Essere donna al Sud e in Calabria. Stereotipi su stereotipi rilanciati in questi ultimi giorni anche dalla rai nell’edizione del tg1 del 10 settembre delle 20. Un servizio pubblico quello offerto volto a denigrare e infangare le donne calabresi e in particolare della locride. La giornalista Felicita Pistilli non si sa come ma a Locri vedeva solo uomini per strada mentre rilegava le donne in casa “angeli del focolare”, sottomesse e asservite all’uomo padre-marito-padrone.
Dopo la messa in onda del servizio il direttore di Fimmina tv Raffaella Rinaldis, anche lei intervistata dalla giornalista del tg1, ha pubblicato un comunicato stampa in cui non attacca la collega Pistilli anche se sostiene che le sue parole siano state inserite per avvalorare i preconcetti di un servizio precostituito; ma invita giornalisti, direttori di giornali nazionali, radio, tv e siti internet a passare dei giorni insieme a loro per scoprire il vero volto delle donne della locride e calabresi. La verità quella vera, raccontata da chi in quella realtà c’è immerso da sempre. Mostrare nel bene e nel male quello che significa essere donne al Sud. L’emittente Fimmina tv è attiva da un anno e con il suo lavoro quotidiano cerca di smontare i tanti luoghi comuni, gli stereotipi che ancora non riescono ad essere vinti. È l’unico canale di donne in tutta Italia ed esempio di pari opportunità.
Realtà distorta quella mostrata dal tg1. Retaggi culturali dell’ignoranza e del pregiudizio. Noi donne calabresi viste come l’eterne sconfitte. Come oggetti ad uso e consumo del padrone di turno, incapaci di pensare, di lavorare; donne buone solo ad allevare i figli o a fare le serve, chiuse in casa che niente sanno e nulla vedono, avvolte da vestitacci neri del lutto perenne.
La realtà è ben diversa. La donna è motore rivoluzionario in una terra a volte troppo statica e rassegnata, forti e combattenti ma anche fragili e piene di paure che non smettono comunque di lottare per il cambiamento. Ne sono un esempio le donne sindaco vittime di attentati e intimidazioni da parte della ‘ndrangheta; le donne che arrivano a denunciare anche la propria famiglia e pagano con la vita questo “affronto”, suicidate, bocche chiuse per sempre; mamme che lottano con le unghie e con i denti per avere giustizia dopo l’assassinio di un figlio la cui unica colpa era di essersi innamorato e aver messo incinta la donna sbagliata.
La Calabria è fimmina. È fimmina curaggiusa. È fimmina generusa. Fimmina che non si arrende, che alza la testa e che decide di non strisciare e di non assuefarsi alla volontà delle ‘ndrine e delle famiglie ‘ndranghetistiche. È fimmina che suda, che lavora nonostante il più delle volte abbandonata dalle istituzioni e da uno Stato cieco. La Calabria è mamma accogliente di tanti figli giunti da lontano e portati dal mare ed è mamma paziente e comprensiva coi figli che decidono di andare di emigrare. La Calabria è una mamma che sa aspettare e che ama anche i propri figli ingrati che costantemente la distruggono e imbruttiscono.
Io che sono fieramente calabrese nutro un profondo amore e odio per la mia terra. La sua sconvolgente bellezza, luoghi che lasciano senza fiato, persone sempre sorridenti e accoglienti. La terra dimenticata da tutti, di un Cristo che non è mai sceso al di sotto di Eboli, che non ha mai baciato la Calabria. Figlia forse di una divinità minore anche se culla e mescolanza di culture e identità millenaria, custode di infinite tradizioni. Terra di ‘ndrangheta certo, ma soprattutto terra di persone coraggiose che hanno denunciato e che continuano a denunciare, che tra mille difficoltà ancora possono guardarsi allo specchio e riconoscersi per quelle che sono, non vuote maschere o automi sul palcoscenico artificiale della tragicommedia quotidiana, ma persone vive che anche nello sconforto e a volte nell’abbandono trovano sempre un appiglio, una speranza per continuare a lottare e a lavorare per una Calabria migliore. Così sento di far mio il verso di “Ad esempio a me piace il Sud” di Rino Gaetano: «Se mai qualcuno capirà sarà senz’altro un altro come me».
In seguito il servizio della giornalista RAI: https://facebook.com/photo.php?v=446277248823639&;set=vb.100003241029002&type=2&theater
In allegato la lettera di risposta della giornalista editrice Raffaella Rinaldis
Chantal Castiglione