Disposti ad accontentarsi solo di “15 milioni” di euro a fronte di un credito di 30 milioni vantato e vantabile nei confronti del Comune di Messina pur di riprendere il rapporto contrattuale che ha visto il Comune di Messina sin dagli anni 2000 scaricare i rifiuti cittadini nei terreni di proprietà e gestiti dalla Tirrenombiente S.pA. Presentati nero su bianco tramite una bozza transattiva, i crediti che la società dice di vantare nei confronti del Comune di Messina nascono da diversi rapporti contrattuali che prima d’analizzare e snocciolare hanno bisogno di qualche precisazione.
Fino agli anni 90 i rifiuti solidi urbani si scaricavano in città e precisamente a “Portella Arena” presso la strada per Campo Italia; poi le nuove legislazioni, un contezioso con i proprietari dei terreni malamente espropriati che ci ha visti soccombenti per circa 2 milioni di euro e la necessità di bonificare il terreno danneggiato da anni e anni di discarica di rifiuti a cielo aperto, ci ha costretti trovare altre soluzioni senza dimenticare che ancora oggi è aperto l’iter della bonifica. L’ultimo documento utile è una delibera del Commissario Croce d’approvazione in linea tecnica amministrativa del progetto di messa in sicurezza dell’ex discarica.
Si è passati poi a scaricare già dal 2002 nel Comune di Tripi in contrada Formaggiara, in un terreno sempre gestito e di proprietà della Tirrenoambiente e nel 2005 si è passati a scaricare nel Comune di Mazzarà Sant’Andra sino ad arrivare a Ottobre del 2013, dove una situazione insostenibile nel pagamento dei crediti vantati dalla Tirrenoambiente ha determinato la chiusura dei cancelli della discarica e costretto il Comune di Messina e la Messinambiente S.P.A a ricorrere alla discarica di Motta Sant’Anastasia in provincia di Catania con aggravio di costi e spese.
Oggi il tema dei rifiuti è ritornato al centro dell’attenzione della Città sia perché abbiamo imparato con la Tares quanto costano i rifiuti, sia perché molti dei debiti che dovranno confluire nel piano di riequilibrio dipendano da poste connesse al ciclo dei rifiuti, è pertanto importante cercare di capire da dove nascono i debiti e perché una società come dovrebbe essere la Tirrenoambiente è disposta a rinunciare al 50% del credito vantato.
Iniziamo col dire che la Tirrenoambiente pur essendo una S.p.A è una società a capitale misto nella quale il 51% delle azioni sono in mano a 10 piccoli Comuni della Provincia , tra cui spicca Mazzarrà Sant’Andrea col 45%, e il restante 49% del capitale è in mano a società private tra cui spiccano s.r.l. e cooperative. Già da questo possiamo notare la differenza con le nostre partecipate, la Messinambiente e l’Ato 3, il cui capitale è interamente pubblico ed è del Comune di Messina. Forse anche per questo che noi siamo in perdita in entrambe le nostre società dedicate al ciclo dei rifiuti e la Tirrenoambiente è in attivo, tanto da passare da un capitale sociale di 1 milione di euro a 5 milioni di euro nel 2012/2013 e titolare di crediti oggetto di altrettanti atti transattivi nei confronti dei vari Comuni della Provincia per un ammontare di circa 63 milioni di euro.
I crediti vantatati nei confronti del Comune di Messina dovrebbero essere oggetto di un’ulteriore e nuovo atto transattivo ma quello che stona è che i debiti non sono tutti imputabili al Comune di Messina ma in massima parte e direttamente sono imputabili all’ATO 3.
E precisamente per aver scaricato senza pagare nel periodo da dicembre 2007 ad aprile del 2009, l’ATO 3 risulta debitrice della somma di circa 8.100,777,77 milioni di euro. La somma oggetto di una transazione tra le parti che non è stata rispettata, vede oggi un debito di 6.455.524,42 milioni a titolo di sorte capitale su fatture non pagate oltre 2.717,525,75 milioni a titolo di interessi moratori ( è bene precisare sin d’ora che gli interessi applicati non sono quelli legali ma quelli moratori al tasso del 9% annuo circa ai sensi del D.lgs 231/2002) e pertanto un credito netto vantato di 9.173,048,57
A questa superiore somma devono essere aggiunti gli ulteriori crediti per il trasferimento a discarica da marzo a settembre del 2009 per un totale di ulteriori 4 milioni di euro oltre interessi che portano ad un nuovo debito di 5.056.652,75 e pertanto l’ATO 3 sarebbe debitrice complessivamente di una somma di 14.299,701,62 milioni di euro.
Il Comune di Messina, invece, sarebbe direttamente debitore della Tirrenoambiente in forza di due D.I. non ancora definiti che si riferiscono a fatture del 2002/2003, periodi in cui si scaricava ancora parzialmente a Portella Arena . Anche in questo caso la discussione è singolare perché, intanto, uno dei decreti ingiuntivi è stato parzialmente transatto (?) tra le parti e a fronte di una richiesta di 14 milioni si è scesi a 6.513.802,42 mentre l’altro si riferisce ai costi sostenuti per scaricare il materiale di risulta derivante dalle opere di bonifica della zona falcata del 2006/2007. Dacché non si capisce come si possa aver creato un altro buco di un 1 milione di euro per non aver previsto nella spese di bonifica anche gli oneri a discarica e poi perché si è proceduto direttamente in discarica senza passare per l’ATO 3.
Certo che a scrivere tutte queste cifre si perde anche il valore dei soldi e tra milioni e milioni di euro qualche dato piò sfuggire, come ad es quello che si ricava dai dati del primo decreto ingiuntivo dove la Tirrenoambiente propone questa ipotesi transattiva: nel 2006 mi dovevi 14 milioni (precisamente 14.306.505,19 D.I. n°525/06 opposto in Tribunale RG 3381/06), nel 2007 in forza di una transizione parziale (?) me ne dovevi solo 6 milioni e mezzo ma poiché non hai chiuso il decreto ingiuntivo gli interessi moratori sono rimasti e pertanto oggi mi devi altri 6 milioni e mezzo di euro per un totale odierno di 12.998.854,68 milioni. Non è usura perché una recente sentenza del Consiglio di Stato ha stabilito che gli interessi moratori commerciali si applicano anche nei rapporti con la pubblica amministrazione, ma poco ci manca. Se infine, a questo aggiungiamo i costi oltre interessi per la bonifica della zona falcata di Messina abbiamo che il Comune di Messina risulterebbe debitore diretto della complessiva somma di circa 14 milioni e mezzo che uniti a quelli dell’ATO 3 ammonterebbero ad un totale di 28 milioni e 700 mila circa e considerando che una formale accettazione comporterebbe tempi dilatati di risoluzione e aggravio degli interessi moratpori possiamo dire tranquillamente dire 30 milioni di euro.
Analizzate le cifre c’è da precisare alcune cose: 1) La Tirrenoambiente considera direttamente debitore il Comune di Messina anche per i debiti dell’ATO 3 in forza di tutta una serie di disposizione di legge del 2005 in base alle quali i Comuni “ hanno l’obbligo d’intervenire finanziariamente al fine di assicurare l’integrale copertura delle spese della gestione integrata dei rifiuti sussidiariamente alla propria società d’Ambito (l’ATO 3) e a tal fine istituiscono nel bilancio di previsione apposito capitolo di spesa con adeguata copertura finanziaria”- (chissà se il Comune di Messina ha mai provveduto in tal senso ); 2) I Debiti diretti del Comune di Messina rientrano in due decreti ingiuntivi oggetto d’opposizione e quindi non sono ancora stati accertati nel loro ammontare certo, liquido ed esigibile; in altri termini fanno parte di quella massa debitoria che l’Assessore al Bilancio Signorino chiama debiti potenziali e che dovrebbero rientrare nel piano di riequilibrio se non arriviamo al dissesto.
Detto questo, cerchiamo di capire il perché la Tirrenoambiente propone transattivamente che il Comune accetti di pagare in via diretta e non sussidiaria la complessiva somma di € 15.584,266,80 (derivante quanto a 9 milioni e mezzo, dai 14 milioni dell’ATO3 e quanto 6.084,266,80, dai 15 milioni delle procedure aperte) invece di intraprendere azione autonoma nei confronti dell’ATO 3 come sarebbe legittimata a fare e come avrebbe dovuto fare sin dal 2009 senza fare lievitare spropositatamente gli interessi moratori.
La risposta, troppo articolata e complessa, comporterebbe il coinvolgimento di esperti e periti per poter aver un senso compiuto e risolutivo; non rimane che fare alcune riflessioni interrogative che vogliono essere uno sprono a stare attento a chi deve decidere, anche perché abbiamo imparato da tempo che gli errori in questo campo si trasformano in aumenti delle nostre tasse sul servizio di raccolta dei rifiuti.
L’ATO 3 è da tempo in liquidazione, cosa succederebbe se la Tirrenoambiente dovesse direttamente insinuarsi nel suo passivo societario ?
Considerando che è da tempo avviata la riforma regionale delle Società d’Ambito (sicura sino ad ottobre del 2013 e attualmente in stand by, ma potrebbe essere riattivata anche a giorni) con la sostituzione dell’ATO3 con una nuova società denominata SRR, cosa accadrebbe al passivo e all’attivo della società e la Tirrenoambiente avrebbe il tempo giuridico di trasformare i suoi crediti in titoli esecutivi da insinuare al passivo ?
Come può essere accaduto che nella transazione tra Comune e la Tirrenoambiente, che ha visto interessato un accordo parziale su un decreto ingiuntivo (?), non si sia tenuto conto degli interessi moratori ? Ed ancora, siamo proprio sicuri che il decidente nel giudizio d’opposizione riconoscerebbe automaticamente la tenutezza del Comune agli interessi moratori, tenuto conto che solo nel 2010 il Consiglio di Stato ha definitivamente dichiarato applicabile anche alla pubbliche amministrazioni gli interessi moratori e le fatture della Tirrenoambiente sono del 2002/2003 ?
E’ ovvio che molte, anzi tutte queste domande lasciano il tempo che trovano di fronte ad un debito di 30 milioni di euro ed a un’ipotesi transattiva di 15 milioni di euro, ma domandarsi come mai si è potuto arrivare a tanto non sarebbe male, almeno avremmo la soddisfazione di poter dire: gliene ho dette quattro.
Pietro Giunta