Un’occasione unica quella che si presenta a fine mese presso il Parco Commerciale PORTE DI CATANIA Stradale Gelso Bianco (CT). Il teatro Marionettistico dei F.lli Napoli mette in scena la Passione di Agata.
Contrariamente a quanto possa pensarsi, l’Opera dei Pupi non è affatto l’arte povera o per i poveri del Teatro. Nata nell’Italia meridionale e soprattutto in Sicilia tra la seconda metà dell’Ottocento e la prima metà del Novecento, l’Opera dei pupi è un particolare tipo di teatro che si caratterizza dall’uso di Marionette e al loro interno i Pupi siciliani si distinguono dalle altre marionette essenzialmente per la loro peculiare meccanica di manovra e per il repertorio, costituito quasi per intero da narrazioni cavalleresche derivate in gran parte da romanzi e poemi del ciclo carolingio.
E che oggi i pupi siciliani abbiano superato i confini popolari e regionali dove sono nati per aspirare a riconoscimenti mondiali che poche altre forme teatrali possono vantare lo dimostra l’attestazione dell’Unesco che ha proclamato i pupi siciliani “Capolavoro del patrimonio orale e immateriale dell’umanità”.
In questo solco di rinnovamento del repertorio i F.lli Napoli con la Passione di Agata rendono omaggio alla padrona cittadina di Catania, S. Agata, e allo stesso tempo basandosi sui verbali storici della Santa mettono in scena le ragioni di Dio con quelle della Ragione.
“Oltre al notissimo repertorio cavalleresco, i pupari catanesi mettevano in scena anche storie di santi, spesso rappresentate in un’unica serata “per famiglie”. Non poteva mancare la vicenda della martire Agata, la cui rappresentazione nei teatri di quartiere, oltre ad essere un esplicito omaggio dei pupari alla patrona della città, si prestava straordinariamente a rispondere alla vocazione tragica e scenotecnica dell’Opera dei Pupi catanese. I famosi duelli verbali della Santa col proconsole Quinziano diventavano uno dei pezzi di bravura del parlatore e della parlatrice e tutto l’apparato barocco di paludamenti romani, martiri, visioni e trionfi raggianti di gloria appagava il gusto scenografico dei pupari e del pubblico catanese.
Con Fiorenzo Napoli abbiamo voluto riprendere questo momento sacro del repertorio rifacendoci soprattutto agli Atti latini di S. Agata, comunemente considerati i più attendibili per la ricostruzione delle vicende della Martire. Abbiamo voluto mantenere nella messinscena anche tutti quegli episodi di tradizione che non vengono raccontati nella fonte presa in considerazione, come i particolari famosi del telaio e del velo. Nel nostro adattamento ci siamo sforzati di delineare il dramma interiore che emerge dalle schermaglie verbali dei due protagonisti: Agata, fervente innamorata del suo Cristo e francamente nutrita di passione per la retorica, e Quinziano, accecato dalla passione, ma ancor più ferito nel suo orgoglio di potente messo in scacco da un’inerme fanciulla.
Resta salvo, com’era all’Opera dei Pupi, l’intento edificatorio di questa sacra rappresentazione, nella quale si confrontano, in maniera forse ingenua ma efficace, due visioni del mondo – allora come oggi – opposte e inconciliabili. (Alessandro Napoli)”
Prima di lasciarvi dandovi appuntamento a Teatro VENERDI’ 30 GENNAIO ORE 18:00 SABATO 31 GENNAIO ORE 11:00 DOMENICA 1 FEBBRAIO ORE 16:30 E 18:30, concludiamo precisando che anche tra i Pupi Siciliani, come al solito Catania e Palermo anche in questo sono riuscite a dividersi, vi sono differenze. Ed infatti, esistono in Sicilia due diverse tradizioni, o “stili”, dell’Opera dei Pupi: quella palermitana, affermatasi nella capitale e diffusa nella parte occidentale dell’isola, e quella catanese, affermatasi nella città etnea e diffusa, a grandi linee, nella parte orientale dell’isola ed anche in Calabria. Le cronache raccontano che l’iniziatore dell’Opera a Catania fu don Gaetano Crimi (1807 – 1877), il quale aprì il suo primo teatro nel 1835.
Le due tradizioni differiscono per dimensioni e peso dei pupi, per alcuni aspetti della meccanica e del sistema di manovra, ma soprattutto per una diversa concezione teatrale e dello spettacolo, che ha fatto sì che nel catanese si affermasse un repertorio cavalleresco ben più ampio di quello palermitano e per molti aspetti diverso.