I ragazzi chiedono di pranzare al McDonald. Insomma, non che mi esalti: sono una pessima vegetariana, ma pur sempre vegetariana, e il “Mc” è il tripudio della carne, neanche di poi chissà che qualità. Comunque cedo… siamo in vacanza!
Noi 3 soli soletti senza Ermes che ha pensato bene di rompersi un dito del piede giusto la sera prima della partenza per Pisa, con cui avremmo dovuto festeggiare il suo compleanno.
Entriamo al Mc. La cassiera è alquanto sgodevole, ma gliela passo: non voglio infierire, credo che sia già abbastanza punita dal lavoro che fa, che poi probabilmente è proprio il motivo della sua sgodevolezza. Le offese che ho sulla punta della lingua mi limito ad inviargliele mentalmente. Ci sediamo, mi guardo un po’ intorno per godermi un po’ di varia umanità. Lo sguardo mi cade su una ragazzina seduta con la sua famiglia alle spalle di Sam, e la osservo mentre fa la stupidina come fanno le stupidine della sua età; ma all’improvviso…
WAMMMM! come catapultata in uno spaziotempo diverso e parallelo.
Enzo sta tentando l’esame di ammissione per iscriversi alla Normale di Pisa, e ovviamente noi tutti con lui: mamma, papà e 4 fratelli per uno solo, 19enne, che deve fare un esame!
Papà è ferroviere, e al ristorante della stazione ha lo sconto: ovviamente pranzo e cena tutti i giorni al ristorante della stazione. E poi si mangia bene, e il cameriere è simpaticissimo nei suoi baffoni castani. Papà parla tutti i dialetti del mondo, e dialoga in toscano con il cameriere… non voglio essere da meno: “Oh bischero! Mi porti un piatto di patatine che c’ho fame!”
Così, lanciato alle sue spalle mentre si allontana a servire altri.
“Chiedi subito scusa! Ma dove hai imparato a parlare così?”
Devo averla fatta grossa… ma cosa?
“Ascolta tuo padre, non ascoltare la gente che parla… spesso parla male.”
Ma perché? Che ho detto di male?
E con il suo bel sorriso aperto: “Hai presente con cosa fanno la pipì i maschi?… quello è il bischero. Quando non sai il significato di una parola, non la usare mai, potresti offendere senza rendertene conto.”
Mi catapulto fuori del Mc, dall’uscita che da sui binari in cerca di conferma: ERA QUI! Era proprio qui il ristorante della stazione!
Mi viene in mente che c’era un po’ questa abitudine, che a conti fatti mi piaceva molto: l’educazione dei ragazzi condivisa dalla “comunità” e non relegata alla sola famiglia. Molto più di papà quell’uomo aveva saputo insegnarmi qualcosa, di cui ho fatto poi davvero tesoro: neanche ricordavo da dove mi arrivasse questa consapevolezza che ho inculcato nei miei ragazzi: Quando non sai il significato di una parola, non la usare mai, potresti offendere senza rendertene conto.
Conteneva tanto: non solo un principio di rispetto, che è dovuto a tutti, soprattutto a chi sta lavorando (mi scuso per le parolacce che ho mentalmente indirizzato alla cassiera del Mc!), ma anche una giusta prassi, che ormai applico in qualsiasi momento e occasione: prima di dire qualcosa, qualsiasi cosa, accertati di sapere di cosa stai parlando.
Quando scrivo controllo spesso il dizionario per essere certa che la parola che sto per usare abbia esattamente quel significato lì. Quando leggo una notizia corro a cercare la fonte per essere certa che la notizia che ho appreso sia corretta e non filtrata da opinioni e ideologie. Quando parlo di qualcosa la studio per essere certa che il messaggio che sto passando sia corretto, e per essere certa di essere realmente consapevole di quanto dico.
Alle volte ti capita di avere comportamenti o atteggiamenti che non sai da dove arrivino. Alle volte ti capita che all’improvviso ti ricordi tutto perfettamente, in una strana reminiscenza che ha qualcosa di magico.
Ma questo è solo l’inizio della magia di Pisa.
Usciti dal Mc, mi dirigo verso Campo dei Miracoli trascinando i ragazzi con me, senza cartine o Google Maps, e senza quasi chiedere indicazioni, se non per avere conferma che quelle reminiscenza mi stia realmente guidando dove voglio…
(… continua)