Silenzio in bianco e nero

Dal 24 al 30 novembre scorsi il Teatro “Vittorio Emanuele” di Messina è stato scenario della mirabile iniziativa che ha visto coniugare cinema e musica dal vivo ne “La Settimana del Cinema Muto”, un’iniziativa proposta dal direttore artistico Giovanni Renzo.

La Sala Sinopoli ha ospitato il “Laboratorio sulla sonorizzazione del cinema muto”, rivolto a studenti di musica e universitari, musicisti e compositori, per impartire i rudimenti ed approfondire questa speciale ed affascinante tecnica artistica. Ulteriore compito del laboratorio è stato quello di assegnare ai partecipanti un cortometraggio muto da sonorizzare. Una commissione di esperti del settore premierà la migliore sonorizzazione che verrà eseguita dal vivo durante la serata finale del Gran Festival del Cinema Muto di Milano.

Sempre nella Sala Sinopoli, la proiezione de “La guerra e il sogno di Momi” film muto del 1917 di Segundo de Chomòn e Giovanni Pastrone. La proiezione è stata accompagnata dalle inedite musiche composte ed eseguite da Michele Catania insieme ai Solisti del Vittorio Emanuele.

La settimana si è conclusa con la celebrazione dei “100 anni di Charlot”, ossia i cent’anni dalla prima apparizione sul grande schermo dello storico personaggio inventato da Charlie Chaplin. L’iniziativa è stata prodotta dal Vittorio Emanuele di Messina, in collaborazione con la Cineteca di Bologna ed il Festival del Cinema Muto di Milano. Sono stati proiettati tre corti diretti dallo stesso Chaplin: “Il vagabondo” del 1916, “Charlot pompiere” sempre del 1916 e “L’emigrante” del 1917. Le proiezioni sono state accompagnate dal vivo dalle musiche composte da Rossella Spinosa ed eseguite dalla stessa Spinosa al piano e dall’Orchestra del Teatro Vittorio Emanuele, diretta dal maestro Alessandro Calcagnile.

A più di un secolo di distanza dalla “scomparsa” del cinema muto, risulta quasi inspiegabile, oltre che magico, il coinvolgimento che questo linguaggio “primordiale” riesce a suscitare negli occhi e negli animi dei ”tecnologici” spettatori del ventunesimo secolo.  Quando André Bazin, uno dei più grandi critici che l’arte del cinema abbia conosciuto, analizzava l’avvento del linguaggio sonoro, del parlato all’interno del film, s’interrogava su come quell’architettura espressiva perfetta che il cinema muto sembrava aver raggiunto potesse essere smantellata. Il cinema sembrava un’arte estremamente adatta allo “squisito impedimento” del silenzio ed il realismo sonoro, per molti, si affacciava come una minaccia capace di rigettare l’intero linguaggio cinematografico nel caos. Niente sembrava poter esprimere meglio di quell’incantevole connubio tra immagini e musica, le sottili e profonde sfumature dell’animo umano che da sempre il cinema è riuscito a farci “vedere”. Fortunatamente, come poi sosterrà lo stesso Bazin, l’avvento del sonoro non ha annullato “l’antica architettura del cinema”, ma è risultato essere un ulteriore elemento che andava ad aggiungersi e a comporre il mosaico del film. Un elemento che arricchisce il mezzo ma che non diventa essenziale. Ecco perché, a cent’anni di distanza, Charlot ci coinvolge, ci diverte e ci commuove ancora. Attraverso questo personaggio Chaplin parla un linguaggio universale che farà sempre parte del mondo e che il Vittorio Emanuele, con questa iniziativa originale e ben riuscita, ci ha fatto riscoprire e conoscere meglio.

 

Stefano Cattafi