La stanza dei Santini elettorali

Il cartoncino propagandistico del candidato alle elezioni, meglio conosciuto come “santino elettorale”, in questi giorni sta ritmando il tempo che ci porterà alle prossime elezioni amministrative del 9 e 10 Giugno. Nella stanza dei santini elettorali vi è una parete che giorno dopo giorno si riempie di sempre nuovi soggetti. Donne giovani o mature casalinghe in pensione si susseguono, senza un ordine  preciso, a giovani professionisti o attempati politicanti che si ripresentano elezione dopo elezione, sempre gli stessi e sempre uguali.

Immutabili come la città, i Previti o i Capurro di turno spiccano sugli altri, fosse solo perché sono visi più presenti alla nostra memoria di tanti altri anonimi e sconosciuti. E’ diventato un gioco tragico e allo stesso tempo scaramantico il portare sempre nuovi santini d’appendere alla parete, vi è il padre che porta il santino del figlio candidato al quartiere e che ai presenti dice: “mi raccomando, aiutatelo è con tre figli ed è disoccupato…” e dopo paio d’ore ripassa per vedere in che posizione sul muro dei Santini il suo figliolo è stato messo. Intorno a certi santini la discussione si fa più seria e davanti a volti nuovi che sono conosciuti in città per fare lavori nobili ma umili non è strano sentire dialoghi del tipo: Hehi ma quello non vende granite…come fa a candidarsi ? e la risposta non può che lasciare l’amaro in bocca.

Ma stai scherzano quello ha due lauree. Vi sono poi santini che proprio non dovrebbero esserci. Cioè candidati che proprio non dovrebbero presentarsi o meglio non dovrebbero essere proprio candidabili. E davanti a questo tipo di santini la discussione assume i termini della farsa e del sorriso amaro. La chiamano Democrazia approfittare della labilità mentale manifesta di una persona ad essere candidato, a prescindere se spinti da una sua precisa volontà o meno, sottoponendola nel contempo al dileggio e allo sberleffo di quanti lo conoscono… e sono tanti. Non vi è nessuna Democrazia in questo, né la solennità e la poesia che possiamo riscontrare nel “Matto” di De Andrè, vi   è solo la pochezza dell’agire senza nessuna parvenza di politica.

Giorno dopo giorno i Santini aumentano, ve ne sono per tutti i gusti e sapori, di tutti i colori e di tutte le forme, in coppia o in solitaria. Sembra che tutta Messina abbia deciso di candidarsi, che tutti abbiano proposte e programmi risolutivi per i problemi della città, soluzioni essenziali e fondamentali per la gestione delle macchina amministrativa, dottrine prioritarie e decisive per risolvere le problematiche connesse alla disoccupazione o alla raccolta differenziata dei rifiuti.

Insomma nelle intenzioni dei candidati vi è un messaggio sotteso che il Santino riflette in pieno, cioè che dalla loro elezione dipenda la sorte del nostro futuro di cittadini. Ci troviamo in questo modo davanti ad alcuni santini di “coppia” che ci portano lo sguardo di un candidato rivolto al futuro anche se proviene da un vecchio passato, mentre l’altra candidata sorride rivolta all’obbiettivo. Oppure santini che sembrano più foto segnaletiche di un non definito futuro di ruberie ed interessi personali ed altri dove si nota che il soggetto ritratto, più che come candidato alle elezioni, sembra essersi messo in posa per farsi ritrarre da Rubens (famoso ritrattista olandese che era solito stigmatizzare con il pennello il borghese o il ricco mercante dei suoi tempi).

Quello che emerge dai Santini, dalle dichiarazioni dei candidati e dalle richieste o appelli di voto di molti di essi è che di politica vi sia ben poco. E non dico alta politica ma neanche media o bassa politica. Vi è un do ut des generalizzato, una parcellizzazione del voto dove il candidato è diventato il parente, l’amico o il conoscente a cui non puoi dire di no mentre l’elettore, che da parte sua ha imparato la lezione, sempre più spesso è solito dire:…io voto solo a chi mi da qualcosa in cambio, a chi non mi da niente io no do niente a costo di non andare a votare.

A un paio d’ore dal sarebbe meglio che i candidati iniziassero un nuovo dialogo con gli elettori riappropriandosi del loro ruolo politico, iniziando proprio con il non offrire niente in cambio del voto e finendo con il rifiutare il voto di coloro che pretendessero qualcosa di personalistico in cambio. Non è la prima volta che vediamo fior fiore di Consiglieri Comunali che passano il loro tempo a fare gli sbriga faccende per il loro elettorato, (dal certificato di residenza all’attività di patronato, dalla domandina all’Iacp alla pratica all’urbanistica) non è questo il modo di fare politica.

In definitiva un elettore a cui si propongono programmi e soluzioni di più ampio respiro imparerà a rispettare di più il suo candidato. Prenderà esempio dal suo candidato ed inizierà a comprendere che la tutela del bene comune è più conveniente, anche economicamente, del singolo interesse personalistico.

Pietro Giunta