“C’è stato un grande cambiamento. Ormai i latitanti sono alle sbarre. L’attenzione è cambiata grazie all’impegno della società civile. Prima era indifferente a ciò che accadeva.
Lo Stato è molto più presente rispetto a quando lavorava con Giovanni” Queste sono le battute che scambiamo con Maria Falcone, prima che l’evento -organizzato da Don Terenzio e dalla Parrocchia Santa Maria del Gesù- abbia inizio. L’incontro si apre con un scroscio di applausi da parte dei giovanissimi alunni delle scuole messinesi. Dopo le note di Beautiful That way di Noa, inizia l’introduzione di Don Terenzio, che per l’occasione, ha popolato la parrocchia di immagini di legalità. Il suo messaggio è chiaro: “Se lo vogliamo la mafia può finire” e nel dire questo rievoca la figura di Gaspare del Bufalo, un uomo di chiesa che rifiutò di prestare giuramento a Napoleone e dedicò parte della su a vita ai briganti, ovvero i malavitosi del tempo, che, andò ad evangelizzare e a convertire nei rifugi sui monti posti fra il Lazio e la Campania.
Maria Falcone ha poi spiegato ai giovani uditori l’ideale di legalità che persegue. Lo stesso che gli è stato tramandato dal fratello: «Parlare in una chiesa da un lato mi emoziona e dall’altro lato mi dà forza. Io ringrazio gli insegnanti, perché tutto questo movimento che si è creato in questi vent’anni lo dobbiamo a loro che hanno cercato di raggiungere questo risultato preannunciato da Bufalino: “La mafia sarà vinta da un esercito di maestre elementari”. Quando è morto Giovanni Falcone io l’ho pianto non soltanto come sorella ma anche come cittadina italiana. Lui era il portabandiera, armato di una grande volontà, desideroso di fare sempre il massimo possibile. A scuola era il più bravo ma anche nello sport. Partiva dal presupposto che ognuno deve partire dalle proprie possibilità. Come cittadina mi sono detta: ”È finito tutto”.
Ma Paolo mi aveva rassicurato sul fatto che avrebbe continuato il lavoro di Giovanni. Quando morì anche Paolo mi è tornato in mente il testamento di Giovanni che non ha mai scritto,anche se sapeva di dover morire perché Tommaso Buscetta gli aveva detto che il suo conto con Cosa Nostra si sarebbe chiuso con la sua morte. Non aveva grandi beni materiali. Non avevo nemmeno figli. Ma ne ha tanti ora. Sono tutti gli italiani. Poi mi è tornata in mente la sua frase: “ Gli uomini passano ma le idee restano. Restano le loro tensioni morali che cammineranno sulle gambe di altri uomini”. Ho pensato così di creare una fondazione che portasse avanti le sue idee. Giovanni diceva spesso ai miei figli: ”Per combattere la mafia non basta l’azione della repressione ma è necessario che cambi l’atteggiamento della società”.
È chiaro quindi che bisogna cambiare la cultura della nostra nazione, la cultura dell’indifferenza e la cultura dell’omertà. Gli insegnanti riusciranno a dare molto alla società. Dobbiamo avere una conoscenza attiva non dobbiamo dire: ”siete stati bravi”. Fate semplicemente il vostro dovere. Giovanni aveva appuntato in un pezzo di giornale questa frase di Robert Kennedy che racchiude tutto: “Fare fino in fondo il proprio dovere costi quel che costi perché in ciò sta l’essenza della morale umana”».
In coda all’evento abbiamo intervistato Padre Terenzio.
Come nasce l’iniziativa di avvicinarsi al mondo dell’antimafia?
Noi abbiamo preso spunto nel 2009 quando c’era una lettera dell’arcivescovo che parlava di un vangelo senza confini. Da qui ci siamo interrogati in quali strade di Messina potessimo portare il nostro impegno antimafia. Tutte le persone che sono venute Piera Ajello, Don Luigi Ciotti, il questore di Messina, hanno fatto emergere una realtà: bisogna avere un’attenzione particolare verso i giovani.
Che faccia ha la mafia a Messina?
Non è un argomento di cui si parla o che ci viene esposto. Un giorno mi hanno allarmato le parole di un commerciante: “Io sono trent’anni che sto qui e non ha mai pagato il pizzo”. Da lì mi sono preoccupato, invece, di tutti quelli che lo pagano. In una città, come Messina si fa fatica a mettere tutte le forze insieme. Ma con l’unione di tutti possiamo farcela. I giovani posso fare da cassa di risonanza.
Qual è la sua posizione in merito a tutti i preti che hanno fiancheggiato Cosa Nostra?
Io posso dirti che chi viene in questa terra da fuori respira un’aria viziata. C’è tutto un contesto, una parte della società che fatica a prendere posizione. Mi dispiace che un prete possa cadere nella rete della mafia. Ognuno dovrebbe rispettare e assolvere il proprio compito. Anche dai politici però ci attendiamo una buona condotta.
Concludendo, aggiungiamo noi, è bello vedere che tanti ragazzi stringano tra le mai un libro: Giovanni Falcone: Un eroe solo e sono desiderosi di sapere cosa sia successo quel 23 maggio del 1992. Anno in cui la coscienza degli italiani si è svegliata dopo anni di torpore.