Sin da quando mi sono insediata al Parlamento Europeo ho profuso un forte impegno riguardo la questione Italia-Libia e la violazione dei diritti umani nell’ambito delle politiche per l’immigrazione. Le ho provate tutte per far sì che l’Ue si interessasse: interrogazioni, interventi in aula, risoluzioni. Ho denunciato un numero considerevole di fatti e circostanze, soprattutto in merito all’ecatombe di migranti nel Mediterraneo e di 250 vite eritree rimaste in bilico nel Sahara per giorni e giorni. Già nel luglio 2009 con una lettera ufficiale avevo fatto un’esplicita richiesta per la partecipazione ad una eventuale missione diplomatica in Libia, premendo affinchè una delegazione del Parlamento Europeo vi si recasse per monitorare la situazione. L’occasione è giunta nell’ambito della delegazione parlamentare che si occupa dei rapporti con il Maghreb, di cui faccio parte e che ormai da parecchi mesi aveva previsto e concordato la visita in Libia. Ritenevo un’occasione quella di poter andare di presenza a visitare questo paese, di approfondire la questione del rispetto dei diritti umani, di confrontarmi con funzionari e persone del luogo per avere un contatto diretto con una situazione che seguo da vicino in maniera costante ma che inevitabilmente non vivo; volevo dare un segnale forte a coloro che in Libia vivono oppressi e dimenticati in centri di detenzione disumani, volevo dir loro “l’Europa non vi ha dimenticati”.
Certo, immaginavo che non sarebbe stato troppo facile “estorcere” delle dichiarazioni ai ministri e ai funzionari libici e che ogni passo della delegazione europea sarebbe stato seguito con particolare attenzione. Ciò che non mi aspettavo, invece, era che una visita istituzionale del Parlamento Europeo in un paese col quale sono in corso negoziati per un accordo di ampio raggio potesse trasformarsi in uno schiaffo nei confronti della popolazione dell’UE, che la delegazione in quel momento rappresentava. Durante i primi due giorni di missione ben tre dei quattro incontri previsti dal programma (al quale si lavorava da mesi e che era stato concordato nei dettagli con le autorità libiche!) sono saltati all’ultimo minuto con scuse veramente incredibili (non si riusciva a rintracciare la persona che avremmo dovuto incontrare!). Addirittura uno dei nostri incontri è saltato perchè il ministro che avremmo dovuto incontrare si trovava a Bruxelles per trattare con la Commissione.
Siamo stati lasciati un giorno intero in hotel a rigirarci i pollici e le nostre rimostranze per l’atteggiamento irrispettoso delle autorità libiche nei confronti dei parlamentari europei sono state ignorate e a tratti derise. Siamo stati ricevuti da un solo funzionario, forse un ambasciatore, che ha affermato di non essere stato avvertito del nostro arrivo. Ho colto l’occasione per domandare chiarimenti sugli spari al peschereccio italiano da parte delle motovedette libiche, per chiedere della libertà di stampa in Libia, per avere spiegazioni sulla chiusura dell’ufficio dell’UNHCR a Tripoli. Il funzionario ha risposto solo a quest’ultima domanda dichiarando che tale ufficio è stato chiuso a seguito di un rapporto della polizia libica che lo segnalava come luogo nel quale si svolgevano attività illegali e si praticavano violenze sessuali. Ho chiesto ulteriori ragguagli a quest’accusa gravissima, se vi fosse un processo in corso, una qualche indagine internazionale (sarebbe stato il minimo visto che si tratta di un ufficio di un’agenzia ONU). Nulla. Solo un rapporto della polizia libica.
Il funzionario ha inoltre lasciato intendere che alla Libia non interessa la posizione del Parlamento Europeo perchè quella che decide è la Commissione e questo spiega il trattamento ricevuto in questi giorni. Inoltre quando ho detto a tale funzionario che l’UE non verserà 60 milioni di euro ad un paese che non ha ratificato la Convenzione di Ginevra, che non riconosce la Corte penale internazionale (come dimostra il fatto che ha ospitato il presidente sudanese Al Bashir per il quale è stato emesso ordine di cattura internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità in Darfur) e che spara sui pescherecci europei in acque internazionali, questi ha risposto che loro non hanno intenzione di cedere su alcun punto e che pretendono 5 miliardi di euro. Domani pubblicherò sul blog l’audio di tale incontro.
Per l’ennesima volta mi trovo a denunciare l’estrema arroganza del regime libico, costruito e mantenuto ad immagine e somiglianza del dittatore Gheddafi il quale durante l’ultima visita in Italia ad agosto dichiarava che o l’Europa pagava la Libia per bloccare i flussi migratori oppure sarebbe stata invasa dagli africani.
Voglio chiarire alcuni punti. Innanzitutto la Libia e il suo despota dovrebbero essere messi a conoscenza del fatto che al Parlamento Europeo, dopo il trattato di Lisbona, spetta l’ultima parola sulla ratifica dell’accordo UE-Libia. In secondo luogo se la Libia avrà intenzione di stipulare una qualche forma di cooperazione con l’UE, è bene che si rassegni, dovrà mettere in seria discussione le sue posizioni in materia di diritti umani. Altrimenti niente accordo, niente cooperazione e niente euro.
Il nostro compito non era quello di andare a fare una vacanza in Libia ma di ottenere il maggior numero di prove possibili che potessero testimoniare o smentire il concreto impegno del regime in tema di rispetto dei diritti umani, vero ago della bilancia di qualsiasi decisione. Il 17 giugno 2010 il Parlamento Europeo ha approvato a larga maggioranza una risoluzione, di cui sono stata autrice, nella quale si precisava che “qualunque cooperazione o accordo tra l’Unione Europea e la Libia deve essere subordinato alla ratifica e all’attuazione, da parte della Libia, della Convenzione di Ginevra sui rifugiati e delle altre principali convenzioni e protocolli sui diritti umani”.
Per queste ragioni, al termine della giornata di ieri, vedendo annullata anche la visita al Centro di immigrazione illegale di Touicha, uno dei luoghi più delicati e importanti della nostra spedizione, ho preso la decisione di rientrare in Italia e di annullare la mia partecipazione alla delegazione europea. Non potevo permettere che il Parlamento Europeo e 500 milioni di cittadini europeo che in quel frangente rappresentavo, venissero offesi dall’arroganza di un regime che calpesta quotidianamente i diritti umani e che a nessun titolo può pretendere alcunchè dall’UE, specie se ne ignora in maniera compiaciuta e consapevole l’organo democraticamente rappresentativo.
Ovviamente a quanto accaduto farò seguire i dovuti atti parlamentari. Ho appena inviato una comunicazione a tutti i parlamentari del mio gruppo affinché prendano coscienza dell’attuale situazione e ci si muova di conseguenza. Il tutto verrà portato a conoscenza dell’intero Parlamento Europeo e mi impegnerò affinchè le due commissioni parlamentari competenti (LIBE e AFET) si riuniscano in via straordinaria per affrontare la questione. Infatti, come segnalo da quasi un anno, ritengo scandaloso e contrario all’art. 210 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea che la Commissione Europea stia negoziando un accordo con la Libia senza aver reso noto il mandato al Parlamento Europeo. Il Parlamento deve pretendere immediatamente che la Commissaria Malmstrom condivida e discuta con gli eurodeputati i termini di un accordo di estrema delicatezza e complessità quale quello UE-Libia.
Una cosa è certa: questa diretta esperienza è un ulteriore stimolo ad andare a fondo sulla questione libica. L’UE non deve avere alcuna forma di sudditanza rispetto alla Libia, nè cedere sulla questione dei diritti umani per nessuna ragione commerciale. Il Parlamento Europeo non potrà accettare nessun baratto in tal senso, che questo sia ben chiaro sia a Gheddafi che ai suoi amici italiani appassionati di ragazzine.