanza esistente tra gli USA e lo Stato di Israele. Il supporto americano fu continuo durante tutti i conflitti arabo-israeliani susseguitisi nel tempo. Il rafforzamento dei rapporti americo-israeliani si manifestò in particolare dopo la guerra dei sei giorni del 1967, conclusasi con l’occupazione da parte di Israele della Cisgiordania e della Striscia di Gaza. In quel momento gli Usa capirono che potevano avere un ruolo da protagonisti in Medio Oriente e che la presenza di un alleato come Israele avrebbe senza dubbio facilitato questo processo. Dagli anni 80 ad oggi gli Stati Uniti e anche l’Europa continuano a sostenere Israele sia economicamente che politicamente, proteggendo gli ebrei dall’imposizione di sanzioni internazionali attraverso l’esercizio del diritto di veto in seno al Consiglio di sicurezza dell’Onu.
“Qualcuno fermi questo incubo. Rimanere immobili in silenzio significa sostenere il genocidio in corso.
Urlate la vostra indignazione, in ogni capitale del mondo «civile», in ogni città, in ogni piazza,
sovrastate le nostre urla di dolore e terrore. C’è una parte di umanità che sta morendo in pietoso ascolto.
Restiamo umani “
(Vittorio Arrigoni, attivista ucciso in Palestina)
Samuela Armènia