La riforma non gradita

“ I dati statistici collocano la produttività della magistratura italiana  ai livelli massimi in Europa, con oltre due milioni ottocentomila cause civili  ed oltre  un milione e duecentomila processi penali definiti in un solo anno.”  Sarebbero “ veri e propri falsi” smentiti dai fatti- perciò- “i luoghi comuni alimentati da quanti insistono sulla presunta inefficienza e irresponsabilità” dell’ordine giudiziario nel sostenere i progetti di riforma della giustizia del governo di Matteo Renzi.

I magistrati italiani non accettano di farsi additare come un potere inamovibile e indiscutibile, come vorrebbero i capisaldi della narrazione renziana della realtà, e affidano a un documento dalle parole pesanti ma misurate la loro posizione in merito al pacchetto di riforme che l’esecutivo si appresta a varare.

La nota , presentata anche a Messina nel corso di una conferenza stampa  che si  tenuta mercoledì scorso a palazzo di giustizia, annuncia la convocazione dell’assemblea generale dell’Associazione Nazionale Magistrati per il prossimo 9 novembre. Un appuntamento durante cui, prevedibilmente, i giudici respingeranno con forza al mittente quelle proposte di riforma che considerano inadatte a risolvere davvero i problemi della giustizia italiana.

Ma in sostanza quali sono le idee del governo in materia di giustizia e per quale motivo l’ ANM  si sta mobilitando per fermarle?

Lo stile di Palazzo Chigi è quello ormai collaudato alla Leopolda.  “Rapidità” e “rottamazione” sono ancora una volta le parole chiave utilizzate per illustrare lo spirito della  riforma. Nulla di realmente nuovo in verità, a restare ai principi generali. Fra i dodici punti annunciati dal ministro di grazia e giustizia Orlando alla fine di una lunga riunione di governo lo scorso trenta giugno c’erano il processo civile “in un anno per il primo grado”, una responsabilità civile dei magistrati “ sul modello europeo”, nuove norme sul falso in bilancio, l’abolizione delle correnti in seno al CSM, il processo civile telematico. Temi impegnativi, al centro del dibattito politico da due decenni se non di più e sempre branditi come clave in editoriali di fuoco e comizi di piazza,  ma per una volta- almeno nelle intenzioni del ministro Orlando- sottratti al confronto muscolare con la promessa di una “ discussione filosofica, concettuale,  non ideologica”.

Un dibattito che dalla fine dell’ estate si sta articolando attorno a sei ddl e un decreto, il 132 del 12 settembre scorso,  che entra nello specifico di alcuni degli annunzi di Orlando introducendo norme volte a ridurre i tempi del processo civile  e smaltire l’arretrato in sede di appello attraverso , per esempio, il divorzio breve o  l’istituto  dell’arbitrato e della negoziazione mediante l assistenza di un avvocato.  Nei ddl invece fra l’altro si entra nel merito della responsabilità civile del magistrato, della riduzione dell’età pensionabile ma anche del periodo feriale. Sono proposte che per l’ANM  “eccedono i confini della riforma tecnica” , qualificandosi per “il modo asistematico e  spesso incoerente” con cui mettono mano ad una materia delicata e complessa.

I giudici temono che le modalità con cui i provvedimenti sono presentati e la loro stessa natura  espongano la magistratura al rischio di burocratizzarsi  e di vedere indebolite le sue storiche caratteristiche  di autonomia e autoorganizzazione.  “ Ci sentiamo trattati ingiustamente come una categoria improduttiva” sussurrano ma non troppo a Palazzo Piacentini. “ Esattamente come accade agli insegnanti  accusati di lavorare poco e avere troppe ferie” . “Offensivo” ritengono poi i giudici “l’accostamento non troppo velato fra chiusura estiva dei tribunali e ritardi della giustizia”.

Gli stessi strumenti individuati da governo per snellire la giustizia civile sono valutati come “ astrattamente apprezzabili ma troppi, troppo costosi e male armonizzati tra loro e con le regole del processo.”  Una bocciatura netta quella dell’Associazione , che ricorda anche come continui  a mancare una politica di “ seri investimenti”  in personale e strumenti di lavoro.  Tuttavia l assemblea nazionale della categoria si preannuncia come un’iniziativa lontana dallo spirito corporativo spesso attribuito ai magistrati. “ Non siamo casta fra le caste” mandano a dire a Renzi e Orlando. “ Giorno nove vogliamo parlare  delle nostre condizioni di lavoro, ma soprattutto della dignità che deriva dalla funzione costituzionale e di garanzia per il cittadino che esercitiamo”.